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Ricostruzione dei sinistri, il valore aggiunto della cogestione tra Sanità piemontese e Assicurazione

Un caso reale di risarcimento sanitario mette in risalto i vantaggi del confronto diretto, anche prima del CVS, che contraddistingue la collaborazione tra le ASL e gruppo Relyens, Risk Manager e assicuratore della sanità regionale piemontese.
Abbiamo intervistato Marta Ravotto, Loss Adjuster e membro dei Comitati Valutazioni Sinistri, per spiegarci cosa è accaduto e in che modo la procedura di ricostruzione sinistri è stata efficace.

Ricostruzione sinistri, il caso del Piemonte

“Ci siamo trovati ad affrontare un sinistro delicato: un caso di gravi lesioni, poi esitato in decesso, su una giovane paziente, che i congiunti imputavano a negligenza nella gestione dell’emergenza e quindi un colpevole ritardo nelle cure. In questo caso l’obiettivo era comporre la vertenza tutelando la dignità professionale dell’Azienda sanitaria e dei medici coinvolti” inizia Ravotto. 

“Il gruppo Relyens è l’assicuratore della sanità regionale piemontese con una polizza RCT/O e il meccanismo del drop down. Per queste ragioni e per la filosofia mutualistica nella quale affonda le sue radici, il gruppo affianca le ASL piemontesi nell’intero processo di gestione dei sinistri superiori a 5mila euro, lavorando quotidianamente a fianco dei diversi professionisti sanitari nei percorsi decisionali legati alla richiesta di risarcimento e, successivamente, alle azioni di miglioramento e mitigazione del rischio che possono nascere dall’analisi degli eventi avversi” spiega. “Nel caso specifico, abbiamo ritenuto opportuno incontrare attorno ad un tavolo i medici legali, gli avvocati e gli incaricati dell’Azienda sanitaria oltre agli stessi medici coinvolti nella richiesta di risarcimento, i quali ci hanno fornito validi spunti di riflessione. È stato proprio da questo confronto in presenza e dalle informazioni scambiate che è nata una proposta transattiva molto favorevole all’azienda che è stata, poi, accettata dai ricorrenti”.

Per un approfondimento su drop down e cogestione dei sinistri, leggi l’intervista a Fabrizio Ferrando, Direttore SC Processi Amministrativi Generali e di Approvvigionamento.

I vantaggi della cogestione in caso di sinistro 

Le procedure di cogestione portano innegabili vantaggi nei casi in cui vanno ricostruite le dinamiche di un caso di sinistro: la comunicazione tra le parti diventa fondamentale per chiarire la successione degli eventi, il loro sviluppo e la loro successione. 

“Il primo vantaggio è la ricostruzione del contesto nel quale il danno si è verificato” dice Ravotto. “L’incontro e lo scambio personale permettono di delineare gli elementi tangibili e intangibili che influiscono sul sinistro ma non compaiono in cartella clinica. Per esempio: come reagivano il paziente o i familiari alle comunicazioni dei sanitari; se c’erano emergenze in atto che richiedevano l’attenzione dei terapeuti o se medici o infermieri erano eccezionalmente stanchi o provati per qualche ragione. In questo processo di ricostruzione è particolarmente importante il rapporto con i medici legali interni alla struttura assicurata che conoscono la realtà e possono contribuire ad arricchire l’analisi delle loro colleghi chiamati come consulenti esterni” sottolinea Ravotto.  

“Il secondo vantaggio è che questa conoscenza dettagliata permette all’assicuratore di mantenere un punto di vista distaccato, arricchendolo, però, con la comprensione delle dinamiche e delle eventuali criticità e punti deboli della struttura partner. Una conoscenza che non solo informa utilmente la strategia di gestione del singolo sinistro ma è anche, non di rado, un’occasione per suggerire percorsi di miglioramento che mirano a ridurre il rischio che l’evento avverso si ripeta” commenta Ravotto. 

“L’abitudine all’incontro e allo scambio di informazioni crea, inoltre, prassi virtuose come abbiamo visto instaurarsi in occasione dei claim legati alle infezioni nosocomiali. La richiesta da parte dell’assicuratore di informazioni dettagliate – le uniche forme documentali che possono alleggerire la posizione dell’ASL in giudizio – ha spinto le strutture sanitarie a raccogliere tali informazioni in anticipo e con crescente frequenza e dettaglio. 

“Le occasioni di confronto permetto una progressiva ‘disseminazione’ di saperi e competenze tra Asl e gruppo Relyens: alle competenze tipiche di un’assicurazione nella gestione sinistri, negli orientamenti giurisprudenziali e nella casistica medico-legale, si integrano la focalizzazione dei nostri risk manager sulla prevenzione e gestione del rischio, e la comprensione dei professionisti sanitari per le dinamiche di reparto e la realtà sul campo. I Loss adjuster come me sono al centro di questo scambio, operando con le loro competenze di gestione e mediando lo scambio multidisciplinare tra le altre professionalità” chiarisce Ravotto.

“Infine” conclude “vorrei sottolineare un quinto valore aggiunto della cogestione dei sinistri in Piemonte: l’incontro con i medici coinvolti nella richiesta di risarcimento. La Regione permette, infatti, ai sanitari che ne facciano richiesta di partecipare ai Comitati sovra zonali di Valutazione Sinistri e questo confronto porta, spesso, conoscenze utili a completare la ricostruzione del sinistro. Talvolta, l’incontro avviene addirittura prima del CVS e sono queste, sulla base della mia esperienza, le occasioni più fruttuose perché permettono di raccogliere le informazioni in anticipo e integrarle tempestivamente nella proposta che verrà presentata, già definita, al Comitato”.

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L’Ospedale Valduce e il progetto formativo sul Risk Management 

L’Ospedale Valduce, il 27 giugno, ha ricevuto il Premio nazionale eccellenza Formazione all’interno del concorso promosso da Associazione Italiana Formatori, riportando una Menzione Giuria nella categoria Organizzazione Risorse Umane per “interdisciplinarietà in Sanità”.

Il progetto, nato per iniziativa del Servizio Risk Management, aveva come obiettivo il miglioramento e consolidamento della cultura aziendale in tema di eventi avversi e loro gestione, avvicinando la componente sanitaria e quella amministrativa dell’ospedale. 

La Congregazione e la Direzione hanno mostrato entusiasmo e sostegno, convinti della necessità di favorire l’aumento della collaborazione e il lavoro di squadra, attraverso il rafforzamento della sicurezza, della prevenzione e della reattività anche in casi difficili.

Il progetto formativo sul risk management

“Volevamo creare un momento di confronto e insegnamento che superasse la logica della lezione frontale” raccontano il Vice Direttore Sanitario dott. Nunzio Castiglione e la Risk Manager dott.ssa Alessandra Orzella, spiegando come il corso formativo, della durata di4 ore, consistesse in una vera e propria rappresentazione teatrale della gestione dei sinistri ed eventi critici. 

“La nostra metodologia prevedeva di partire da un canovaccio che raccontasse l’antefatto. Ci siamo ispirati a casi italiani realmente accaduti che potessero effettivamente incontrare l’interesse dell’auditorio con situazioni che vivono quotidianamente” spiega la dott.ssa Orzella. 

Uno sguardo innovativo e coinvolgente sul modello organizzativo aziendale, che ha approfondito l’iter del sinistro (a gestione diretta, stragiudiziale, civile e penale) e le strutture gestionali aziendali.

In particolare, le figure del Comitato Valutazione Sinistri sono state dirette protagoniste dell’evento formativo: Coordinatore Risk Manager, Direzione Amministrativa e Sanitaria, Medico Legale, Broker, Loss Adjuster, Avvocati, Compagnia Assicurativa.  

Una grande attenzione è stata dedicata alla trasmissione dell’importanza del ruolo del personale sanitario, secondo le due direttrici di consapevolezza di contesti/situazioni e di appropriatezza dell’agire, per favorire cambiamento e sviluppo organizzativo, cultura della sicurezza e lavoro di squadra.

Dibattito formativo recitato: il risk management diventa interattivo

Dinamiche gestionali, punti di forza e debolezza per rendere i partecipanti più consapevoli di strumenti ed elementi di prevenzione/protezione: assistendo al dibattito “recitato” sono state trasmesse tutte le informazioni fondamentali, nell’ottica di creare una sinergia tra le diverse figure e funzioni presenti all’interno dell’Ospedale. 

“La difficoltà di linguaggio e di comunicazione può essere superata attraverso degli strumenti che avvicinano, quindi le storie, e per questo abbiamo pensato al teatro”, ha spiegato la dott.ssa Orzella.

Da non sottovalutare all’interno del flusso di Risk Management è anche la componente psicologica: “L’intento degli operatori sanitari quando operano è di fare del bene, cioè di non nuocere, – specifica il la dott.ssa Orzella – quindi nel momento in cui avviene un sinistro vi è anche un problema di colpevolezza, di vergogna, di inadeguatezza, di cui tener conto per una corretta gestione del caso. 

“Abbiamo quindi lavorato sull’adeguatezza e sull’appropriatezza, al fine di far comprendere che c’è una squadra che lavora per gestire i sinistri e che tutti ne fanno parte, anzi il personale sanitario ne è parte determinante, alla luce del sapere tecnico” che lo connota, conclude il vicedirettore dott. Castiglione.

Sinergia e trasversalità nella gestione del rischio  

Lavorare insieme a teatro come nella vita quotidiana in corsia: l’intento del progetto formativo è stato anche quello di avvicinare figure diverse, promuovendo un “Gioco di squadra” che abbia un traguardo comune, ovvero quello della riduzione del rischio clinico, della corretta gestione e della sua risoluzione in termini di equità e giustizia. 

Un sentimento di partecipazione che non si è fermato solo alle ore di formazione: “Il ritiro del premio ci ha resi orgogliosi per il fattivo coinvolgimento e l’entusiasmo delle varie figure professionali coinvolte, anche esterne alla struttura” ha confermato il dott. Castiglione

La collaborazione tra broker, azienda e assicurato

Anche le componenti esterne del progetto hanno riportato feedback estremamente positivi

“Il broker che ha partecipato ha veicolato subito l’informazione al gruppo Relyens, che ha accolto con piacere il fatto di partecipare all’iniziativa con il coinvolgimento della Claims Adjuster dell’Ospedale Valduce, la dott.ssa Giorgiana Valentino e del Key Account Manager dott. Matteo Cavallo. 

È stato molto impegnativo, soprattutto per i docenti che hanno dedicato il loro tempo, ma tutti sono stati molto presenti e a disposizione, formando un grandissimo lavoro di squadra” conferma la Risk Manager dott.ssa Orzella.  

“Abbiamo aderito con entusiasmo e favorevolmente all’iniziativa perché abbiamo innanzitutto creduto nel suo valore formativo e di intercettazione di un bisogno reale del settore di crescita della cultura del rischio di cui la gestione del sinistro è solo un elemento – ha spiegato il Key Account Manager Relyens dott. Matteo Cavallo – ma anche perché questa modalità innovativa si sposa perfettamente con la visione mutualistica del gruppo Relyens, in cui il contratto assicurativo è solo uno degli aspetti della partnership che auspichiamo sempre di stabilire con i nostri assicurati”. Mettere in connessione, infatti, tutti gli attori coinvolti nella gestione di un sinistro favorisce quel criterio di prossimità e di alleanza che favorisce un’azione condivisa.

“La presenza di broker e assicuratore in sinergia – aggiunge Orzella – è stata fondamentale non solo dal punto di vista della docenza, ma anche perché rispetto ad altre figure come, ad esempio, gli avvocati sono forse le persone meno conosciute e di cui spesso si ha un’idea vaga; sapere come funzioni il contratto di assicurazione e cosa rappresenti è stato importante anche per gli operatori sanitari” 


“Lavorare in maniera unitaria rappresenta un vantaggio e consente di capire punti di criticità e di forza. Il dialogo continuo rende possibile arrivare a posizioni condivise e che rafforzino l’ente” ha concluso il Vicedirettore Sanitario dott. Castiglione.  

Proprio l’approccio improntato su sinergia e collaborazione è ciò che, con le parole del dottor Cavallo “Contraddistingue Relyens sul mercato di riferimento”. “La struttura dell’Ospedale del Valduce– ha concluso Cavallo – ne è una delle prove: La collaborazione è scaturita dal contratto assicurativo e si è basata sull’interazione quotidiana, con l’incontro e la collaborazione di tutti i professionisti, sia dell’Ospedale che del broker, coinvolti nella gestione; questa sinergia si è evoluta in un progetto, come quello della formazione, che ci ha coinvolto: siamo orgogliosi di aver potuto contribuire al successo dell’iniziativa”.

 

BUONA PRATICHE SULLA SICUREZZA IN SANITÀ

L’ARNAS Catania sviluppa un modello di edilizia ospedaliera che punta su sicurezza e compartimentazione dei percorsi assistenziali.

Abbiamo intervistato il Dottor Fabrizio De Nicola, Direttore Generale ARNAS Catania.

ARNAS e Relyens hanno già avuto modo di incontrarsi nel corso del Concorso di Risk Management organizzato dal Gruppo, volto a condividere le best practice del settore. Questa intervista rappresenta un ulteriore passo avanti nella missione di dare voce ai vari attori dell’ecosistema sanitario, affinché possano condividere le proprie esperienze e le loro soluzioni innovative con l’obiettivo di far conoscere a livello nazionale le buone pratiche sulla sicurezza della sanità italiana.

“La nostra azienda ospedaliera si sta distinguendo per la sua attenzione alle emergenze sanitarie e alla sicurezza dei pazienti. La nuova struttura inaugurata il 20 marzo 2023, realizzata in poco più di tre anni, si estende su 6500 mq suddivisi su quattro piani.

Oltre ad essere l’unico pronto soccorso al centro di Catania, questa struttura è caratterizzata dalla sua attenzione alla sicurezza e alla prevenzione delle infezioni, grazie anche alla creazione di un percorso separato per le patologie infettive, con un pronto soccorso infettivologico, una sala operatoria, una sala radiologica dedicata e alla divisione delle attività nei piani della struttura secondo livelli di gravità e prestazione” spiega il Dottor De Nicola. 

Il nuovo presidio ospedaliero ARNAS Garibaldi-Centro prevede un percorso separato e autonomo per il paziente con patologie infettive garantendo pertanto maggiore sicurezza sia per i pazienti che per gli operatori sanitari. 

La seconda struttura ospedaliera ARNAS, il presidio Garibaldi-Nesima si caratterizza per un dipartimento materno infantile tra i più importanti della Sicilia, per la mission oncologica, sia clinica che chirurgia, e per le chirurgie di alta specializzazione. 

Inoltre, l’azienda è dotata di hospice sia per adulti che per bambini, dimostrando un’attenzione particolare per l’accoglienza di ogni tipo di paziente, anche quelli nella fase terminale. 

“La prima buona pratica – prosegue De Nicola – è quella di costruire percorsi completi e verticali focalizzati su un ambito specialistico. Durante la pandemia COVID-19, abbiamo concentrato gli sforzi su aree separate all’interno dell’ospedale Garibaldi centro, ricavando fino a 200 posti letto destinati all’emergenza sanitaria. Una lezione preziosa, affinché questa separazione degli spazi ospedalieri aumenti la sicurezza di pazienti e operatori sanitari”. 

“Una seconda buona pratica è stata la progettazione delle nuove strutture in relazione al territorio nel quale erano calate. Per garantire una maggiore sicurezza, l’ospedale è stato progettato con criteri antisismici all’avanguardia, in quanto Catania rientra tra le città a rischio sismico”.  

Questa panoramica offre un esempio di una evoluzione: dalla gestione del rischio clinico alla gestione del rischio sanitario che include tutte le dimensioni della sicurezza: quella infrastrutturale, l’antibiotico resistenza, il controllo degli impianti ospedalieri, l’aggiornamento di attrezzature obsolete e datate.  

“Una gestione del rischio globale – conclude De Nicola – si costruisce attraverso il coinvolgimento e la formazione del personale sanitario; il nuovo modello di sicurezza a 360° è premiato, nei numeri semestrali, in una costante riduzione degli eventi avversi. Sebbene non sia possibile eliminare completamente il rischio, possiamo almeno ridurlo attraverso misure preventive che abbracciano i diversi ambiti nei quali si manifesta”. 

IPOTERMIA ACCIDENTALE: LA BUONA PRATICA SIAARTI  

L’ipotermia colpisce la maggior parte dei pazienti sottoposti a interventi chirurgici, ma l’80% delle strutture italiane non ha un protocollo per misurarla, aumentando il rischio di complicanze, infezioni e degenze prolungate. 

L’ipotermia colpisce tra il 50%-90% dei pazienti sottoposti a interventi chirurgici e contribuisce ad aumentare l’incidenza di complicanze che gravano sui costi della sanità oltre che sul benessere dei pazienti*.  

“È un evento sia comune che prevenibile. Secondo il Survey SIAARTI** “Chirurgia senza Brivido e Normo Days (2017 – 2021) nell’80% degli ospedali non è presente un protocollo specifico per la prevenzione dell’ipotermia e il monitoraggio perioperatorio dei pazienti. Solo nel 54% dei casi, infatti, viene rilevato il monitoraggio della temperatura corporea centrale; La fotografia mostra un paese in cui nel 71% delle strutture la temperatura corporea, prima dell’ingresso in sala operatoria, viene misurata raramente o mai***”. 

Giansaverio Friolo, Risk Manager di Relyens, ha partecipato in qualità di membro del gruppo di studio sulla sicurezza delle cure della SIAARTI al Congresso sulle linee guida, buone pratiche cliniche e sicurezza – organizzato dalla medesima nelle giornate del 3 e 4 marzo a Venezia. 

L’attività congressuale è stata svolta grazie all’invito e al supporto della professoressa Roberta Monzani (board SIAARTI e Humanitas University) e alla professoressa Daniela Alampi (responsabile gruppo di studio sicurezza dei pazienti della SIAARTI), con cui sono state condivise tutte le attività. 

“Influendo sul metabolismo dei farmaci – riprende Friolo – l’ipotermia perioperatoria è associata a un recupero prolungato dall’anestesia, inclusa la necessità di prolungare la degenza sia nell’unità di cura post-anestesia (stanza di risveglio) che in corsia con conseguente aumento dell’uso delle risorse sanitarie e dei costi e rischi associati. L’ipotermia lieve interessa, infatti, la maggior parte degli interventi e il rischio di infezione, degenza prolungata e complicanze (in particolare cardiache) aumenta all’aumentare della complessità dell’intervento e dalla durata dell’ipotermia”. 

Come riferimento per la durata della degenza ospedaliera, la linea guida NICE ha considerato 0,25 giorni per interventi minori, 1 giorno per interventi intermedi e 4 giorni per interventi maggiori, con un aumento stimato del 19% in totale****. 

Per offrire uno strumento pratico ed efficace che inserisca il controllo della temperatura tra le attività fisse in sala operatoria SIAARTI ha prodotto una linea guida applicabile in tutte le sale operatorie che definisca i passaggi e i diversi ruoli e parametri dei quali tenere conto. VEDI LINEA GUIDA 

“Un errore comune – argomenta Friolo – è, infatti, pensare che la sola causa dell’ipotermia accidentale sia il freddo della sala operatoria, e che con l’aumento della temperatura dell’ambiente, l’ipotermia non si verifichi. Anche se la temperatura dell’ambiente gioca un ruolo importante è l’anestesia che interpreta quello principale, in quanto altera la termoregolazione del paziente. Gli agenti anestetici compromettono infatti la capacità del corpo di controllare e conservare il calore inibendo la vasocostrizione e i brividi”. 

“La sanità italiana – conclude il risk manager Relyens – sta vivendo un momento di grande difficoltà, con una carenza di organico così pronunciata da mettere in forse il mantenimento di standard considerati acquisiti da anni. In quest’ottica cresce l’importanza di linee guida ben fatte e facilmente applicabili che aiutino a massimizzare l’efficacia delle risorse a disposizione 

* Survey, Siaarti “Chirurgia senza Brivido e Normo Days (2017 – 2021)” 

** Società Italiana di Anestesia, analgesia, Rianimazione e Terapia Intensiva 

*** La situazione non è diversa all’estero. Un’indagine condotta su 8.083 interventi chirurgici ha rilevato che la temperatura del paziente era monitorata nel 19,4% degli interventi e il 38,5% dei pazienti era stato riscaldato attivamente, principalmente attraverso sistemi ad aria forzata: “Protocol Implementation for Normothermia in Surgery Settings in Italy: Budget-Impact Analysis”,pubblicato sulla rivista “Risk Management and Healthcare Policy” 

****“Protocol Implementation for Normothermia in Surgery Settings in Italy: Budget-Impact Analysis”,pubblicato sul journal “Risk Management and Healthcare Policy” 

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LA CONCILIAZIONE IN SANITÀ: IL NUOVO ORIZZONTE LEGISLATIVO

La legge delega sulla riforma del processo civile offre nuove prospettive per la risoluzione stragiudiziale delle controversie in sanità, in particolare per la c.d. ‘paura della firma’ da parte dei funzionari pubblici chiamati a transigere. L’appuntamento al Centro Congressi Fondazione Cariplo, organizzato da Relyens, ha riunito alcuni tra i principali esperti in materia di Alternative Dispute Resolution, responsabilità amministrativa-contabile e gestione dei sinistri. La mediazione – dicono – è raramente impiegata, ma può avere un impatto fortemente positivo sull’efficienza della pubblica amministrazione e sulla diffusione di una nuova cultura di fiducia tra cittadini, sanitari e istituzioni. 

La soluzione alle criticità della giustizia civile prevista dal PNRR è affidata prioritariamente al potenziamento degli strumenti di definizione delle liti alternativi alla sentenza, le cosiddette ADR (Alternative Dispute Resolution). 

“Una progressiva applicazione di tali istituti può avere un impatto fortemente positivo sull’efficienza della pubblica amministrazione e su una nuova cultura di fiducia tra cittadini e istituzioni – spiega Roberto Ravinale, Direttore esecutivo di Relyens – In particolare in ambito sanitario”. 

A questo orizzonte è stato dedicato l’incontro “Gli strumenti complementari della risoluzione delle controversie” ospitato presso il Centro Congressi della Fondazione Cariplo a Milano e organizzato da Relyens, in qualità di Risk Manager e assicuratore della sanità italiana ed europea, in collaborazione con l’Avvocato Ernesto Macrì

Tra gli esperti presenti, in ordine di intervento: Paola Moreschini, Vicepresidente dell’Osservatorio sui conflitti e sulla conciliazione; Arturo Iadecola, Vice Procuratore generale presso la Corte dei conti; Tiziana Frittelli, Direttore generale dell’AO San Giovanni Addolorata e Presidente nazionale di Federsanità; Maria Gagliardi, Professoressa associata di Diritto Privato presso la Scuola Universitaria Superiore Sant’Anna di Pisa (Istituto Dirpolis, Lider-lab).  

Di seguito la sintesi dei loro interventi. 

Paola Moreschini: “La riforma Cartabia introduce una grande innovazione perché ridisegna la mappa della giurisdizione, ovvero, l’accesso alla giustizia. La giustizia, in questa nuova visione, è considerata come un bene comune che, come tale, non va sprecato. Non si devono consumare energie del sistema giudiziario ponendo delle domande che possono ricevere risposta altrove. Queste risposte si possono dare attraverso le Alternative Dispute Resolution. Il loro impiego è ancora molto circoscritto nell’ambito della responsabilità civile sanitaria, ma il loro potenziale è molto più ampio. Richiedono infatti – e promuovono nello stesso tempo – una consapevolezza nuova: che viviamo in un sistema composito nel quale il processo è solo una parte, non esclusiva e non vincolante. Esistono forme alternative di risoluzione delle controversie che hanno vita propria: non sono ancillari al processo ma sono il fondamento di una giustizia partecipativa e consultiva nella quale le parti contrapposte hanno la capacità di esercitare – con strumenti e risorse dedicati – la facoltà di comporre le vertenze in maniera attiva e al di fuori del tribunale. Questa possibilità può avere un grande impatto in ambito sanitario dove una parte consistente delle richieste di risarcimento potrebbe, in futuro, essere risolta tramite transazione con benefici su diversi livelli per tutti gli attori e le istituzioni coinvolti”. 

Arturo Iadecola: “Quella di transigere è una scelta di gestione sanitaria fondata sulla convinzione che la transazione convenga alla sanità pubblica rispetto all’esito atteso del processo. Il principale ostacolo alla diffusione di questo strumento è la paura da parte del funzionario pubblico di essere chiamato a rispondere di danni erariali presso la Corte dei conti.  Ma quanto è fondata questa paura? La legge-delega per la riforma del processo civile prevede che il decreto legislativo che modificherà le procedure di mediazione e la negoziazione assistita dovrà rispettare, tra l’altro, il principio secondo il quale per i rappresentanti delle pubbliche amministrazioni – incluse quelle del Servizio Sanitario Nazionale – la conciliazione nel procedimento  di  mediazione ovvero in sede giudiziale non dà luogo a responsabilità contabile (rectius, amministrativa), salvo il caso in cui sussista dolo o colpa grave, “consistente nella negligenza inescusabile derivante dalla grave violazione della legge o dal travisamento dei fatti”. Qualsiasi forma di risarcimento con soldi pubblici rappresenta un danno erariale, ma la Corte si muoverà esclusivamente per perseguire la responsabilità amministrativa dei funzionari o dirigenti pubblici solo nel caso manchi da parte loro una valutazione ragionevole sull’opportunità e la convenienza della transazione stessa. Il legislatore ha espressamente riconosciuto la difficoltà nella quale si trovano i funzionari che si assumono la responsabilità di firmare la transazione e ha predisposto margini di tutela, circoscrivendo l’intervento della Corte ai soli casi di colpa grave. È bene, pertanto, specificare che, in questi casi, la c.d. “paura della firma” e il timore di una possibile azione da parte della Corte dei conti sono infondati. La Corte molto probabilmente porrà sotto scrutinio le transazioni autorizzate, ma procederà solo ed esclusivamente nel caso in cui il funzionario non possa dimostrare di aver valutato in maniera adeguata la convenienza della transazione attraverso un confronto con il Comitato Valutazioni Sinistri, di aver richiesto pareri legali e medico-legali, e di avere, infine, fatto una scelta ragionevole sulla base delle informazioni in suo possesso al momento della decisione. A disposizione dei funzionari ci sono molti strumenti che permettono di dimostrare agevolmente la validità del loro percorso di scelta; la negligenza o l’omissione da parte loro dovrà essere davvero ‘inescusabile’ per poter configurare la colpa grave”.  

Tiziana Frittelli “Secondo i dati Ocse il costo del contenzioso sanitario in Italia supera anche di 5/6 volte quello degli altri Paesi europei e le imposte sui premi assicurativi superano il 20%. Le aziende sanitarie e Federsanità sostengono l’introduzione di misure alternative per conciliare le controversie, mentre tra i sanitari esistono forti resistenze alla transazione perché questa viene considerata come un’ammissione di colpa. La mediazione, invece, è una tutela per tutti.  È, prima di tutto, una necessità economica essenziale perché ogni euro speso nei risarcimenti è un euro sottratto alle cure: transigere permette di risparmiarne moltissimo. Ma la mediazione è anche un elemento di civiltà: uno strumento per abbattere l’altissimo livello di litigiosità e sfiducia che vede contrapporsi cittadini e istituzioni e del quale il gravissimo fenomeno delle aggressioni è una conseguenza diretta. È evidente che la transazione deve essere conveniente per i conti pubblici e, per far sì che lo sia, è necessario che le aziende sanitarie investano in professionalità e competenze anche esterne capaci di fornire valutazioni oggettive e professionali sulle quali basare la decisione di conciliare”.  

Maria Gagliardi “Questa componente multidisciplinare e tecnico-scientifica è uno degli elementi caratterizzanti dell’ambito della responsabilità sanitaria. Per questo il percorso della mediazione - che richiede esperti legali e medico-legali – offre un’ulteriore occasione di approfondimento e di confronto tra le parti chiamate a definire, prima ancora degli aspetti patrimoniali, i confini, la natura e le relazioni causali dell’evento in discussione. Questa convergenza di professioni risulta, inoltre, di grande importanza anche nel trasferire le informazioni tratte dalla gestione dei sinistri agli interventi di mitigazione e prevenzione del rischio. Per tutte le ragioni sopra elencate appare evidente negli ultimi interventi normativi la volontà chiara del legislatore di favorire la partecipazione di tutte le parti coinvolte - anche le assicurazioni – nel processo di mediazione”.  

“La gestione dei sinistri e della responsabilità - conclude Ravinale – impatta, infatti, l’intero ecosistema della salute. Diffondere consapevolezza e formazione in questo crocevia tra sanità e giurisprudenza contribuisce alla cultura della sicurezza. Tutte le parti coinvolte traggono beneficio da una gestione del contenzioso efficace e non conflittuale: pazienti, operatori e istituzioni”.  

LESIONI DA POSIZIONAMENTO: COME IL SISTEMA A.P.P. HA INFLUITO SULLA LORO DIMINUZIONE

Il posizionamento del paziente sul lettino operatorio è un’azione fondamentale per la buona riuscita dell’intervento ma anche per la sicurezza dell’operando stesso. 

La Dottoressa Margherita Bianchi, Dirigente Medico Responsabile del Governo Clinico, Qualità Appropriatezza, Rischio Clinico dell’ASL VCO, ci spiega come, grazie all’utilizzo del Sistema A.P.P. (Applicazioni per il posizionamento in Sala Operatoria), siano riusciti a diminuire l’incidenza delle lesioni dell’apparato tegumentario e non solo. 

Qual è il contesto dal quale siete partiti?

L’ASL VCO dal 2004, ha un’unità di gestione del rischio clinico all’interno della quale vengono discusse anche le attività correlate alla qualità e all’appropriatezza dei processi organizzativi-gestionali e clinico-assistenziali. In quell’ambito, in quanto responsabile del governo clinico, oltre all’elaborazione di percorsi e procedure operative, mi occupo della raccolta, verifica e valutazione delle segnalazioni correlate agli eventi potenzialmente/avversi nonché agli eventi sentinella (Incident Reporting). 

In seguito a segnalazioni e successive indagini (Root Cause Analysis) effettuate sulla base del Manuale per la Sicurezza in Sala Operatoria e l’analisi proattiva secondo il metodo Cartorisk di Sham – gruppo Relyens, sono emersi degli elementi che ci hanno indotto a procedere con azioni di miglioramento, attraverso l’acquisizione di uno strumento digitale che consentisse al Personale di Sala Operatoria di gestire con maggior sicurezza e appropriatezza il posizionamento sul lettino operatorio dei pazienti canditati ad intervento chirurgico

Quali azioni di miglioramento sono state intraprese? 

Nell’ambito della gestione del paziente sul lettino operatorio ho potuto fare una ricerca sul mercato per capire se ci fossero dei dispositivi utili alla cura del paziente con queste problematiche. Mi sono così imbattuta nel Sistema A.P.P. (Applicazioni Posizionamento Paziente).

Si tratta di una semplicissima app, un DM Classe I, sviluppato da una Start Up con lo scopo di affiancare i professionisti durante la procedura di posizionamento del paziente sul tavolo operatorio e di valutazione del rischio di lesione perioperatoria avvalendosi della “Scala Munro”, uno strumento specifico e validato che si affianca alle procedure cartacee presenti in ASL VCO. 

Il sistema APP, utilizzabile sia mediante dispositivi mobili che PC desktop, attraverso immagini tridimensionali presenta come posizionare il paziente sul tavolo operatorio in relazione al tipo di intervento a cui verrà sottoposto. Grazie all’applicazione si riduce il tempo di preparazione del tavolo operatorio, del posizionamento del paziente e dei devices da utilizzare secondo modelli predefiniti validati dal team chirurgico. 

L’APP, di semplice utilizzo e di costo contenuto, è stata acquisita in seguito ad un processo di HTA e all’affiancamento e alla formazione degli operatori del Blocco Operatorio dell’Ospedale San Biagio di Domodossola.

Contestualmente al dispositivo, è stata revisionata la CL per la sicurezza in Sala Operatoria integrandola con ulteriori item come previsto dalle azioni di miglioramento dell’RCA e della FMEA. 

Quali sono i rischi connessi al posizionamento in sala operatoria?

Tutte le posizioni chirurgiche adottate nell’intraoperatorio presentano dei rischi per complicanze anche severe, in quanto il paziente, essendo sottoposto ad anestesia per un tempo prolungato, non è in grado di comunicare all’équipe disturbi, malesseri o dolori connessi al posizionamento. 

Le principali complicanze del posizionamento sul letto operatorio sono a carico dei nervi, della cute, del sistema cardiocircolatorio e del sistema respiratorio. Le lesioni a carico della cute e degli strati sottostanti sono le più frequenti e variano dall’eritema alla perdita tessutale a tutto spessore.

Queste lesioni sono considerate un indicatore della qualità dell’assistenza e sono associate ad un aumento del dolore, delle comorbilità del paziente e della mortalità.

Per evitare che ciò accada è quindi necessaria una conoscenza dettagliata della posizione che il paziente deve mantenere nelle singole fasi del singolo intervento chirurgico.

Il sistema A.P.P. ci consente di vedere in una dimensione 3d qual è la posizione più corretta risalendo ai dati di posizionamento e definendo quale posizione e quali specialità sono più soggette a una lesione da malposizionamento.

Quali sono stati i Dipartimenti e le competenze coinvolte nell’inserimento del dispositivo?

È stata valutata in prima istanza da un gruppo di lavoro specialistico da me coordinato, per poi essere esaminata dall’ingegneria clinica, dal dipartimento chirurgico e infine dalla direzione generale. 

Prima di tutto abbiamo fatto degli incontri in aula per valutare il dispositivo dal punto di vista tecnico, per poi passare a condividere lo strumento, tramite percorsi di informazione e di formazione, con i professionisti dei blocchi operatori, in particolare con coordinatori e responsabili del dipartimento di chirurgia e delle sale operatorie. Quando infine è stata valutata la sua idoneità e la sua risposta positiva alle problematiche che volevamo risolvere, è stato attivato un sistema di formazione per gli operatori dei blocchi in sala operatoria e siamo poi partiti con una prima fase sperimentale. 

Questo dispositivo al momento viene utilizzato per la Chirurgia Urologica, Ginecologica, per la Chirurgia Generale e per la Chirurgia Ortopedica

Quali sono stati i primi risultati dell’applicazione?

Nella fase sperimentale è stato condotto, tra il 7 marzo e l’8 settembre 2022, uno studio osservazionale retrospettivo sull’utilizzo del dispositivo digitale. L’indagine monocentrica, effettuata nell’ospedale San Biagio di Domodossola, ha compreso un campione di 143 pazienti adulti sottoposti ad intervento chirurgico con una durata superiore alle 2 ore, nelle specialità di Chirurgia Generale, Ortopedia, Urologia e Ginecologia.

Dalla comparazione effettuata rispetto ad un campione analogo del 2021 è risultato che il numero di lesioni (prevalentemente tegumentarie) rilevate nell’anno 2022 è stato inferiore di circa il 6% (passando dal 16% al 10%). Grazie al sistema A.P.P. è stato possibile risalire ai dati di posizionamento, definendo quale posizione e quali specialità sono più soggette ad una lesione da malposizionamento, oltreché le zone anatomiche più colpite, correlandole con la posizione e la tipologia di intervento. La raccolta e la valutazione dettagliata dei dati permette ai professionisti di adottare ulteriori strategie preventive per diminuire il rischio di lesione del paziente sottoposto ad intervento chirurgico.

È una pratica che può essere adottata da altre ASL?

Trattandosi di un dispositivo estremamente pratico e relativamente semplice, può essere acquisito senza particolari rischi e problematiche. Ovviamente richiede una formazione preliminare ma questa è insita in tutti i progetti di miglioramento che prevedono l’introduzione di una nuova modalità di gestione, che sia organizzativa, gestionale o come in questo caso legata ad un dispositivo. Credo che la sua adozione sia così auspicabile proprio perché ci consente di incrociare tutto il percorso del paziente, dall’ingresso alla dimissione, per poi rintracciare i dati che ci servono per fare valutazioni di merito che possono interessare sia coloro che si occupano di gestione strategica, sia all’operatore stesso che ha un feedback sull’efficacia della posizione del paziente sul lettino. 

Qual è l’elemento più importante da tenere in considerazione per l’adozione di un dispositivo come questo? 

In questi contesti la chiave di volta è la collaborazione rapida e operativa tra direzione strategica, tecnostruttura e clinici perché è fondamentale che ci sia una condivisione da parte dell’azienda su più livelli, non solo con gli operatori che lo utilizzeranno ma anche con coloro che poi dovranno gestire il dispositivo garantendone determinati criteri di sicurezza e di efficacia.

DATA-DRIVEN INSURANCE: LA SICUREZZA IN SANITÁ COMINCIA DA QUI

Affiancare gli assicurati nel processo di trasformazione dei big data in strumenti di decision-making e mitigazione del rischio, superando il gap di competenze e le criticità di una digitalizzazione accelerata dalla pandemia: questo il nuovo ruolo al quale ambiscono le compagnie assicurative.

Sulle molteplici potenzialità dei dati raccolti, la domanda già da tempo non è più dove trovare le informazioni, bensì come utilizzarle affinché garantiscano insight corretti, coerenti e realmente utili. Come si inseriscono i player assicurativi in questo contesto? Lo chiediamo a Giuseppe Carchedi, Group Operations and Analytics Manager di Relyens, mutua leader nell’ambito dell’Rc sanitaria e del clinical risk management. 

L’integrazione e l’accessibilità di tutti i dati, frammentati in applicazioni settoriali e basi dati proprietarie, rappresentano una priorità per le strutture sanitarie per poter gestire il rischio clinico e consolidare il proprio patrimonio informativo. In concreto però, in che modo i dati a disposizione della compagnia assicurativa diventano strumento di gestione del rischio? 

Una gestione integrata dei dati può innescare un ciclo virtuoso: grazie alle informazioni raccolte dal claims management, è possibile identificare le maggiori aree di criticità, promuovere azioni correttive, limitare l’incidenza degli eventi avversi e, di conseguenza, ridurre il costo totale del rischio sanitario, sia in termini di sinistrosità, sia in termini di spesa per la copertura assicurativa. Il tutto contribuendo al miglioramento dei servizi e delle cure erogati dalle strutture.
La disponibilità di big data e di modelli avanzati di data analytics non è, però, di per sé sufficiente a raggiungere questi traguardi. 

Continua a leggere la versione integrale dell’articolo sul nuovo numero di Insurance Review:

http://cdn-insurancereview.procne.it/PDF/2022/PDF_Review_98.pdf

I VANTAGGI CONCRETI DELLA IA E DELLA DATA ANALYSIS PER LA GESTIONE SINISTRI  IN SANITÀ 

Automazione del data entry; efficienza nei processi; analisi ed elaborazioni dei trend di lungo corso: questo l’orizzonte per studiare l’applicazione dell’intelligenza artificiale nell’assicurazione in sanità.  

Ne abbiamo parlato con Alessandra Grillo, Claims Director di Sham in Italia.

L’applicazione dell’IA ha aperto la strada a grandi innovazioni in molti campi; quello sanitario in primis. Anche nella gestione dei sinistri MedMal l’utilizzo di queste tecnologie sta assumendo maggior rilevanza, con numerosi vantaggi correlati. 

In primo luogo, l’intelligenza artificiale è in grado di migliorare il Data entry e di automatizzare la lettura e l’estrapolazione di numerose informazioni, generando un consistente risparmio di tempo rispetto a un inserimento a sistema manuale. 

L’applicazione dell’IA, inoltre, non solo ha il valore aggiunto di velocizzare i tempi e arricchire le informazioni disponibili sulle quali basare la strategia, ma permette alle persone di focalizzarsi sui passaggi più importanti, lasciando all’automazione quelli più ripetitivi, noiosi e nei quali proprio la ripetitività dell’azione ne aumenta il rischio di errore umano.  

“Esempio canonico è quello dell’inserimento dell’Iban per le transazioni. Un passaggio molto semplice per un programma informatico ma che, al personale umano, richiede ben tre passaggi separati di verifica” – afferma Alessandra Grillo, Claims Director di Sham in Italia. 

“Anche il Data Mining – prosegue – è interessante per mappare, attraverso l’intelligenza artificiale, i flussi di lavoro e visualizzare gli snodi dove si accumulano ritardi e inefficienze portando così considerevoli benefici al cliente, al danneggiato e, di rimando, alla compagnia assicurativa”. 

Lo studio di software avanzati nell’ambito della gestione sinistri in sanità è al cuore della partnership tra Sham – gruppo Relyens e Antevis.

“Utilizzare un programma di IA permetterà anche di ricostruire il contesto attorno al sinistro, inserendo nell’analisi informazioni rilevanti per predire l’esito del claim, come lo storico del reparto, e per meglio inquadrare il caso concreto in un’ottica di risk management più ampia rispetto alla specifica sfera del cliente. Già adesso, abbiamo individuato tre distinti ambiti di applicazione dell’Intelligenza artificiale nella gestione dei sinistri: l’efficienza dei processi; la riduzione dell’errore umano; l’emancipazione dei dipendenti, i quali, sollevati dalle mansioni ripetitive, possono dedicarsi a compiti che valorizzano al meglio le loro skills. Infatti, con l’IA il dipendente diventa il controllore del processo automatizzato: le persone lavorano meglio, sono più produttive, ottengono più soddisfazioni e raggiungono una migliore work-life balance”. 

“Dall’insieme dei dati raccolti sui singoli sinistri emergeranno – conclude Grillo – indicazioni approfondite sui trend relativi a questi ultimi e al quadro generale del cliente, capaci di delineare benchmark di riferimento, con ovvie ricadute anche in termini di sostenibilità economica per la struttura. Tutte queste prospettive gettano le basi per un impiego sempre più soddisfacente dei software IA nell’orizzonte della gestione sinistri in sanità”. 

DATA BREACH NEL SISTEMA SANITARIO: I RANSOMWARE MINANO LA RISERVATEZZA, L’INTEGRITÀ E LA DISPONIBILITÀ DEI DATI

Secondo CLUSIT gli attacchi ransomware rappresentano il 67% di tutti i malware. 

Le tecniche di attacco si sono ampiamente evolute e, risultando più aggressive e più mirate, sono diventate una minaccia per i sistemi informatici ospedalieri e per la salute dei pazienti. 

Durante il webinar “I ransomware: le nuove tecniche d’attacco e come difendersi” organizzato da Osservatori Digital Innovation, sono stati commentati gli ultimi dati presentati da CLUSIT - Associazione Italiana per la Sicurezza Informatica, in merito alla diffusione dei ransomware.  

Il primo dato emerso è come, nel 2021, il 79% degli attacchi rilevati abbia avuto un impatto elevato, contro il 50% dell’anno precedente. 

Sono inoltre cambiate anche le modalità con cui i cyber criminali organizzano i loro attacchi: se negli anni precedenti gli hacker colpivano in maniera indifferenziata “multiple targets”, adesso il cyber crime mira a bersagli ben precisi e definiti, studiando accuratamente i target e programmando in ogni dettaglio le loro azioni. 

Secondo il rapporto CLUSIT 2022 sulla sicurezza ICT in Italia, la sanità rappresenta circa il 13% del totale degli obiettivi colpiti. Le strutture sanitarie archiviano ed elaborano quotidianamente un quantitativo considerevole di informazioni molto sensibili sui pazienti. 

Per Ruggero Di Mauro, Key Account Manager di Sham in Italia, “I ransomware rappresentano una tipologia di attacco informatico particolarmente impattante per il settore sanitario. Questo perché possono potenzialmente ledere tutte e tre le macroaree di rischio cyber tipiche della cosiddetta triade della sicurezza informatica, ovvero riservatezza, integrità e disponibilità dei dati”. 

  • Riservatezza: i dati sensibili estorti tramite ransomware di ultima generazione possono essere diffusi sul dark web. 
  • Integrità: i ransomware sono in grado danneggiare l’integrità e la qualità dei dati. 
  • Disponibilità: i ransomware sono in grado di criptare dati e sistemi rendendoli, di fatto, inaccessibili e indisponibili. 

“In questo contesto, le strutture sanitarie, caratterizzate da una forte presenza di dispositivi OT/IOMT/MD spesso corredati da software legacy e quindi non più supportati dagli sviluppatori, possono costituire un bersaglio facile per i cybercriminali.” – conclude Di Mauro – “Diventa quindi sempre più importante adottare un approccio integrato alla gestione del rischio cyber: da un lato investire in attività di formazione e nell’implementazione di tecnologie e servizi in grado di prevenire e mitigare il rischio. Dall’altro, adottare una strategia di trasferimento della componente residuale al mercato assicurativo, stipulando un’adeguata polizza cyber”. 

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ELETTROMEDICALI: QUANTO SONO ESPOSTI AI RISCHI CYBER?

Esistono ancora diversi fattori che minacciano la sicurezza dei device medicali all’interno degli ospedali: la difficoltà da parte della struttura di ‘controllare’ i programmi installati dai produttori è uno di questi.

A parlarne è Pasquale Draicchio, Cyber Risk Manager di Sham in Italia.

Gli elettromedicali sono, ad oggi, sempre più digitali ed interconnessi, archiviando al loro interno un’ingente quantità di dati sensibili che influenzano direttamente la sicurezza informatica delle strutture sanitarie.

Dato il costo elevato di tali apparecchiature, il loro utilizzo viene protratto nel tempo e ciò va a influire sulla loro obsolescenza. In aggiunta, i criteri presi in considerazione per stabilire le soglie di obsolescenza di un’apparecchiatura medica non comprendono la sicurezza informatica, nonostante le attrezzature siano collegate alla rete e, quindi, direttamente esposte a possibili attacchi cyber.

Mentre le normali attrezzature IT possono essere periodicamente aggiornate dalla stessa struttura sanitaria, installando un software di sicurezza se necessario, i software dei device medicali possono essere migliorati e gestiti solo dai produttori.

“Quello che ne scaturisce sono apparecchiature obsolete con enormi vulnerabilità che, collegandosi alla rete senza essere aggiornate con opportuni software di sicurezza, rappresentano una vera e propria minaccia per le strutture sanitarie – riporta Pasquale Draicchio, Cyber Risk Manager di Sham in Italia -. Come se non bastasse, gli elettromedicali sono caratterizzati da propri protocolli di sicurezza specifici e differenziati da produttore a produttore, e ciò crea enorme difficoltà per i reparti IT in quanto gli strumenti di sicurezza di rete, inizialmente implementati per il controllo dei soli dispositivi IT, non sono in grado di identificare correttamente i device medicali e di analizzarne le vulnerabilità: in generale è quasi impossibile installare software esterni; è, quindi, richiesta una continua collaborazione tra i produttori delle attrezzature mediche e la struttura sanitaria che ne usufruisce al fine di contenere possibili rischi cyber attraverso l’attivazione di aggiornamenti. È importante sottolineare che i fornitori stanno progressivamente sviluppando soluzioni adatte a concedere un maggiore controllo delle apparecchiature da parte delle strutture sanitarie. In questo contesto, la cooperazione tra il team di cybersecurity e gli ingegneri clinici è essenziale per mettere in sicurezza gli elettromedicali”.

COME CONTROLLARE L’ATTIVITÀ DEGLI ELETTROMEDICALI? SCOPRILO NELL’ARTICOLO:

UNA SONDA PER LA RETI OSPEDALIERE: COME FUNZIONA CYBERMDX