BUONA PRATICHE SULLA SICUREZZA IN SANITÀ

L’ARNAS Catania sviluppa un modello di edilizia ospedaliera che punta su sicurezza e compartimentazione dei percorsi assistenziali.

Abbiamo intervistato il Dottor Fabrizio De Nicola, Direttore Generale ARNAS Catania.

ARNAS e Relyens hanno già avuto modo di incontrarsi nel corso del Concorso di Risk Management organizzato dal Gruppo, volto a condividere le best practice del settore. Questa intervista rappresenta un ulteriore passo avanti nella missione di dare voce ai vari attori dell’ecosistema sanitario, affinché possano condividere le proprie esperienze e le loro soluzioni innovative con l’obiettivo di far conoscere a livello nazionale le buone pratiche sulla sicurezza della sanità italiana.

“La nostra azienda ospedaliera si sta distinguendo per la sua attenzione alle emergenze sanitarie e alla sicurezza dei pazienti. La nuova struttura inaugurata il 20 marzo 2023, realizzata in poco più di tre anni, si estende su 6500 mq suddivisi su quattro piani.

Oltre ad essere l’unico pronto soccorso al centro di Catania, questa struttura è caratterizzata dalla sua attenzione alla sicurezza e alla prevenzione delle infezioni, grazie anche alla creazione di un percorso separato per le patologie infettive, con un pronto soccorso infettivologico, una sala operatoria, una sala radiologica dedicata e alla divisione delle attività nei piani della struttura secondo livelli di gravità e prestazione” spiega il Dottor De Nicola. 

Il nuovo presidio ospedaliero ARNAS Garibaldi-Centro prevede un percorso separato e autonomo per il paziente con patologie infettive garantendo pertanto maggiore sicurezza sia per i pazienti che per gli operatori sanitari. 

La seconda struttura ospedaliera ARNAS, il presidio Garibaldi-Nesima si caratterizza per un dipartimento materno infantile tra i più importanti della Sicilia, per la mission oncologica, sia clinica che chirurgia, e per le chirurgie di alta specializzazione. 

Inoltre, l’azienda è dotata di hospice sia per adulti che per bambini, dimostrando un’attenzione particolare per l’accoglienza di ogni tipo di paziente, anche quelli nella fase terminale. 

“La prima buona pratica – prosegue De Nicola – è quella di costruire percorsi completi e verticali focalizzati su un ambito specialistico. Durante la pandemia COVID-19, abbiamo concentrato gli sforzi su aree separate all’interno dell’ospedale Garibaldi centro, ricavando fino a 200 posti letto destinati all’emergenza sanitaria. Una lezione preziosa, affinché questa separazione degli spazi ospedalieri aumenti la sicurezza di pazienti e operatori sanitari”. 

“Una seconda buona pratica è stata la progettazione delle nuove strutture in relazione al territorio nel quale erano calate. Per garantire una maggiore sicurezza, l’ospedale è stato progettato con criteri antisismici all’avanguardia, in quanto Catania rientra tra le città a rischio sismico”.  

Questa panoramica offre un esempio di una evoluzione: dalla gestione del rischio clinico alla gestione del rischio sanitario che include tutte le dimensioni della sicurezza: quella infrastrutturale, l’antibiotico resistenza, il controllo degli impianti ospedalieri, l’aggiornamento di attrezzature obsolete e datate.  

“Una gestione del rischio globale – conclude De Nicola – si costruisce attraverso il coinvolgimento e la formazione del personale sanitario; il nuovo modello di sicurezza a 360° è premiato, nei numeri semestrali, in una costante riduzione degli eventi avversi. Sebbene non sia possibile eliminare completamente il rischio, possiamo almeno ridurlo attraverso misure preventive che abbracciano i diversi ambiti nei quali si manifesta”. 

IPOTERMIA ACCIDENTALE: LA BUONA PRATICA SIAARTI  

L’ipotermia colpisce la maggior parte dei pazienti sottoposti a interventi chirurgici, ma l’80% delle strutture italiane non ha un protocollo per misurarla, aumentando il rischio di complicanze, infezioni e degenze prolungate. 

L’ipotermia colpisce tra il 50%-90% dei pazienti sottoposti a interventi chirurgici e contribuisce ad aumentare l’incidenza di complicanze che gravano sui costi della sanità oltre che sul benessere dei pazienti*.  

“È un evento sia comune che prevenibile. Secondo il Survey SIAARTI** “Chirurgia senza Brivido e Normo Days (2017 – 2021) nell’80% degli ospedali non è presente un protocollo specifico per la prevenzione dell’ipotermia e il monitoraggio perioperatorio dei pazienti. Solo nel 54% dei casi, infatti, viene rilevato il monitoraggio della temperatura corporea centrale; La fotografia mostra un paese in cui nel 71% delle strutture la temperatura corporea, prima dell’ingresso in sala operatoria, viene misurata raramente o mai***”. 

Giansaverio Friolo, Risk Manager di Relyens, ha partecipato in qualità di membro del gruppo di studio sulla sicurezza delle cure della SIAARTI al Congresso sulle linee guida, buone pratiche cliniche e sicurezza – organizzato dalla medesima nelle giornate del 3 e 4 marzo a Venezia. 

L’attività congressuale è stata svolta grazie all’invito e al supporto della professoressa Roberta Monzani (board SIAARTI e Humanitas University) e alla professoressa Daniela Alampi (responsabile gruppo di studio sicurezza dei pazienti della SIAARTI), con cui sono state condivise tutte le attività. 

“Influendo sul metabolismo dei farmaci – riprende Friolo – l’ipotermia perioperatoria è associata a un recupero prolungato dall’anestesia, inclusa la necessità di prolungare la degenza sia nell’unità di cura post-anestesia (stanza di risveglio) che in corsia con conseguente aumento dell’uso delle risorse sanitarie e dei costi e rischi associati. L’ipotermia lieve interessa, infatti, la maggior parte degli interventi e il rischio di infezione, degenza prolungata e complicanze (in particolare cardiache) aumenta all’aumentare della complessità dell’intervento e dalla durata dell’ipotermia”. 

Come riferimento per la durata della degenza ospedaliera, la linea guida NICE ha considerato 0,25 giorni per interventi minori, 1 giorno per interventi intermedi e 4 giorni per interventi maggiori, con un aumento stimato del 19% in totale****. 

Per offrire uno strumento pratico ed efficace che inserisca il controllo della temperatura tra le attività fisse in sala operatoria SIAARTI ha prodotto una linea guida applicabile in tutte le sale operatorie che definisca i passaggi e i diversi ruoli e parametri dei quali tenere conto. VEDI LINEA GUIDA 

“Un errore comune – argomenta Friolo – è, infatti, pensare che la sola causa dell’ipotermia accidentale sia il freddo della sala operatoria, e che con l’aumento della temperatura dell’ambiente, l’ipotermia non si verifichi. Anche se la temperatura dell’ambiente gioca un ruolo importante è l’anestesia che interpreta quello principale, in quanto altera la termoregolazione del paziente. Gli agenti anestetici compromettono infatti la capacità del corpo di controllare e conservare il calore inibendo la vasocostrizione e i brividi”. 

“La sanità italiana – conclude il risk manager Relyens – sta vivendo un momento di grande difficoltà, con una carenza di organico così pronunciata da mettere in forse il mantenimento di standard considerati acquisiti da anni. In quest’ottica cresce l’importanza di linee guida ben fatte e facilmente applicabili che aiutino a massimizzare l’efficacia delle risorse a disposizione 

* Survey, Siaarti “Chirurgia senza Brivido e Normo Days (2017 – 2021)” 

** Società Italiana di Anestesia, analgesia, Rianimazione e Terapia Intensiva 

*** La situazione non è diversa all’estero. Un’indagine condotta su 8.083 interventi chirurgici ha rilevato che la temperatura del paziente era monitorata nel 19,4% degli interventi e il 38,5% dei pazienti era stato riscaldato attivamente, principalmente attraverso sistemi ad aria forzata: “Protocol Implementation for Normothermia in Surgery Settings in Italy: Budget-Impact Analysis”,pubblicato sulla rivista “Risk Management and Healthcare Policy” 

****“Protocol Implementation for Normothermia in Surgery Settings in Italy: Budget-Impact Analysis”,pubblicato sul journal “Risk Management and Healthcare Policy” 

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LA CONCILIAZIONE IN SANITÀ: IL NUOVO ORIZZONTE LEGISLATIVO

La legge delega sulla riforma del processo civile offre nuove prospettive per la risoluzione stragiudiziale delle controversie in sanità, in particolare per la c.d. ‘paura della firma’ da parte dei funzionari pubblici chiamati a transigere. L’appuntamento al Centro Congressi Fondazione Cariplo, organizzato da Relyens, ha riunito alcuni tra i principali esperti in materia di Alternative Dispute Resolution, responsabilità amministrativa-contabile e gestione dei sinistri. La mediazione – dicono – è raramente impiegata, ma può avere un impatto fortemente positivo sull’efficienza della pubblica amministrazione e sulla diffusione di una nuova cultura di fiducia tra cittadini, sanitari e istituzioni. 

La soluzione alle criticità della giustizia civile prevista dal PNRR è affidata prioritariamente al potenziamento degli strumenti di definizione delle liti alternativi alla sentenza, le cosiddette ADR (Alternative Dispute Resolution). 

“Una progressiva applicazione di tali istituti può avere un impatto fortemente positivo sull’efficienza della pubblica amministrazione e su una nuova cultura di fiducia tra cittadini e istituzioni – spiega Roberto Ravinale, Direttore esecutivo di Relyens – In particolare in ambito sanitario”. 

A questo orizzonte è stato dedicato l’incontro “Gli strumenti complementari della risoluzione delle controversie” ospitato presso il Centro Congressi della Fondazione Cariplo a Milano e organizzato da Relyens, in qualità di Risk Manager e assicuratore della sanità italiana ed europea, in collaborazione con l’Avvocato Ernesto Macrì

Tra gli esperti presenti, in ordine di intervento: Paola Moreschini, Vicepresidente dell’Osservatorio sui conflitti e sulla conciliazione; Arturo Iadecola, Vice Procuratore generale presso la Corte dei conti; Tiziana Frittelli, Direttore generale dell’AO San Giovanni Addolorata e Presidente nazionale di Federsanità; Maria Gagliardi, Professoressa associata di Diritto Privato presso la Scuola Universitaria Superiore Sant’Anna di Pisa (Istituto Dirpolis, Lider-lab).  

Di seguito la sintesi dei loro interventi. 

Paola Moreschini: “La riforma Cartabia introduce una grande innovazione perché ridisegna la mappa della giurisdizione, ovvero, l’accesso alla giustizia. La giustizia, in questa nuova visione, è considerata come un bene comune che, come tale, non va sprecato. Non si devono consumare energie del sistema giudiziario ponendo delle domande che possono ricevere risposta altrove. Queste risposte si possono dare attraverso le Alternative Dispute Resolution. Il loro impiego è ancora molto circoscritto nell’ambito della responsabilità civile sanitaria, ma il loro potenziale è molto più ampio. Richiedono infatti – e promuovono nello stesso tempo – una consapevolezza nuova: che viviamo in un sistema composito nel quale il processo è solo una parte, non esclusiva e non vincolante. Esistono forme alternative di risoluzione delle controversie che hanno vita propria: non sono ancillari al processo ma sono il fondamento di una giustizia partecipativa e consultiva nella quale le parti contrapposte hanno la capacità di esercitare – con strumenti e risorse dedicati – la facoltà di comporre le vertenze in maniera attiva e al di fuori del tribunale. Questa possibilità può avere un grande impatto in ambito sanitario dove una parte consistente delle richieste di risarcimento potrebbe, in futuro, essere risolta tramite transazione con benefici su diversi livelli per tutti gli attori e le istituzioni coinvolti”. 

Arturo Iadecola: “Quella di transigere è una scelta di gestione sanitaria fondata sulla convinzione che la transazione convenga alla sanità pubblica rispetto all’esito atteso del processo. Il principale ostacolo alla diffusione di questo strumento è la paura da parte del funzionario pubblico di essere chiamato a rispondere di danni erariali presso la Corte dei conti.  Ma quanto è fondata questa paura? La legge-delega per la riforma del processo civile prevede che il decreto legislativo che modificherà le procedure di mediazione e la negoziazione assistita dovrà rispettare, tra l’altro, il principio secondo il quale per i rappresentanti delle pubbliche amministrazioni – incluse quelle del Servizio Sanitario Nazionale – la conciliazione nel procedimento  di  mediazione ovvero in sede giudiziale non dà luogo a responsabilità contabile (rectius, amministrativa), salvo il caso in cui sussista dolo o colpa grave, “consistente nella negligenza inescusabile derivante dalla grave violazione della legge o dal travisamento dei fatti”. Qualsiasi forma di risarcimento con soldi pubblici rappresenta un danno erariale, ma la Corte si muoverà esclusivamente per perseguire la responsabilità amministrativa dei funzionari o dirigenti pubblici solo nel caso manchi da parte loro una valutazione ragionevole sull’opportunità e la convenienza della transazione stessa. Il legislatore ha espressamente riconosciuto la difficoltà nella quale si trovano i funzionari che si assumono la responsabilità di firmare la transazione e ha predisposto margini di tutela, circoscrivendo l’intervento della Corte ai soli casi di colpa grave. È bene, pertanto, specificare che, in questi casi, la c.d. “paura della firma” e il timore di una possibile azione da parte della Corte dei conti sono infondati. La Corte molto probabilmente porrà sotto scrutinio le transazioni autorizzate, ma procederà solo ed esclusivamente nel caso in cui il funzionario non possa dimostrare di aver valutato in maniera adeguata la convenienza della transazione attraverso un confronto con il Comitato Valutazioni Sinistri, di aver richiesto pareri legali e medico-legali, e di avere, infine, fatto una scelta ragionevole sulla base delle informazioni in suo possesso al momento della decisione. A disposizione dei funzionari ci sono molti strumenti che permettono di dimostrare agevolmente la validità del loro percorso di scelta; la negligenza o l’omissione da parte loro dovrà essere davvero ‘inescusabile’ per poter configurare la colpa grave”.  

Tiziana Frittelli “Secondo i dati Ocse il costo del contenzioso sanitario in Italia supera anche di 5/6 volte quello degli altri Paesi europei e le imposte sui premi assicurativi superano il 20%. Le aziende sanitarie e Federsanità sostengono l’introduzione di misure alternative per conciliare le controversie, mentre tra i sanitari esistono forti resistenze alla transazione perché questa viene considerata come un’ammissione di colpa. La mediazione, invece, è una tutela per tutti.  È, prima di tutto, una necessità economica essenziale perché ogni euro speso nei risarcimenti è un euro sottratto alle cure: transigere permette di risparmiarne moltissimo. Ma la mediazione è anche un elemento di civiltà: uno strumento per abbattere l’altissimo livello di litigiosità e sfiducia che vede contrapporsi cittadini e istituzioni e del quale il gravissimo fenomeno delle aggressioni è una conseguenza diretta. È evidente che la transazione deve essere conveniente per i conti pubblici e, per far sì che lo sia, è necessario che le aziende sanitarie investano in professionalità e competenze anche esterne capaci di fornire valutazioni oggettive e professionali sulle quali basare la decisione di conciliare”.  

Maria Gagliardi “Questa componente multidisciplinare e tecnico-scientifica è uno degli elementi caratterizzanti dell’ambito della responsabilità sanitaria. Per questo il percorso della mediazione - che richiede esperti legali e medico-legali – offre un’ulteriore occasione di approfondimento e di confronto tra le parti chiamate a definire, prima ancora degli aspetti patrimoniali, i confini, la natura e le relazioni causali dell’evento in discussione. Questa convergenza di professioni risulta, inoltre, di grande importanza anche nel trasferire le informazioni tratte dalla gestione dei sinistri agli interventi di mitigazione e prevenzione del rischio. Per tutte le ragioni sopra elencate appare evidente negli ultimi interventi normativi la volontà chiara del legislatore di favorire la partecipazione di tutte le parti coinvolte - anche le assicurazioni – nel processo di mediazione”.  

“La gestione dei sinistri e della responsabilità - conclude Ravinale – impatta, infatti, l’intero ecosistema della salute. Diffondere consapevolezza e formazione in questo crocevia tra sanità e giurisprudenza contribuisce alla cultura della sicurezza. Tutte le parti coinvolte traggono beneficio da una gestione del contenzioso efficace e non conflittuale: pazienti, operatori e istituzioni”.  

LESIONI DA POSIZIONAMENTO: COME IL SISTEMA A.P.P. HA INFLUITO SULLA LORO DIMINUZIONE

Il posizionamento del paziente sul lettino operatorio è un’azione fondamentale per la buona riuscita dell’intervento ma anche per la sicurezza dell’operando stesso. 

La Dottoressa Margherita Bianchi, Dirigente Medico Responsabile del Governo Clinico, Qualità Appropriatezza, Rischio Clinico dell’ASL VCO, ci spiega come, grazie all’utilizzo del Sistema A.P.P. (Applicazioni per il posizionamento in Sala Operatoria), siano riusciti a diminuire l’incidenza delle lesioni dell’apparato tegumentario e non solo. 

Qual è il contesto dal quale siete partiti?

L’ASL VCO dal 2004, ha un’unità di gestione del rischio clinico all’interno della quale vengono discusse anche le attività correlate alla qualità e all’appropriatezza dei processi organizzativi-gestionali e clinico-assistenziali. In quell’ambito, in quanto responsabile del governo clinico, oltre all’elaborazione di percorsi e procedure operative, mi occupo della raccolta, verifica e valutazione delle segnalazioni correlate agli eventi potenzialmente/avversi nonché agli eventi sentinella (Incident Reporting). 

In seguito a segnalazioni e successive indagini (Root Cause Analysis) effettuate sulla base del Manuale per la Sicurezza in Sala Operatoria e l’analisi proattiva secondo il metodo Cartorisk di Sham – gruppo Relyens, sono emersi degli elementi che ci hanno indotto a procedere con azioni di miglioramento, attraverso l’acquisizione di uno strumento digitale che consentisse al Personale di Sala Operatoria di gestire con maggior sicurezza e appropriatezza il posizionamento sul lettino operatorio dei pazienti canditati ad intervento chirurgico

Quali azioni di miglioramento sono state intraprese? 

Nell’ambito della gestione del paziente sul lettino operatorio ho potuto fare una ricerca sul mercato per capire se ci fossero dei dispositivi utili alla cura del paziente con queste problematiche. Mi sono così imbattuta nel Sistema A.P.P. (Applicazioni Posizionamento Paziente).

Si tratta di una semplicissima app, un DM Classe I, sviluppato da una Start Up con lo scopo di affiancare i professionisti durante la procedura di posizionamento del paziente sul tavolo operatorio e di valutazione del rischio di lesione perioperatoria avvalendosi della “Scala Munro”, uno strumento specifico e validato che si affianca alle procedure cartacee presenti in ASL VCO. 

Il sistema APP, utilizzabile sia mediante dispositivi mobili che PC desktop, attraverso immagini tridimensionali presenta come posizionare il paziente sul tavolo operatorio in relazione al tipo di intervento a cui verrà sottoposto. Grazie all’applicazione si riduce il tempo di preparazione del tavolo operatorio, del posizionamento del paziente e dei devices da utilizzare secondo modelli predefiniti validati dal team chirurgico. 

L’APP, di semplice utilizzo e di costo contenuto, è stata acquisita in seguito ad un processo di HTA e all’affiancamento e alla formazione degli operatori del Blocco Operatorio dell’Ospedale San Biagio di Domodossola.

Contestualmente al dispositivo, è stata revisionata la CL per la sicurezza in Sala Operatoria integrandola con ulteriori item come previsto dalle azioni di miglioramento dell’RCA e della FMEA. 

Quali sono i rischi connessi al posizionamento in sala operatoria?

Tutte le posizioni chirurgiche adottate nell’intraoperatorio presentano dei rischi per complicanze anche severe, in quanto il paziente, essendo sottoposto ad anestesia per un tempo prolungato, non è in grado di comunicare all’équipe disturbi, malesseri o dolori connessi al posizionamento. 

Le principali complicanze del posizionamento sul letto operatorio sono a carico dei nervi, della cute, del sistema cardiocircolatorio e del sistema respiratorio. Le lesioni a carico della cute e degli strati sottostanti sono le più frequenti e variano dall’eritema alla perdita tessutale a tutto spessore.

Queste lesioni sono considerate un indicatore della qualità dell’assistenza e sono associate ad un aumento del dolore, delle comorbilità del paziente e della mortalità.

Per evitare che ciò accada è quindi necessaria una conoscenza dettagliata della posizione che il paziente deve mantenere nelle singole fasi del singolo intervento chirurgico.

Il sistema A.P.P. ci consente di vedere in una dimensione 3d qual è la posizione più corretta risalendo ai dati di posizionamento e definendo quale posizione e quali specialità sono più soggette a una lesione da malposizionamento.

Quali sono stati i Dipartimenti e le competenze coinvolte nell’inserimento del dispositivo?

È stata valutata in prima istanza da un gruppo di lavoro specialistico da me coordinato, per poi essere esaminata dall’ingegneria clinica, dal dipartimento chirurgico e infine dalla direzione generale. 

Prima di tutto abbiamo fatto degli incontri in aula per valutare il dispositivo dal punto di vista tecnico, per poi passare a condividere lo strumento, tramite percorsi di informazione e di formazione, con i professionisti dei blocchi operatori, in particolare con coordinatori e responsabili del dipartimento di chirurgia e delle sale operatorie. Quando infine è stata valutata la sua idoneità e la sua risposta positiva alle problematiche che volevamo risolvere, è stato attivato un sistema di formazione per gli operatori dei blocchi in sala operatoria e siamo poi partiti con una prima fase sperimentale. 

Questo dispositivo al momento viene utilizzato per la Chirurgia Urologica, Ginecologica, per la Chirurgia Generale e per la Chirurgia Ortopedica

Quali sono stati i primi risultati dell’applicazione?

Nella fase sperimentale è stato condotto, tra il 7 marzo e l’8 settembre 2022, uno studio osservazionale retrospettivo sull’utilizzo del dispositivo digitale. L’indagine monocentrica, effettuata nell’ospedale San Biagio di Domodossola, ha compreso un campione di 143 pazienti adulti sottoposti ad intervento chirurgico con una durata superiore alle 2 ore, nelle specialità di Chirurgia Generale, Ortopedia, Urologia e Ginecologia.

Dalla comparazione effettuata rispetto ad un campione analogo del 2021 è risultato che il numero di lesioni (prevalentemente tegumentarie) rilevate nell’anno 2022 è stato inferiore di circa il 6% (passando dal 16% al 10%). Grazie al sistema A.P.P. è stato possibile risalire ai dati di posizionamento, definendo quale posizione e quali specialità sono più soggette ad una lesione da malposizionamento, oltreché le zone anatomiche più colpite, correlandole con la posizione e la tipologia di intervento. La raccolta e la valutazione dettagliata dei dati permette ai professionisti di adottare ulteriori strategie preventive per diminuire il rischio di lesione del paziente sottoposto ad intervento chirurgico.

È una pratica che può essere adottata da altre ASL?

Trattandosi di un dispositivo estremamente pratico e relativamente semplice, può essere acquisito senza particolari rischi e problematiche. Ovviamente richiede una formazione preliminare ma questa è insita in tutti i progetti di miglioramento che prevedono l’introduzione di una nuova modalità di gestione, che sia organizzativa, gestionale o come in questo caso legata ad un dispositivo. Credo che la sua adozione sia così auspicabile proprio perché ci consente di incrociare tutto il percorso del paziente, dall’ingresso alla dimissione, per poi rintracciare i dati che ci servono per fare valutazioni di merito che possono interessare sia coloro che si occupano di gestione strategica, sia all’operatore stesso che ha un feedback sull’efficacia della posizione del paziente sul lettino. 

Qual è l’elemento più importante da tenere in considerazione per l’adozione di un dispositivo come questo? 

In questi contesti la chiave di volta è la collaborazione rapida e operativa tra direzione strategica, tecnostruttura e clinici perché è fondamentale che ci sia una condivisione da parte dell’azienda su più livelli, non solo con gli operatori che lo utilizzeranno ma anche con coloro che poi dovranno gestire il dispositivo garantendone determinati criteri di sicurezza e di efficacia.

DATA-DRIVEN INSURANCE: LA SICUREZZA IN SANITÁ COMINCIA DA QUI

Affiancare gli assicurati nel processo di trasformazione dei big data in strumenti di decision-making e mitigazione del rischio, superando il gap di competenze e le criticità di una digitalizzazione accelerata dalla pandemia: questo il nuovo ruolo al quale ambiscono le compagnie assicurative.

Sulle molteplici potenzialità dei dati raccolti, la domanda già da tempo non è più dove trovare le informazioni, bensì come utilizzarle affinché garantiscano insight corretti, coerenti e realmente utili. Come si inseriscono i player assicurativi in questo contesto? Lo chiediamo a Giuseppe Carchedi, Group Operations and Analytics Manager di Sham – gruppo Relyens, mutua leader nell’ambito dell’Rc sanitaria e del clinical risk management. 

L’integrazione e l’accessibilità di tutti i dati, frammentati in applicazioni settoriali e basi dati proprietarie, rappresentano una priorità per le strutture sanitarie per poter gestire il rischio clinico e consolidare il proprio patrimonio informativo. In concreto però, in che modo i dati a disposizione della compagnia assicurativa diventano strumento di gestione del rischio? 

Una gestione integrata dei dati può innescare un ciclo virtuoso: grazie alle informazioni raccolte dal claims management, è possibile identificare le maggiori aree di criticità, promuovere azioni correttive, limitare l’incidenza degli eventi avversi e, di conseguenza, ridurre il costo totale del rischio sanitario, sia in termini di sinistrosità, sia in termini di spesa per la copertura assicurativa. Il tutto contribuendo al miglioramento dei servizi e delle cure erogati dalle strutture.
La disponibilità di big data e di modelli avanzati di data analytics non è, però, di per sé sufficiente a raggiungere questi traguardi. 

Continua a leggere la versione integrale dell’articolo sul nuovo numero di Insurance Review:

http://cdn-insurancereview.procne.it/PDF/2022/PDF_Review_98.pdf

I VANTAGGI CONCRETI DELLA IA E DELLA DATA ANALYSIS PER LA GESTIONE SINISTRI  IN SANITÀ 

Automazione del data entry; efficienza nei processi; analisi ed elaborazioni dei trend di lungo corso: questo l’orizzonte per studiare l’applicazione dell’intelligenza artificiale nell’assicurazione in sanità.  

Ne abbiamo parlato con Alessandra Grillo, Claims Director di Sham in Italia.

L’applicazione dell’IA ha aperto la strada a grandi innovazioni in molti campi; quello sanitario in primis. Anche nella gestione dei sinistri MedMal l’utilizzo di queste tecnologie sta assumendo maggior rilevanza, con numerosi vantaggi correlati. 

In primo luogo, l’intelligenza artificiale è in grado di migliorare il Data entry e di automatizzare la lettura e l’estrapolazione di numerose informazioni, generando un consistente risparmio di tempo rispetto a un inserimento a sistema manuale. 

L’applicazione dell’IA, inoltre, non solo ha il valore aggiunto di velocizzare i tempi e arricchire le informazioni disponibili sulle quali basare la strategia, ma permette alle persone di focalizzarsi sui passaggi più importanti, lasciando all’automazione quelli più ripetitivi, noiosi e nei quali proprio la ripetitività dell’azione ne aumenta il rischio di errore umano.  

“Esempio canonico è quello dell’inserimento dell’Iban per le transazioni. Un passaggio molto semplice per un programma informatico ma che, al personale umano, richiede ben tre passaggi separati di verifica” – afferma Alessandra Grillo, Claims Director di Sham in Italia. 

“Anche il Data Mining – prosegue – è interessante per mappare, attraverso l’intelligenza artificiale, i flussi di lavoro e visualizzare gli snodi dove si accumulano ritardi e inefficienze portando così considerevoli benefici al cliente, al danneggiato e, di rimando, alla compagnia assicurativa”. 

Lo studio di software avanzati nell’ambito della gestione sinistri in sanità è al cuore della partnership tra Sham – gruppo Relyens e Antevis.

“Utilizzare un programma di IA permetterà anche di ricostruire il contesto attorno al sinistro, inserendo nell’analisi informazioni rilevanti per predire l’esito del claim, come lo storico del reparto, e per meglio inquadrare il caso concreto in un’ottica di risk management più ampia rispetto alla specifica sfera del cliente. Già adesso, abbiamo individuato tre distinti ambiti di applicazione dell’Intelligenza artificiale nella gestione dei sinistri: l’efficienza dei processi; la riduzione dell’errore umano; l’emancipazione dei dipendenti, i quali, sollevati dalle mansioni ripetitive, possono dedicarsi a compiti che valorizzano al meglio le loro skills. Infatti, con l’IA il dipendente diventa il controllore del processo automatizzato: le persone lavorano meglio, sono più produttive, ottengono più soddisfazioni e raggiungono una migliore work-life balance”. 

“Dall’insieme dei dati raccolti sui singoli sinistri emergeranno – conclude Grillo – indicazioni approfondite sui trend relativi a questi ultimi e al quadro generale del cliente, capaci di delineare benchmark di riferimento, con ovvie ricadute anche in termini di sostenibilità economica per la struttura. Tutte queste prospettive gettano le basi per un impiego sempre più soddisfacente dei software IA nell’orizzonte della gestione sinistri in sanità”. 

DATA BREACH NEL SISTEMA SANITARIO: I RANSOMWARE MINANO LA RISERVATEZZA, L’INTEGRITÀ E LA DISPONIBILITÀ DEI DATI

Secondo CLUSIT gli attacchi ransomware rappresentano il 67% di tutti i malware. 

Le tecniche di attacco si sono ampiamente evolute e, risultando più aggressive e più mirate, sono diventate una minaccia per i sistemi informatici ospedalieri e per la salute dei pazienti. 

Durante il webinar “I ransomware: le nuove tecniche d’attacco e come difendersi” organizzato da Osservatori Digital Innovation, sono stati commentati gli ultimi dati presentati da CLUSIT - Associazione Italiana per la Sicurezza Informatica, in merito alla diffusione dei ransomware.  

Il primo dato emerso è come, nel 2021, il 79% degli attacchi rilevati abbia avuto un impatto elevato, contro il 50% dell’anno precedente. 

Sono inoltre cambiate anche le modalità con cui i cyber criminali organizzano i loro attacchi: se negli anni precedenti gli hacker colpivano in maniera indifferenziata “multiple targets”, adesso il cyber crime mira a bersagli ben precisi e definiti, studiando accuratamente i target e programmando in ogni dettaglio le loro azioni. 

Secondo il rapporto CLUSIT 2022 sulla sicurezza ICT in Italia, la sanità rappresenta circa il 13% del totale degli obiettivi colpiti. Le strutture sanitarie archiviano ed elaborano quotidianamente un quantitativo considerevole di informazioni molto sensibili sui pazienti. 

Per Ruggero Di Mauro, Key Account Manager di Sham in Italia, “I ransomware rappresentano una tipologia di attacco informatico particolarmente impattante per il settore sanitario. Questo perché possono potenzialmente ledere tutte e tre le macroaree di rischio cyber tipiche della cosiddetta triade della sicurezza informatica, ovvero riservatezza, integrità e disponibilità dei dati”. 

  • Riservatezza: i dati sensibili estorti tramite ransomware di ultima generazione possono essere diffusi sul dark web. 
  • Integrità: i ransomware sono in grado danneggiare l’integrità e la qualità dei dati. 
  • Disponibilità: i ransomware sono in grado di criptare dati e sistemi rendendoli, di fatto, inaccessibili e indisponibili. 

“In questo contesto, le strutture sanitarie, caratterizzate da una forte presenza di dispositivi OT/IOMT/MD spesso corredati da software legacy e quindi non più supportati dagli sviluppatori, possono costituire un bersaglio facile per i cybercriminali.” – conclude Di Mauro – “Diventa quindi sempre più importante adottare un approccio integrato alla gestione del rischio cyber: da un lato investire in attività di formazione e nell’implementazione di tecnologie e servizi in grado di prevenire e mitigare il rischio. Dall’altro, adottare una strategia di trasferimento della componente residuale al mercato assicurativo, stipulando un’adeguata polizza cyber”. 

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ELETTROMEDICALI: QUANTO SONO ESPOSTI AI RISCHI CYBER?

Esistono ancora diversi fattori che minacciano la sicurezza dei device medicali all’interno degli ospedali: la difficoltà da parte della struttura di ‘controllare’ i programmi installati dai produttori è uno di questi.

A parlarne è Pasquale Draicchio, Cyber Risk Manager di Sham in Italia.

Gli elettromedicali sono, ad oggi, sempre più digitali ed interconnessi, archiviando al loro interno un’ingente quantità di dati sensibili che influenzano direttamente la sicurezza informatica delle strutture sanitarie.

Dato il costo elevato di tali apparecchiature, il loro utilizzo viene protratto nel tempo e ciò va a influire sulla loro obsolescenza. In aggiunta, i criteri presi in considerazione per stabilire le soglie di obsolescenza di un’apparecchiatura medica non comprendono la sicurezza informatica, nonostante le attrezzature siano collegate alla rete e, quindi, direttamente esposte a possibili attacchi cyber.

Mentre le normali attrezzature IT possono essere periodicamente aggiornate dalla stessa struttura sanitaria, installando un software di sicurezza se necessario, i software dei device medicali possono essere migliorati e gestiti solo dai produttori.

“Quello che ne scaturisce sono apparecchiature obsolete con enormi vulnerabilità che, collegandosi alla rete senza essere aggiornate con opportuni software di sicurezza, rappresentano una vera e propria minaccia per le strutture sanitarie – riporta Pasquale Draicchio, Cyber Risk Manager di Sham in Italia -. Come se non bastasse, gli elettromedicali sono caratterizzati da propri protocolli di sicurezza specifici e differenziati da produttore a produttore, e ciò crea enorme difficoltà per i reparti IT in quanto gli strumenti di sicurezza di rete, inizialmente implementati per il controllo dei soli dispositivi IT, non sono in grado di identificare correttamente i device medicali e di analizzarne le vulnerabilità: in generale è quasi impossibile installare software esterni; è, quindi, richiesta una continua collaborazione tra i produttori delle attrezzature mediche e la struttura sanitaria che ne usufruisce al fine di contenere possibili rischi cyber attraverso l’attivazione di aggiornamenti. È importante sottolineare che i fornitori stanno progressivamente sviluppando soluzioni adatte a concedere un maggiore controllo delle apparecchiature da parte delle strutture sanitarie. In questo contesto, la cooperazione tra il team di cybersecurity e gli ingegneri clinici è essenziale per mettere in sicurezza gli elettromedicali”.

COME CONTROLLARE L’ATTIVITÀ DEGLI ELETTROMEDICALI? SCOPRILO NELL’ARTICOLO:

UNA SONDA PER LA RETI OSPEDALIERE: COME FUNZIONA CYBERMDX

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IL SALTO QUANTICO DELL’AI GIURIDICA 

Una galassia di progetti presso il LIDER- LAB della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa allena l’intelligenza artificiale ad annotare e interrogare le sentenze per raggiungere la nuova frontiera della predizione giuridica. Il rapporto tra tribunali, assicurazioni, avvocati e cittadini potrebbe cambiare come mai prima d’ora

È un fronte di progetti distinti ma coordinati quello condotto dal Laboratorio Interdisciplinare Diritti e Regole della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa (LIDER-LAB) spiega il Direttore, il Professore di Diritto Privato Comparato Giovanni Comandé:  “Si tratta di progetti paralleli gestiti da equipe multidisciplinari indipendenti che, però, si confrontano e si arricchiscono vicendevolmente”.  

“La Scuola Superiore Sant’Anna segue la sua intuizione originale di allenare i programmi di intelligenza artificiale per annotare autonomamente le sentenze. Le banche dati giuridiche, attualmente, vengono interrogate su parole chiave principalmente, e l’arricchimento semantico è direzionato a tale livello soprattutto. Noi stiamo sviluppando AI capaci di riconoscere le tipologie di frasi – che stabilisce una regola giuridica operazionale per esempio – in modo tale che riconoscano il principio o la regola giuridica in atto al di là del testo legislativo”.   

Come cambierebbe l’analisi giuridica con l’introduzione dell’AI?  

Assisteremo ad un cambiamento radicale, ancora più incisivo dello storico passaggio dalla carta al digitale. Già all’epoca, trent’anni fa, sperimentammo una forte fase di disintermediazione: l’accesso alle fonti e alla dottrina divenne, esponenzialmente, più facile.   

Ma con l’avvento dell’AI nel campo dell’analisi giuridica il cambiamento sarà ancora più profondo perché, per la prima volta, si potrà visualizzare l’evoluzione della giurisprudenza e la sua direzione in tempo reale. Inoltre, si potrà misurare l’impatto dei singoli ‘parametri’, come una particolare forma di danno alla salute (o un fattore metagiuridico) nel dare origine ad un pattern riconoscibile nella giurisprudenza e, quindi, nel cambiamento operazionale della regola effettivamente applicata. Ad esempio, potremmo rilevare che determinate condizioni di partenza portino, la maggior parte delle volte, alla stessa sentenza. Questo aprirebbe le porte al secondo livello del nostro ‘fronte’ – esplorare le potenzialità predittive dell’analisi giuridica – e al terzo: calcolare con quanta probabilità, dati certi parametri iniziali, la sentenza possa orientarsi in un senso piuttosto che in un altro. Metaforicamente, al momento, l’analisi giuridica è monodimensionale. Alla fine di questo processo, sarà multidimensionale. È un salto che possiamo definire “quantico”.   
 

Un salto che può estendersi dall’analisi giuridica alla Giustizia stessa? 

“In minima parte è così, ma non è il cambiamento più significativo. Mi spiego: già la digitalizzazione della dottrina ha cambiato la prassi della ricerca giuridica e, di conseguenza, anche il modo di scrivere le sentenze. L’accesso alle fonti e la possibilità di richiamare la conoscenza giuridica ha allargato l’orizzonte. L’analisi AI-mediata della dottrina stessa porterebbe ad una conoscenza infinitamente più profonda e puntuale, influenzando ulteriormente l’impatto della tecnologia sulla giustizia”.   

“Ma il cambiamento più importante è nel rapporto con la giustizia stessa. I dati annotati e analizzati dalle AI saranno interrogati da magistrati, avvocati, cittadini e assicurazioni con obiettivi e ‘domande’ diverse. Già questa diversità di soggetti porterà alla declinazione di interfacce specializzate.  Intanto, il processo di intermediazione avrà fatto un altro salto in avanti perché, per calcolare la probabilità di ‘vittoria’ in tribunale, la convenienza di una negoziazione o l’opportunità di adire per vie legali, a volte non sarà più necessaria l’intermediazione di un esperto giuridico come un avvocato.  Altre volte, sarà, invece, proprio la presenza di questi strumenti ad avvicinare cliente all’avvocato, giacché, in assenza di questi strumenti, il cliente non avrebbe neppure la consapevolezza di avere bisogno di un esperto legale. Sarà la piattaforma AI di analisi giuridica a dare indicazioni sul potenziale esito di un eventuale giudizio. A queste piattaforme potranno affidarsi – in via ‘predittiva’ – assicurazioni, cittadini e attori della legge”.   
 

“Quando si parla di giudice-robot, perciò, non si deve pensare ad un robot che giudica, ma ad un programma che determinerà, in molti casi, se convenga adire in giudizio o meno; meglio ancora: a strumenti che allargano la conoscenza giuridica e, quindi, espandono un effettivo accesso alla giustizia”.  

Per approfondire:  

https://www.lider-lab.it/

 www.predictivejustice.eu

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IL CASO STUDIO: COME LA COMUNICAZIONE RIDUCE IL RISCHIO SANITARIO

300 professionisti nell’area materno infantile piemontese partecipano alla mappatura a priori: il metodo Cartorisk coinvolge gli operatori in un’azione di miglioramento dal basso che porta il risk management nei singoli processi sanitari.

Tra il 2018 e il 2019, 300 operatori sanitari dei reparti materno infantili della Regione Piemonte sono stati coinvolti in un progetto di mappatura a priori del rischio. 

Il metodo impiegato è Cartorisk: un metodo sviluppato dalla Mutua assicurativa Sham – gruppo Relyens, RiskManager e assicuratore di riferimento per la sanità pubblica italiana in ambito RC Sanitaria. 

Cartorisk prevede di coinvolgere gli operatori responsabili dei singoli processi sanitari e analizzare con loro tutti i passaggi che li compongono. Di ognuno di questi ne vengono considerati i potenziali rischi e l’efficacia delle barriere già in atto per contenerli, stimando gravità e probabilità del rischio residuo. 

Da questa analisi, frutto di 8 mesi di lavoro sul campo e 35 meeting con gli operatori, sono stati analizzati 72 rischi e sviluppate 183 proposte di miglioramento da parte di medici, tecnici e infermieri nei reparti. 

I risultati dell’intera ricerca sono stati pubblicati nell’articolo “L’analisi a priori del rischio sanitario in Regione Piemonte: applicazione del metodo Cartorisk sull’area materno-infantile sulla rivista Mecosan1“. 

“Quello che emerge è il ruolo della comunicazione come strumento di sicurezza su quattro livelli distinti. – spiega Anna Guerrieri, Risk Manager di Sham – gruppo Relyens e autrice del progetto – Il primo è la comunicazione all’interno di equipe e reparti. Solo per fare un esempio, nella letteratura il 70% degli eventi sentinella, ovvero eventi avversi gravi e potenzialmente evitabili, segnalati dalle organizzazioni sanitarie americane tra il 1995 e il 2005 erano associati a un fallimento della comunicazione tra i professionisti coinvolti2”. 

“Il secondo livello della comunicazione è lo scambio tra il Risk Management dell’azienda sanitaria e i singoli professionisti nei reparti. L’impiego di Cartorisk dimostra come gli operatori possano e vogliano essere attivamente coinvolti nel rendere più sicure le cure che erogano quotidianamente. Come diversi esempi dimostrano – da ultimo la best practice della Fondazione Poliambulanza di Brescia3 – la sicurezza e la gestione del rischio non può essere calata dall’alto, ma ha bisogno di una rete di persone che medi l’applicazione dei protocolli in ogni singolo reparto e segnali attivamente al Risk Manager tutte le situazioni da migliorare. Ovviamente, questo può avvenire solo in una atmosfera di fiducia basata sulla cultura “no blame”. Così si può creare davvero un Enterprise Risk Management: una gestione del rischio intrecciata nella trama di qualsiasi attività aziendale”. 

“Esulando dal caso studio, possiamo dire che la stessa fiducia e trasparenza deve esistere nella comunicazione tra persone e struttura sanitaria, soprattutto in caso di eventi avversi o situazioni di tensione. È dalla buona comunicazione con i pazienti e i familiari, dalla cura delle emozioni e delle sensibilità che dipende la riduzione della conflittualità e la prevenzione del contenzioso4”. 

“Infine, è sempre più evidente che l’alfabetizzazione sanitaria (health literacy) è uno strumento a tutto tondo per la prevenzione primaria e l’empowerment del paziente. È grazie all’informazione e alla comprensione che la persona può scegliere consapevolmente e liberamente di contribuire in maniera attiva alla propria salute; sottoponendosi a controlli periodici, abbracciando stili di vita sani e aderendo scrupolosamente ai percorsi terapeutici e farmacologici condivisi con medici e specialisti”. 

“Questi – conclude Guerrieri – sono i quattro livelli in cui la comunicazione può contribuire globalmente alla gestione del rischio e dei sinistri: implementando la sicurezza nei processi, stimolando la partecipazione del personale al miglioramento, rafforzando l’alleanza terapeutica tra assistito e struttura sanitaria nonché l’emancipazione del paziente come soggetto attivo del percorso di cura”.

Note:

1 – L’analisi a priori del rischio sanitario in Regione Piemonte: applicazione del metodo Cartorisk sull’area materno-infantile – Alberto Sardi, Enrico Sorano, Letizia Agostini, Anna Guerrieri, Mirella Angaramo, Franco Ripa. MECOSAN – ISSN 1121-6921, ISSNe 2384-8804, 2020, 114 

2 Op.Cit 

[01/04/2022 17:00] Tommaso Vesentini

3 Riduzione sepsi neonatale, ricoveri covid mirati e risparmio: i risultati dell’enterprise risk management – Santà 360° (link

4 Tavola rotonda al corso: STATI GENERALI DELLA COMUNICAZIONE PER LA SALUTE, organizzato il 4/5 marzo 2022 da FEDERSANITÀ con il patrocinio di ISS, AGENAS, Formez PA, ANCI, Ordine dei Giornalisti, Fondazione Innovazione Sicurezza in Sanità e la collaborazione di PA Social, l’associazione nazionale per la nuova comunicazione.