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VALORE UMANO: L’INCONTRO TRA PUBBLICO E PRIVATO PER UNA SANITÀ EUROPEA  

Provider pubblici e privati dei diversi Paesi affrontano criticità comuni: dall’invecchiamento della popolazione alla carenza di personale. Anche le soluzioni possono essere uniche e condivise, partendo dalla digitalizzazione che ottimizzerà il tempo dei professionisti sanitari.  

Ospedali pubblici e privati si trovano ad affrontare problemi comuni: il primo è l’invecchiamento della popolazione; il secondo è la carenza di personale frutto sia di numerosi licenziamenti che delle difficoltà di reclutamento. In sintesi: cresce il bisogno di salute, ma diminuiscono le risorse per farvi fronte.  

“Di fronte ad una sfida di questa magnitudine – commenta Anna Guerrieri, Risk director del Gruppo mutualistico europeo Relyens – solo la cooperazione tra pubblico e privato può garantire una sanità europea per tutti i cittadini e sostenibile per gli Stati. Dobbiamo favorire l’incontro tra i due ecosistemi e la condivisione di soluzioni comuni”.  

A questo tema è stato dedicato il 4° Convegno dell’Unione Europea dell’Ospedalità Privata (UEHP), organizzato a Bruxelles l’8 e 9 marzo 2023 con la collaborazione del Gruppo Relyens, al quale hanno partecipato attori pubblici e privati da tutta Europa, con una rappresentanza italiana, in particolare, piemontese. I rappresentanti della Regione hanno, tra le altre cose, esposto la loro partecipazione al progetto Agenas ‘Umanizzazione ed Empowerment. La valutazione partecipata della qualità dei servizi e delle prestazioni sanitarie’. 

Relyens è uno dei principali attori nella gestione del rischio MedMal per le sanità europee. Attualmente opera come risk manager e assicuratore in 5 Paesi creando occasioni di ricerca e divulgazione che permettono di condividere buone pratiche di prevenzione nell’intero ecosistema sanitario. 

“Ad emergere dalla discussione di Bruxelles – prosegue Guerrieri – è la necessità di proteggere il valore umano del personale e promuovere l’umanizzazione delle cure. Un ambito nel quale pubblico e privato possono condividere approcci unitari partendo dai rispettivi punti di forza come le soluzioni innovative del privato nel reclutamento o la diffusione su vasta scala delle prestazioni digitali, nella quale il pubblico, ovviamente, giocherà un ruolo di traino”. 

“Proprio la digitalizzazione ed informatizzazione dei processi – conclude la Risk director – rappresenta la prima soluzione alla carenza di personale per accudire una popolazione che invecchia. In primo luogo, perché promette di ottimizzare l’impiego del tempo, semplificando le procedure burocratiche che tolgono energie all’assistenza; dall’altro perché permetteranno di ridurre l’accesso dei soggetti sani ma fragili in ambienti a rischio come le strutture sanitarie”.  

Fondamentale ovviamente l’opportuna formazione, la protezione dei dati e la sicurezza informatica. 

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LA CONCILIAZIONE IN SANITÀ: IL NUOVO ORIZZONTE LEGISLATIVO

La legge delega sulla riforma del processo civile offre nuove prospettive per la risoluzione stragiudiziale delle controversie in sanità, in particolare per la c.d. ‘paura della firma’ da parte dei funzionari pubblici chiamati a transigere. L’appuntamento al Centro Congressi Fondazione Cariplo, organizzato da Relyens, ha riunito alcuni tra i principali esperti in materia di Alternative Dispute Resolution, responsabilità amministrativa-contabile e gestione dei sinistri. La mediazione – dicono – è raramente impiegata, ma può avere un impatto fortemente positivo sull’efficienza della pubblica amministrazione e sulla diffusione di una nuova cultura di fiducia tra cittadini, sanitari e istituzioni. 

La soluzione alle criticità della giustizia civile prevista dal PNRR è affidata prioritariamente al potenziamento degli strumenti di definizione delle liti alternativi alla sentenza, le cosiddette ADR (Alternative Dispute Resolution). 

“Una progressiva applicazione di tali istituti può avere un impatto fortemente positivo sull’efficienza della pubblica amministrazione e su una nuova cultura di fiducia tra cittadini e istituzioni – spiega Roberto Ravinale, Direttore esecutivo di Relyens – In particolare in ambito sanitario”. 

A questo orizzonte è stato dedicato l’incontro “Gli strumenti complementari della risoluzione delle controversie” ospitato presso il Centro Congressi della Fondazione Cariplo a Milano e organizzato da Relyens, in qualità di Risk Manager e assicuratore della sanità italiana ed europea, in collaborazione con l’Avvocato Ernesto Macrì

Tra gli esperti presenti, in ordine di intervento: Paola Moreschini, Vicepresidente dell’Osservatorio sui conflitti e sulla conciliazione; Arturo Iadecola, Vice Procuratore generale presso la Corte dei conti; Tiziana Frittelli, Direttore generale dell’AO San Giovanni Addolorata e Presidente nazionale di Federsanità; Maria Gagliardi, Professoressa associata di Diritto Privato presso la Scuola Universitaria Superiore Sant’Anna di Pisa (Istituto Dirpolis, Lider-lab).  

Di seguito la sintesi dei loro interventi. 

Paola Moreschini: “La riforma Cartabia introduce una grande innovazione perché ridisegna la mappa della giurisdizione, ovvero, l’accesso alla giustizia. La giustizia, in questa nuova visione, è considerata come un bene comune che, come tale, non va sprecato. Non si devono consumare energie del sistema giudiziario ponendo delle domande che possono ricevere risposta altrove. Queste risposte si possono dare attraverso le Alternative Dispute Resolution. Il loro impiego è ancora molto circoscritto nell’ambito della responsabilità civile sanitaria, ma il loro potenziale è molto più ampio. Richiedono infatti – e promuovono nello stesso tempo – una consapevolezza nuova: che viviamo in un sistema composito nel quale il processo è solo una parte, non esclusiva e non vincolante. Esistono forme alternative di risoluzione delle controversie che hanno vita propria: non sono ancillari al processo ma sono il fondamento di una giustizia partecipativa e consultiva nella quale le parti contrapposte hanno la capacità di esercitare – con strumenti e risorse dedicati – la facoltà di comporre le vertenze in maniera attiva e al di fuori del tribunale. Questa possibilità può avere un grande impatto in ambito sanitario dove una parte consistente delle richieste di risarcimento potrebbe, in futuro, essere risolta tramite transazione con benefici su diversi livelli per tutti gli attori e le istituzioni coinvolti”. 

Arturo Iadecola: “Quella di transigere è una scelta di gestione sanitaria fondata sulla convinzione che la transazione convenga alla sanità pubblica rispetto all’esito atteso del processo. Il principale ostacolo alla diffusione di questo strumento è la paura da parte del funzionario pubblico di essere chiamato a rispondere di danni erariali presso la Corte dei conti.  Ma quanto è fondata questa paura? La legge-delega per la riforma del processo civile prevede che il decreto legislativo che modificherà le procedure di mediazione e la negoziazione assistita dovrà rispettare, tra l’altro, il principio secondo il quale per i rappresentanti delle pubbliche amministrazioni – incluse quelle del Servizio Sanitario Nazionale – la conciliazione nel procedimento  di  mediazione ovvero in sede giudiziale non dà luogo a responsabilità contabile (rectius, amministrativa), salvo il caso in cui sussista dolo o colpa grave, “consistente nella negligenza inescusabile derivante dalla grave violazione della legge o dal travisamento dei fatti”. Qualsiasi forma di risarcimento con soldi pubblici rappresenta un danno erariale, ma la Corte si muoverà esclusivamente per perseguire la responsabilità amministrativa dei funzionari o dirigenti pubblici solo nel caso manchi da parte loro una valutazione ragionevole sull’opportunità e la convenienza della transazione stessa. Il legislatore ha espressamente riconosciuto la difficoltà nella quale si trovano i funzionari che si assumono la responsabilità di firmare la transazione e ha predisposto margini di tutela, circoscrivendo l’intervento della Corte ai soli casi di colpa grave. È bene, pertanto, specificare che, in questi casi, la c.d. “paura della firma” e il timore di una possibile azione da parte della Corte dei conti sono infondati. La Corte molto probabilmente porrà sotto scrutinio le transazioni autorizzate, ma procederà solo ed esclusivamente nel caso in cui il funzionario non possa dimostrare di aver valutato in maniera adeguata la convenienza della transazione attraverso un confronto con il Comitato Valutazioni Sinistri, di aver richiesto pareri legali e medico-legali, e di avere, infine, fatto una scelta ragionevole sulla base delle informazioni in suo possesso al momento della decisione. A disposizione dei funzionari ci sono molti strumenti che permettono di dimostrare agevolmente la validità del loro percorso di scelta; la negligenza o l’omissione da parte loro dovrà essere davvero ‘inescusabile’ per poter configurare la colpa grave”.  

Tiziana Frittelli “Secondo i dati Ocse il costo del contenzioso sanitario in Italia supera anche di 5/6 volte quello degli altri Paesi europei e le imposte sui premi assicurativi superano il 20%. Le aziende sanitarie e Federsanità sostengono l’introduzione di misure alternative per conciliare le controversie, mentre tra i sanitari esistono forti resistenze alla transazione perché questa viene considerata come un’ammissione di colpa. La mediazione, invece, è una tutela per tutti.  È, prima di tutto, una necessità economica essenziale perché ogni euro speso nei risarcimenti è un euro sottratto alle cure: transigere permette di risparmiarne moltissimo. Ma la mediazione è anche un elemento di civiltà: uno strumento per abbattere l’altissimo livello di litigiosità e sfiducia che vede contrapporsi cittadini e istituzioni e del quale il gravissimo fenomeno delle aggressioni è una conseguenza diretta. È evidente che la transazione deve essere conveniente per i conti pubblici e, per far sì che lo sia, è necessario che le aziende sanitarie investano in professionalità e competenze anche esterne capaci di fornire valutazioni oggettive e professionali sulle quali basare la decisione di conciliare”.  

Maria Gagliardi “Questa componente multidisciplinare e tecnico-scientifica è uno degli elementi caratterizzanti dell’ambito della responsabilità sanitaria. Per questo il percorso della mediazione - che richiede esperti legali e medico-legali – offre un’ulteriore occasione di approfondimento e di confronto tra le parti chiamate a definire, prima ancora degli aspetti patrimoniali, i confini, la natura e le relazioni causali dell’evento in discussione. Questa convergenza di professioni risulta, inoltre, di grande importanza anche nel trasferire le informazioni tratte dalla gestione dei sinistri agli interventi di mitigazione e prevenzione del rischio. Per tutte le ragioni sopra elencate appare evidente negli ultimi interventi normativi la volontà chiara del legislatore di favorire la partecipazione di tutte le parti coinvolte - anche le assicurazioni – nel processo di mediazione”.  

“La gestione dei sinistri e della responsabilità - conclude Ravinale – impatta, infatti, l’intero ecosistema della salute. Diffondere consapevolezza e formazione in questo crocevia tra sanità e giurisprudenza contribuisce alla cultura della sicurezza. Tutte le parti coinvolte traggono beneficio da una gestione del contenzioso efficace e non conflittuale: pazienti, operatori e istituzioni”.  

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IL SALTO QUANTICO DELL’AI GIURIDICA 

Una galassia di progetti presso il LIDER- LAB della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa allena l’intelligenza artificiale ad annotare e interrogare le sentenze per raggiungere la nuova frontiera della predizione giuridica. Il rapporto tra tribunali, assicurazioni, avvocati e cittadini potrebbe cambiare come mai prima d’ora

È un fronte di progetti distinti ma coordinati quello condotto dal Laboratorio Interdisciplinare Diritti e Regole della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa (LIDER-LAB) spiega il Direttore, il Professore di Diritto Privato Comparato Giovanni Comandé:  “Si tratta di progetti paralleli gestiti da equipe multidisciplinari indipendenti che, però, si confrontano e si arricchiscono vicendevolmente”.  

“La Scuola Superiore Sant’Anna segue la sua intuizione originale di allenare i programmi di intelligenza artificiale per annotare autonomamente le sentenze. Le banche dati giuridiche, attualmente, vengono interrogate su parole chiave principalmente, e l’arricchimento semantico è direzionato a tale livello soprattutto. Noi stiamo sviluppando AI capaci di riconoscere le tipologie di frasi – che stabilisce una regola giuridica operazionale per esempio – in modo tale che riconoscano il principio o la regola giuridica in atto al di là del testo legislativo”.   

Come cambierebbe l’analisi giuridica con l’introduzione dell’AI?  

Assisteremo ad un cambiamento radicale, ancora più incisivo dello storico passaggio dalla carta al digitale. Già all’epoca, trent’anni fa, sperimentammo una forte fase di disintermediazione: l’accesso alle fonti e alla dottrina divenne, esponenzialmente, più facile.   

Ma con l’avvento dell’AI nel campo dell’analisi giuridica il cambiamento sarà ancora più profondo perché, per la prima volta, si potrà visualizzare l’evoluzione della giurisprudenza e la sua direzione in tempo reale. Inoltre, si potrà misurare l’impatto dei singoli ‘parametri’, come una particolare forma di danno alla salute (o un fattore metagiuridico) nel dare origine ad un pattern riconoscibile nella giurisprudenza e, quindi, nel cambiamento operazionale della regola effettivamente applicata. Ad esempio, potremmo rilevare che determinate condizioni di partenza portino, la maggior parte delle volte, alla stessa sentenza. Questo aprirebbe le porte al secondo livello del nostro ‘fronte’ – esplorare le potenzialità predittive dell’analisi giuridica – e al terzo: calcolare con quanta probabilità, dati certi parametri iniziali, la sentenza possa orientarsi in un senso piuttosto che in un altro. Metaforicamente, al momento, l’analisi giuridica è monodimensionale. Alla fine di questo processo, sarà multidimensionale. È un salto che possiamo definire “quantico”.   
 

Un salto che può estendersi dall’analisi giuridica alla Giustizia stessa? 

“In minima parte è così, ma non è il cambiamento più significativo. Mi spiego: già la digitalizzazione della dottrina ha cambiato la prassi della ricerca giuridica e, di conseguenza, anche il modo di scrivere le sentenze. L’accesso alle fonti e la possibilità di richiamare la conoscenza giuridica ha allargato l’orizzonte. L’analisi AI-mediata della dottrina stessa porterebbe ad una conoscenza infinitamente più profonda e puntuale, influenzando ulteriormente l’impatto della tecnologia sulla giustizia”.   

“Ma il cambiamento più importante è nel rapporto con la giustizia stessa. I dati annotati e analizzati dalle AI saranno interrogati da magistrati, avvocati, cittadini e assicurazioni con obiettivi e ‘domande’ diverse. Già questa diversità di soggetti porterà alla declinazione di interfacce specializzate.  Intanto, il processo di intermediazione avrà fatto un altro salto in avanti perché, per calcolare la probabilità di ‘vittoria’ in tribunale, la convenienza di una negoziazione o l’opportunità di adire per vie legali, a volte non sarà più necessaria l’intermediazione di un esperto giuridico come un avvocato.  Altre volte, sarà, invece, proprio la presenza di questi strumenti ad avvicinare cliente all’avvocato, giacché, in assenza di questi strumenti, il cliente non avrebbe neppure la consapevolezza di avere bisogno di un esperto legale. Sarà la piattaforma AI di analisi giuridica a dare indicazioni sul potenziale esito di un eventuale giudizio. A queste piattaforme potranno affidarsi – in via ‘predittiva’ – assicurazioni, cittadini e attori della legge”.   
 

“Quando si parla di giudice-robot, perciò, non si deve pensare ad un robot che giudica, ma ad un programma che determinerà, in molti casi, se convenga adire in giudizio o meno; meglio ancora: a strumenti che allargano la conoscenza giuridica e, quindi, espandono un effettivo accesso alla giustizia”.  

Per approfondire:  

https://www.lider-lab.it/

 www.predictivejustice.eu

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SAVE THE DATE: DEFINIRE LA LEADERSHIP IN SANITÀ

Il 1° Aprile 2022 il convegno SIMM Piemonte per tracciare, dopo l’esperienza del COVID e alla luce del PNRR, i contorni delle Human Essential Skill necessarie per costruire una sanità più forte, agile, e capace di decidere per il bene pubblico

Leadership in sanità: cos’è e come farla crescere?

Questa è la domanda alla quale si risponderà nel convegno The Changes We Need, organizzato dalla sezione piemontese della Società italiana di Leadership e Management in Medicina Venerdì 1° aprile dalle 08:30 alle 18:00 presso l’hotel San Rocco – Orta San Giulio, in provincia di Novara.  

 “Complex problem solving; gestione delle persone; creatività; pensiero critico; intelligenza emotiva e capacità di coordinarsi con gli altri; ecco quali sono le capacità fondamentali individuate dal World Economic Forum 2020: le Human Essential Skills. Scopo del convegno – spiega Arabella Fontana, responsabile scientifica e Direttore Medico del Presidio Ospedaliero Borgomanero ASL “NO” di Novara, – è di definire in che misura queste capacità possono essere applicate e crescere in sanità”.  

 Due eventi rendono il dibattito sulla leadership strettamente attuale: IL COVID E il PNRR.  

 “In particolare, è opportuno definire l’orizzonte di una leadership nel campo della sanità digitale, leadership che può contribuire a costruire un sistema pienamente integrato tra territorio e ospedale (coprendo le molte mancanze in questo campo ancora non sanate) e di cogliere le opportunità della telemedicina che il COVID ha reso evidenti”.   

 “COVID – conclude Fontana – che ci lascia in eredità anche molte lezioni positive come l’importanza dell’empatia, del lavoro in team, dell’agilità di trovare nuove soluzioni organizzative. Consapevolezze che ci possono rendere professionisti sanitari più forti, più flessibili e più orgogliosi di far parte del Servizio sanitario nazionale. E che ci possono insegnare a non aver paura di scegliere, quando è arrivato il momento, come leader, di farlo”. 

Per maggiori informazioni, scarica il PDF

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ANALISI DEI DATI: UN GRANDE AIUTO PER LA GESTIONE DEL RISK MANAGEMENT SANITARIO

Intervista a Giuseppe Carchedi, group operations and analytics manager di Sham Italia, pubblicata da Insurance Trade 

La potenzialità dei dati è fondata sulla loro comprensione. La pandemia è stata la spinta importante che ha portato il risk management sanitario al centro della gestione delle strutture: saper analizzare le informazioni digitali per avere un’immagine realistica delle situazioni e utile per fornire coperture adeguate e affiancare i soci assicurati nella gestione del management interno.  

Giuseppe Carchedi, group operations and analytics manager di Sham – gruppo Relyens, ha approfondito questa tematica in un’intervista pubblicata su Insurance Trade. 

“Oggi è necessario comprendere meglio non solo la sinistrosità che si manifesta, ma anche la possibilità di ridurre gli errori in generale per migliorare la sicurezza della struttura sanitaria”. 

Vanno approfondite tutte le informazioni al fine di individuare gli errori che si potrebbero verificare.  

Per Sham, infatti, l’evento, l’errore e il sinistro sono tre elementi importanti da analizzare separatamente per avere una migliore gestione rischio e poter contenere le richieste di risarcimento.  

Per l’articolo completo: LINK  

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POLIZZA CYBER: L’EVOLUZIONE DEL MERCATO ASSICURATIVO TRA RANSOMWARE E CLAIMS MANAGEMENT

Negli ultimi anni abbiamo assistito a un esponenziale incremento della frequenza e della complessità degli eventi informatici avversi. Protagonista indiscusso è Il “ransomware”: l’entità dei riscatti è cresciuta vertiginosamente. Per questo la Polizza Cyber non può più prescindere da una corretta mitigazione del rischio.  L’assicuratore può essere determinante anche nella gestione in tempo reale dell’attacco. Come? Ce lo raccontano Luca Achilli e Ruggero Di Mauro, rispettivamente Direttore Sviluppo Healthcare e Key Account Manager di Sham – gruppo Relyens

Il “ransomware” è una particolare tipologia di malware (malicious software) che criptati dati e sistemi delle aziende, rendendoli di fatto inaccessibili, richiede il pagamento di un riscatto (ransom in inglese) per il rilascio della chiave di decifratura. I ransomware di ultima generazione, inoltre, prevedono un riscatto iniziale con possibilità di pagamento entro una breve finestra temporale (e.g. una settimana) con minaccia – in caso di mancato pagamento entro quel termine – di un aumento esponenziale della richiesta di riscatto e di una pubblicazione nel web e/o nel deep web e/o nel dark web di Dati personali, societari e segreti industriali la cui confidenzialità è stata violata dall’attacco stesso. 

“Gli attacchi ransom sono cresciuti in tutta l’Europa continentale, passando dal 14 al 32 per cento di tutti gli eventi avversi cyber, e più che raddoppiando nel corso del solo 2020 – spiega Luca Achilli, Direttore Sviluppo Healthcare di Sham, Gruppo Reylens -. Negli ultimi anni, si è registrato anche un netto incremento nell’impatto causato dagli attacchi hacker, come dimostra il recente episodio al Centro elaborazione dati (CED) e ai sistemi informatici della Regione Lazio. Il settore sanitario in Italia è vulnerabile. Secondo uno studio da poco pubblicato, su 20 strutture sanitarie pubbliche e private tra le 100 più grandi per fatturato o dimensioni, il numero di indirizzi mail compromessi dai quali può pervenire un attacco è, in media, di 353.  Per compromesse si intendono le mail con password disponibili pubblicamente utilizzate in passato per registrarsi su siti che abbiano subito un databreach”.  

“E non si tratta certo dell’unica porta di ingresso per un attacco informatico. L’aumento dei ransomware –– continua Achilli – è alimentato dalla pandemia da Covid-19 e dai nuovi schemi ibridi home/office working.  Eventi cyber avversi sono destinati ad aumentare sia in funzione della crescente digitalizzazione della sanità che della sofisticazione dei gruppi criminali. È essenziale che, a tutti i livelli, le organizzazioni investano in sicurezza cyber. La stessa tutela assicurativa offerta da una Polizza Cyber atta al trasferimento del rischio residuale, che è parte integrante di questo processo di “cyber resiliance”, non può più prescindere da una corretta azione di mitigazione del rischio. Ciò significa che le compagnie assicurative stanno mostrando interesse nel diventare partner di primo piano del panorama della tutela cyber a 360°, offrendo, in abbinata al prodotto assicurativo, innovativi sistemi di prevenzione del rischio.  

Come sta reagendo il mercato assicurativo?  

Luca Achilli: Il mercato assicurativo sta attraversando una fase di “hard market”: assistiamo, infatti, da una parte ad un aumento dei premi e delle franchigie minime giudicate sostenibili dagli assicuratori (e dai riassicuratori); dall’altro ad una forte diminuzione della capacità assicurativa (massimale dispiegato dal singolo assicuratore per il cliente). Negli ultimi anni, infatti, malgrado la raccolta premi sia notevolmente aumentata grazie anche all’aumento della percezione del rischio cyber e ad una susseguente maggiore diffusione del prodotto assicurativo, l’incremento degli eventi cyber avversi – nel numero e nel valore – si è rivelato molto più che proporzionale. Ciò ha reso il mercato poco sostenibile nel lungo periodo con i tassi assicurativi, i massimali e le franchigie caratterizzanti la fase iniziale di diffusione del prodotto. Il mercato assicurativo, sempre più cauto nell’assunzione di new business, appare fortemente orientato nel garantire un rinnovo sostenibile del portafoglio esistente che porta a un repentino adeguamento delle condizioni di polizza. La direzione è quella di premi (tassi) sensibilmente più alti, franchigie più alte, massima esposizione della compagnia in termini di massimale centesimata e condizioni stringenti di rinnovo / assunzione nonché sottolimiti, scoperti e coassicurazione del cliente richiesta per le garanzie più impattate da sinistri, ransomware in primis.  

In che modo un assicuratore effettua la valutazione del rischio cyber? 

Ruggero Di Mauro: Fino a qualche anno fa, per acquistare una polizza assicurativa cyber era sufficiente la compilazione di un semplice questionario assuntivo. Non erano previste site visit né approfondimenti tecnici particolari. 

Il processo assuntivo, oggi, è ben strutturato e prevede, generalmente, le seguenti fasi: 

  • Compilazione di un questionario assuntivo generico, che analizzi le macrotematiche di organizzazione IT, sicurezza IT, rischio IT 
  • Compilazione di uno o più questionari specifici sulle seguenti aree: esternalizzazione, VPN, MFA, formazione 
  • “Security call” e/o site visit e/o roadshow per analizzare nel dettaglio i punti di cui sopra nonché consegnare la security roadmap della Proponente per i prossimi 12/24/36 mesi 
  • Ricerca delle CVE (Common Vulnerabilities Exposures) tramite piattaforme di big data in partnership con le compagnie assicurative e/o analisi non intrusiva degli indirizzi IP Pubblici della Proponente; dettaglio sul remediation plan delle stesse posto/da porre in essere 
  • Eventuali approfondimenti su eventi / sinistri precedenti all’assunzione e/o al rinnovo 

Quanto incidono la cultura e la consapevolezza di un’azienda nella stesura delle polizze? 

R.D.M.: Le compagnie verificano una serie di variabili determinanti. Ad esempio, difficilmente rilasciano quotazioni ad organizzazioni con sistemi informatici obsoleti e non aggiornati. Un altro livello di sicurezza consiste nel sottoporre la struttura ad un rating da parte di società esterne leader nell’ambito Big Data e Analytics.  È una analisi informatica molto approfondita per capire quali e quanti siano gli indirizzi informatici pubblici dell’azienda e se siano finiti nel ‘mirino’ di attori terzi che operano nel dark web.  All’azienda viene attribuito un punteggio per ciascuna categoria di rischio: nel caso in cui il punteggio risultasse negativo, si potrà stabilire di proseguire con approfondimenti ad hoc e/o richieste di azioni di miglioramento, oppure di non procedere alla quotazione e di conseguenza di non assicurarla.  

Che ruolo ha l’assicuratore nella gestione di un attacco? 

R.D.M.: Gli eventi cyber, per loro natura, sono spesso complessi per la numerosità delle aree impattate e per la difficile gestione. Da un punto di vista Assicurativo / consulenza è determinante focalizzarsi sulla valorizzazione di un servizio di assistenza (incident response) telefonica 24/7/365 che permette di avere un contatto diretto e immediato con esperti in ambito IT, legale e PR per avere una second opinion esterna ed esperta utile ad agire in maniera tempestiva e corretta al fine di evitare il propagarsi del danno.  In questo senso, quindi, appare una strategia WIN-WIN (per la compagnia, che risolve in breve tempo => indennizzo ridotto il sinistro; per il cliente che ripristina il sistema informatico in breve tempo). 

In conclusione, come una struttura sanitaria deve considerare la polizza cyber? 

L.A.: Ci sono tre punti fondamentali da tenere a mente. Primo: La polizza Cyber è il principale strumento di trasferimento del rischio cyber residuale, sempre sapendo che, per sua natura, il rischio cyber non può essere portato a zero. Secondo: la polizza Cyber non è un contratto da mettere nel cassetto ed essere ripreso 12 mesi dopo per il rinnovo. È uno strumento dinamico che fornisce supporto e assistenza tutto l’anno tutti i giorni dell’anno. Per questo deve divenire parte integrante della governance sanitaria, integrandola ai piani di Disaster Recovery, Business Continuity, Incident Management e strutturando, insieme all’assicuratore, un efficace e tempestivo protocollo di gestione dei Claim). Terzo: la polizza cyber è, di per sé, per le analisi che precedono la sua stipulazione e per i meccanismi che genera la sua applicazione, uno strumento di mitigazione del rischio e prevenzione.  

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“PILLOLE DI SANITÀ DIGITALE”: LA NUOVA RUBRICA DI FIDELIA CASCINI

Sbarca su Youtube e Linkedin la nuova rubrica dedicata al mondo della sanità e della tecnologia a cura di Fidelia Cascini, ricercatrice della sezione di Igiene e Sanità Pubblica dell’Università Cattolica di Roma ed esperta di settore. In questa intervista il racconto della genesi e degli obiettivi di questo progetto. 

Dottoressa Cascini che cos’è “Pillole di Sanità Digitale” e perché nasce questo progetto?  

La digitalizzazione del comparto sanitario e la valorizzazione del suo immenso patrimonio informativo rappresentano gli strumenti più potenti per la realizzazione di una sanità efficiente, efficace e tempestiva; insomma, di altissimo valore. La strada da percorrere non è priva di ostacoli. Da diversi anni faccio parte, in rappresentanza dell’Italia, della Global Digital Health Partnership: una collaborazione tra 30 paesi, territori e l’Organizzazione mondiale della sanità costituita con lo scopo di supportare l’implementazione della salute digitale, condividere le best practices globali e promuovere dei progetti dai quali beneficiare reciprocamente a livello internazionale. Inoltre, partecipo, quale referente del nostro Ministero della Salute, alle Joint Action europee per la condivisone di strategie e l’integrazione della sanità digitale tra Paesi membri dell’Unione Europea. Rapportando l’esperienza di questi incontri internazionali alla conoscenza scientifica maturata nel settore e all’osservazione del livello di digitalizzazione del nostro sistema sanitario, ho potuto riscontrare una criticità ricorrente: la mancanza di comunicazione. Mi riferisco nello specifico a una sorta di disallineamento informativo tra i decision maker e coloro che devono mettere in pratica le indicazioni date. Un gap che ostacola il processo di cambiamento e impedisce, in termini operativi, l’applicazione delle stesse direttive. Nasce da qui quindi, dal desiderio di colmare questo gap, l’idea di creare una “guida” che fornisca da un lato informazioni utili ad alimentare la conoscenza e la fiducia verso le tecnologie digitali potenziando l’alfabetizzazione, dall’altro indicazioni strategiche per aiutare le aziende del mercato sanitario a essere competitive in questo ambito. 

Siamo molto curiosi. Può dare qualche preview ai nostri lettori rispetto alle tematiche che verranno trattate? 

Gli argomenti saranno molti e diversi, e riguarderanno ambiti, applicazioni e risvolti delle tecnologie digitali in riferimento ad aspetti clinici, organizzativi e strategici.  

Comincerò dalla mancata aderenza alle terapie farmacologiche, analizzando questo problema e le sue conseguenze sul paziente, sull’industria farmaceutica e sul sistema sanitario, per passare poi in rassegna sia i rimedi tradizionali che quelli più innovativi. 

Affronterò poi temi come: l’uso secondario dei dati sanitari digitali e suoi vantaggi, con particolare riferimento alla sicurezza delle cure e alla riduzione degli eventi avversi evitabili; l’esitazione vaccinale e l’influenza della comunicazione in particolare quella mediata dai social media; le prescrizioni elettroniche e i vantaggi per il paziente e per i diversi attori del sistema sanitario; l’impatto e gli esiti sul paziente legati all’uso della telemedicina nelle sue differenti articolazioni e con riferimento ai diversi contesti clinico-assistenziali;  e altri ancora in divenire. 

Continuiamo a parlare di sanità digitale: quale potrebbe essere il traguardo? 

I punti di maggior attenzione riguardano indubbiamente le opportunità di perfezionare l’erogazione dei servizi sanitari in direzione dell’appropriatezza e dell’accessibilità, oltre che della qualità. Il miglioramento apportato dalla sanità digitale sarà sostanzialmente in termini organizzativi, ovvero su tutto ciò che rallenta e invalida la riuscita di un ottimale processo di cura. Si cercherà di rendere tutto più efficiente e sostenibile. Le nuove strategie di programmazione saranno, nel prossimo futuro, basate su sistemi di intelligenza artificiale che, attraverso l’analisi di un’ingente mole di dati (big-data), permetteranno la creazione di modelli previsionali rivolti verso una risposta personalizzata ai bisogni di salute, oltre che in direzione della prevenzione delle malattie e della tempestività di diagnosi e trattamenti. Saranno allora tre i contesti più velocemente coinvolti dalle applicazioni dell’intelligenza artificiale e dei big- data: quello organizzativo, quello della programmazione e quello della ricerca. Non mancherà inoltre l’ulteriore evoluzione delle tecnologie applicate alla pratica clinica, tra cui la robotica utilizzata, ad esempio, in chirurgia e per la riabilitazione. Se riusciremo a superare i limiti dell’interoperabilità dei sistemi, le innovazioni in questi campi porteranno a una vera e propria rivoluzione della sanità.  

Si potrebbe dire, a questo punto, che per effettuare un primo passo verso la sanità digitale sia quindi necessario uno step preliminare quale una formazione di base che allinei gli operatori del settore?  

Vi è la necessità di una condivisione di saperi, non solo tra i professionisti che applicano la materia ma anche tra i manager e i direttori a capo delle strutture sanitarie che hanno il compito di selezionare le tecnologie delle quali avvalersi. Così come tra i produttori di tecnologie affinché quest’ultime possano essere concepite con standard internazionali che ne permettano l’interoperabilità. È fondamentale l’allineamento di tutti i tasselli sanitari in tutte le competenze e gli ambiti. È imprescindibile puntare su una formazione che implichi uno sforzo reciproco, volta a curare gli aspetti di univocità e scambiabilità. Ad esempio, una buona sanità digitale, attraverso la prevenzione dei sinistri sanitari, migliora la gestione del rischio e di conseguenza la condizione dei lavoratori e dei professionisti dell’ambito sanitario. Affinché ciò si realizzi però c’è bisogno di uno sforzo strategico di unità perché è solo grazie al desiderio di integrazione che si permette e favorisce lo sviluppo.  

Ha accennato all’importanza della gestione del rischio sanitario: sappiamo che da sempre è molto attiva anche su questo fronte. Parlando di progetti di sicurezza in sanità, a cosa sta lavorando al momento?  

Sicuramente uno dei punti strategici della sicurezza in sanità è il corretto utilizzo dei dati. I dati sono importanti per motivare le scelte e dimostrare rischi e opportunità della sanità digitale. Per questo è necessario affiancare alla pratica la ricerca scientifica. Al momento mi sto occupando di valutare l’impatto della telemedicina sul paziente in termini di esiti e di rischi in ambito di sicurezza delle cure e di responsabilità sanitaria. Parallelamente sono coinvolta nei Gruppi Tecnici di Lavoro istituzionali per gli investimenti del PRNN sulla telemedicina. I risultati di questi studi arriveranno presto, nel momento in cui avremo un quadro completo delle applicazioni della telemedicina e dei sistemi della sanità digitale nei diversi setting assistenziali e la capacità di valutare rischi e responsabilità per professionisti e strutture sanitarie, legati a queste nuove prestazioni.  

Introducendo nuove tecnologie cosa possiamo aspettarci in termini di rischi o eventi avversi? È da qui che partirà il progetto con Sham: realizzare un modello che identifichi i rischi collegati alle nuove tecnologie, in linea con il cambiamento dell’approccio assicurativo.  

Bio Fidelia Cascini 

Fidelia Cascini comincia il suo percorso accademico e lavorativo nella sanità pubblica abbracciando la medicina legale, la responsabilità professionale e la gestione del rischio.  Con questo bagaglio, si avvicina alla prevenzione, alla programmazione sanitaria e alla sanità digitale. Riceve una serie di incarichi da parte del Ministero della Salute al fine di seguire i tavoli internazionali e le Joint Action tra i paesi dell’UE per definire i punti di convergenza sull’interoperabilità di dati, le infrastrutture digitali e sui modelli di governance per permettere ai cittadini europei di essere curati al meglio in qualunque Stato membro senza barriere linguistiche e di accessibilità ai servizi. 

Per saperne di più:  www.fideliacascini.com 

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FEDERSANITÀ, ARIS e AIOP PRESENTANO I VINCITORI ITALIANI DEL CONCORSO RISK MANAGEMENT SHAM

Alla presentazione del 17 settembre in diretta con Francia, Spagna e Germania si è tenuta la premiazione delle best practice che rendono le cure più sicure

Sono stati presentati il 17 settembre alla Fondazione Feltrinelli, in occasione del World Patient Safety Day, i vincitori italiani della 5° edizione del Concorso Risk Management Sham, che premia innovative best practice nella gestione e prevenzione dei rischi in campo sanitario. Tre i premi assegnati ad altrettanti progetti ancora in fase di realizzazione, selezionati tra enti, strutture e servizi sanitari e socio-sanitari, associati o meno a Sham.

La premiazione è avvenuta in contemporanea e in diretta in Francia, Italia, Spagna e Germania, i quattro Paesi nei quali opera Sham in qualità di mutua assicurativa e risk manager del comparto sanitario.

Il concorso, promosso in collaborazione con importanti partner del panorama sanitario nazionale, quali Federsanità, ARIS e AIOP, ha raccolto in Italia l’adesione di più di 80 progetti afferenti alle tipologie Riduzione del rischio sanitario, Sicurezza e qualità della vita degli operatori, Cyber risk.

Per la categoria ISTITUTI PUBBLICI è stata premiata l’Azienda ospedaliera San Giovanni Addolorata di Roma che ha concorso per la tipologia Prendersi cura di chi si prende cura di noi con il progetto “Stress lavoro correlato: il pannello di controllo del rischio”.

“La pandemia ha dimostrato ulteriormente la centralità della sicurezza delle cure e dei luoghi di cura. Fondamentale è, quindi, avere cura delle emozioni dei pazienti che soffrono e dei sanitari che sono chiamati a essere argine di questa sofferenza. Il bisogno di considerare il benessere di utenti e operatori e di valorizzare le aspirazioni personali di questi ultimi è indiscutibile e improcrastinabile”, ha detto il dott. Giuseppe Napoli, vice presidente vicario nazionale – Presidente Federsanità ANCI Friuli Venezia Giulia, introducendo il vincitore della categoria ISTITUTI PUBBLICI.

La Fondazione Poliambulanza, con il progetto “Sustainable enterprise RM” nella tipologia Riduzione del rischio sanitario, si è aggiudicata invece la vittoria della categoria ISTITUTI PRIVATI SENZA SCOPO DI LUCRO.

“Il rischio zero non esiste nel digitale e in sanità, ma l’emergenza Covid-19 ha insegnato quanto siano fondamentali i dati, la loro qualità e l’infrastruttura che li raccoglie e analizza, segnando l’ingresso a pieno titolo della cybersecurity nel Risk management sanitario – ha commentato il dott. Nevio Boscariol, responsabile economico servizi e gestionale – UESG di ARIS, nell’annunciare il vincitore della categoria ISTITUTI PRIVATI SENZA SCOPO DI LUCRO -. Se non si usano gli strumenti digitali adeguati e se non si controllano nel modo corretto i dati, inefficienza e inefficacia sono dietro l’angolo, così come il rischio di supportare le decisioni con informazioni di qualità inferiore al necessario. È tempo, quindi, che il Risk management e la digitalizzazione coinvolgano, non solo le singole realtà, ma l’intero Sistema sanitario italiano per essere davvero efficaci”.

Infine, per la categoria ISTITUTI PRIVATI è risultata vincitrice la Casa di Cura Villa Maria, candidatasi nella tipologia Riduzione del rischio sanitario con il progetto: Usami 2.0 

È stata la dott.ssa Fabiana Rinaldi, responsabile comunicazione di AIOP, a proclamarne la vittoria. “Le best practice per la sicurezza delle cure e la riduzione del rischio sanitario sono un tema di cui anche gli attori del panorama privato stanno prendendo sempre più consapevolezza: è, infatti, solo con il desiderio di continuare a innovarsi che si possono proporre soluzioni efficaci e puntuali ai crescenti bisogni sanitari – ha dichiarato -. La partecipazione al Concorso Risk Management di Sham stimola a sviluppare e condividere buone pratiche. Siamo convinti che la componente di diritto pubblico e di diritto privato debbano divenire intercambiabili in sanità: i pazienti sono gli stessi, la qualità delle cure deve essere la stessa”.

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5° CONCORDO RISK MANAGEMENT SHAM: IL VINCITORE EUROPEO È L’IRCCS FONDAZIONE DON CARLO GNOCCHI ONLUS

Una piattaforma tecnologica che permette di misurare i parametri psico-fisici dei lavoratori sanitari in azione: una maglietta in e-textile che registra dati indici di stress in situazioni di lavoro attivo e che potrebbe diventare un tool fondamentale per la prevenzione del rischio. 

Venerdì 17 settembre alle 09:00 in diretta online e in presenza dalla Fondazione Feltrinelli, Sham celebra il World Patient Safety Day in diretta da 4 Paesi assegnando i premi per il 5° Concorso di Risk Management che ha come obiettivo la condivisione delle azioni di prevenzione e miglioramento del settore sanitario.  

In un periodo storico che ha messo in forte difficoltà gli ambienti sanitari e tutti coloro che prestano cure e servizi il focus si è spostato anche sul “prendersi cura di chi si prende cura di noi”.  

L’IRCSS Fondazione Don Carlo Gnocchi Onlus è il vincitore europeo del 5° Concorso Sham – la prima edizione che ha permesso di confrontare assieme i progetti di miglioramento di Francia, Italia, Spagna e Germania. Il progetto è “Wellness@Work – Sistema personalizzabile per la tutela del benessere negli ambienti lavorativi”. Si tratta di una piattaforma tecnologica, costituita da una maglietta e-textile capace di monitorare le condizioni psico-fisiche dei lavoratori connessa ad una app su smartphone e da un cloud per l’elaborazione e la gestione dei dati.  

Ad esser stati intervistati: la Dottoressa Laura Dimunno, Direttore del Dipartimento di prevenzione, salute, sicurezza e ambiente della Fondazione Don Carlo Gnocchi e la dr.ssa Federica Vannetti, Bioingegnere, ricercatrice e referente per il Grant Office dell’IRCCS Fondazione Don Carlo Gnocchi   

  • Come avete iniziato il progetto? Quali sono i numeri ad esso correlati?  

Vannetti – Il progetto è nato attraverso l’interazione tra il mondo della ricerca e dell’industria, con un finanziamento della Regione Toscana, guidati dall’azienda SMARTEX srl in collaborazione con altri partner (ERAM Srl, Shinteck srl, Orthokey s.r.l., Università di Firenze). L’obiettivo del progetto è stato cercare una risposta ai bisogni emersi all’interno della Fondazione Don Carlo Gnocchi sulla spinta di una importante necessità di miglioramento della sicurezza dei nostri dipendenti. È stato marcatamente un lavoro multidisciplinare. Il progetto ha l’obiettivo di implementare una piattaforma di monitoraggio dei lavoratori mediante l’uso di sistemi di acquisizione in remoto, basati su piattaforme sensoriali tessili e flessibili in grado di misurare l’attività cardiopolmonare, la postura, l’attività fisica e eventuali movimenti ciclici e ripetuti.  Il device, una maglietta realizzata in e-textile, è stata indossata da quindici nostri collaboratori fisioterapisti nel secondo semestre del 2019. Ognuno di loro ha indossato il sistema, dopo aver ricevuto un’adeguata formazione, per circa due settimane, dopodiché è cominciata l’elaborazione e l’analisi dei dati raccolti, adesso in fase di pubblicazione. 

  • Pur attendendo la pubblicazione ufficiale, cosa potete anticipare dei dati emersi? 

Vannetti – Lo studio attraverso l’uso della piattaforma in condizioni reali ha permesso di oggettivare l’impegno del lavoratore impegnato in determinate tipologie di interventi riabilitativi su diverse tipologie di pazienti. Dai risultati ottenuti emerge che in generale ogni fisioterapista assume posture incongrue, e quindi potenzialmente pericolose, durante la maggior parte delle sedute di lavoro analizzate, specialmente a carico del rachide. L’indice di Stress medio, ricavato dall’analisi del segnale ECG, risulta elevato per il 55,35% delle sedute. Confrontando i dati soggettivi con quelli oggettivi, notiamo che l’impegno fisico e mentale percepito è molto più basso di quello misurato dal sistema di monitoraggio. Considerando i parametri inerenti le misure di stress si può ipotizzare che la componente che incide maggiormente sull’indice di stress sia mentale. Da un questionario relativo all’usabilità del sistema, invece, si riscontra che i soggetti hanno imparato ad utilizzarlo molto velocemente, considerandolo di facile utilizzo, e con funzioni ben integrate tra loro. 

In definitiva, grazie ai dati possiamo prefissarci il traguardo di misurare, per diverse categorie di lavoro in sanità, lo stress lavorativo in maniera molto più precisa di quanto permettessero, finora, i tradizionali strumenti di indagine basati su questionari. 

Prima dell’implementazione del device, con quale strumento si cercava di valutare il lavoro dei vostri operatori?  

Dimunno – La valutazione del rischio stress lavoro correlato che utilizziamo tutt’oggi utilizza il metodo reso disponibile dall’INAIL, applicabile a qualunque tipologia aziendale e che analizza gli aspetti organizzativi. A questo metodo manca la possibilità di rilevare la fatica degli operatori dell’assistenza, sia quella fisica che quella mentale.   Il progetto W@W ha un’enorme rilevanza in questo senso: l’analisi oggettiva degli indicatori di rischio di stress lavoro correlato porta delle ripercussioni positive nella valutazione del rischio specifico, che è molto difficile da approcciare per i tecnici e verso la quale i lavoratori ripongono grosse aspettative. Il settore sanitario è considerato da chi lavora al proprio interno un ambiente stressante per definizione ed il coinvolgimento del lavoratore nella gestione della sicurezza è un elemento molto importante. Durante l’assistenza ci sono delle difficoltà a cui è giusto prestare la dovuta attenzione partendo per esempio dalla differenza di genere dei lavoratori e dal loro invecchiamento.  

  • Che significato assume questa nuova tecnica dopo il Covid?  

Dimunno: con il nostro progetto, attraverso l’utilizzo da parte dei nostri operatori della maglietta in e-textile, andiamo a rilevare quei parametri fisici fondamentali per la salute riferiti all’attività cardiaca e respiratoria. Segnali di stress saranno oggettivamente evidenti e messi in relazione con l’attività che il lavoratore svolge durante la rilevazione riconducendoli all’impegno fisico e/o emotivo. Si potranno dunque promuovere attività preventive per le persone che prestano cure in relazione alla loro situazione personale e migliorare l’organizzazione delle loro attività. Il Covid-19 ha portato sicuramente tutti noi a fare delle considerazioni serie. Non siamo più quelli di prima e non lo sono più neanche i lavoratori sanitari. Le persone sono cambiate, reagiscono in modo diverso alle medesime situazioni pre- covid e prenderne coscienza dovrà essere il primo impegno di una organizzazione. Saranno necessari dei ragionamenti più approfonditi e condivisi per migliorare le strutture dal punto di vista organizzativo e, conseguentemente, la salute e la sicurezza di chi lavora, specialmente laddove il lavoro è a stretto contatto con la sofferenza.  

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PREPARARSI AL RISCHIO CHE NON SI PUÒ PREVEDERE

L’incertezza è il punto di partenza dell’anticipazione nell’intervento di Antonio Furlanetto durante la presentazione del white paper “Capire il rischio cyber” 

Non si può basare tutta la previsione del rischio sulla base dei dati del passato. Anticipare il futuro significa pensare anche in termini di incertezza: eventi che non possono essere previsti, ma per i quali ci si può preparare in tempo. Ecco il cuore dell’anticipazione nel risk management, raccontato nell’intervento del Dottor Antonio Furlanetto, Docente di Risk Management Anticipante presso l’Università di Trento e AD di -Skopìa S.r.l. Anticipation Services, durante la presentazione del white paper Sham-Università di Torino “Conoscere il rischio cyber – il nuovo orizzonte in sanità” 

LINK conferenza 

Scarica il white paper “Capire il rischio Cyber” realizzato da Sham con la collaborazione del Dipartimento di Management Università di Torino. 

Guarda le Slide del Dottor Furlanetto