CYBER RISK E SANITÀ: PRESENTATA LA NUOVA POLIZZA SHAM CYBER PROTECTION

È l’unica polizza cyber nata esclusivamente per il mondo della sanità. Luca Achilli, Direttore Sviluppo Healthcare di Sham Italia – gruppo Relyens, la introduce ai microfoni di Insurance Connect TV

Le strutture sanitarie sono tra i bersagli ricorrenti dei criminali informatici e le conseguenze possono essere gravi sia per la salute dei pazienti che per il profilo di responsabilità delle strutture ospedaliere colpite. 

In questo contesto Sham – gruppo Relyens ha reso disponibile Sham Cyber Protection, la prima polizza cyber specificatamente sviluppata per il settore sanitario nel mercato italiano. 

I 3 strumenti per gestire il rischio cyber in sanità

Per prevenire, monitorare e proteggere le strutture sanitarie sono necessari tre strumenti integrati: una dotazione tecnologica all’avanguardia, una strategia globale di risk management per la mitigazione del rischio e una polizza assicurativa per la copertura del rischio residuale. L’approccio di Sham li racchiude tutti e tre.

Sham Cyber Protection è l’ultimo tassello della strategia e garantisce assistenza 24h su 24, 7 giorni su 7, basata in Italia, e copertura assicurativa per i danni subiti sia da terzi (i pazienti, ma non solo) sia dall’azienda sanitaria, compresi i costi per ristabilire l’attività quotidiana e recuperare i dati persi. 

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LESIONI DA POSIZIONAMENTO: COME IL SISTEMA A.P.P. HA INFLUITO SULLA LORO DIMINUZIONE

Il posizionamento del paziente sul lettino operatorio è un’azione fondamentale per la buona riuscita dell’intervento ma anche per la sicurezza dell’operando stesso. 

La Dottoressa Margherita Bianchi, Dirigente Medico Responsabile del Governo Clinico, Qualità Appropriatezza, Rischio Clinico dell’ASL VCO, ci spiega come, grazie all’utilizzo del Sistema A.P.P. (Applicazioni per il posizionamento in Sala Operatoria), siano riusciti a diminuire l’incidenza delle lesioni dell’apparato tegumentario e non solo. 

Qual è il contesto dal quale siete partiti?

L’ASL VCO dal 2004, ha un’unità di gestione del rischio clinico all’interno della quale vengono discusse anche le attività correlate alla qualità e all’appropriatezza dei processi organizzativi-gestionali e clinico-assistenziali. In quell’ambito, in quanto responsabile del governo clinico, oltre all’elaborazione di percorsi e procedure operative, mi occupo della raccolta, verifica e valutazione delle segnalazioni correlate agli eventi potenzialmente/avversi nonché agli eventi sentinella (Incident Reporting). 

In seguito a segnalazioni e successive indagini (Root Cause Analysis) effettuate sulla base del Manuale per la Sicurezza in Sala Operatoria e l’analisi proattiva secondo il metodo Cartorisk di Sham – gruppo Relyens, sono emersi degli elementi che ci hanno indotto a procedere con azioni di miglioramento, attraverso l’acquisizione di uno strumento digitale che consentisse al Personale di Sala Operatoria di gestire con maggior sicurezza e appropriatezza il posizionamento sul lettino operatorio dei pazienti canditati ad intervento chirurgico

Quali azioni di miglioramento sono state intraprese? 

Nell’ambito della gestione del paziente sul lettino operatorio ho potuto fare una ricerca sul mercato per capire se ci fossero dei dispositivi utili alla cura del paziente con queste problematiche. Mi sono così imbattuta nel Sistema A.P.P. (Applicazioni Posizionamento Paziente).

Si tratta di una semplicissima app, un DM Classe I, sviluppato da una Start Up con lo scopo di affiancare i professionisti durante la procedura di posizionamento del paziente sul tavolo operatorio e di valutazione del rischio di lesione perioperatoria avvalendosi della “Scala Munro”, uno strumento specifico e validato che si affianca alle procedure cartacee presenti in ASL VCO. 

Il sistema APP, utilizzabile sia mediante dispositivi mobili che PC desktop, attraverso immagini tridimensionali presenta come posizionare il paziente sul tavolo operatorio in relazione al tipo di intervento a cui verrà sottoposto. Grazie all’applicazione si riduce il tempo di preparazione del tavolo operatorio, del posizionamento del paziente e dei devices da utilizzare secondo modelli predefiniti validati dal team chirurgico. 

L’APP, di semplice utilizzo e di costo contenuto, è stata acquisita in seguito ad un processo di HTA e all’affiancamento e alla formazione degli operatori del Blocco Operatorio dell’Ospedale San Biagio di Domodossola.

Contestualmente al dispositivo, è stata revisionata la CL per la sicurezza in Sala Operatoria integrandola con ulteriori item come previsto dalle azioni di miglioramento dell’RCA e della FMEA. 

Quali sono i rischi connessi al posizionamento in sala operatoria?

Tutte le posizioni chirurgiche adottate nell’intraoperatorio presentano dei rischi per complicanze anche severe, in quanto il paziente, essendo sottoposto ad anestesia per un tempo prolungato, non è in grado di comunicare all’équipe disturbi, malesseri o dolori connessi al posizionamento. 

Le principali complicanze del posizionamento sul letto operatorio sono a carico dei nervi, della cute, del sistema cardiocircolatorio e del sistema respiratorio. Le lesioni a carico della cute e degli strati sottostanti sono le più frequenti e variano dall’eritema alla perdita tessutale a tutto spessore.

Queste lesioni sono considerate un indicatore della qualità dell’assistenza e sono associate ad un aumento del dolore, delle comorbilità del paziente e della mortalità.

Per evitare che ciò accada è quindi necessaria una conoscenza dettagliata della posizione che il paziente deve mantenere nelle singole fasi del singolo intervento chirurgico.

Il sistema A.P.P. ci consente di vedere in una dimensione 3d qual è la posizione più corretta risalendo ai dati di posizionamento e definendo quale posizione e quali specialità sono più soggette a una lesione da malposizionamento.

Quali sono stati i Dipartimenti e le competenze coinvolte nell’inserimento del dispositivo?

È stata valutata in prima istanza da un gruppo di lavoro specialistico da me coordinato, per poi essere esaminata dall’ingegneria clinica, dal dipartimento chirurgico e infine dalla direzione generale. 

Prima di tutto abbiamo fatto degli incontri in aula per valutare il dispositivo dal punto di vista tecnico, per poi passare a condividere lo strumento, tramite percorsi di informazione e di formazione, con i professionisti dei blocchi operatori, in particolare con coordinatori e responsabili del dipartimento di chirurgia e delle sale operatorie. Quando infine è stata valutata la sua idoneità e la sua risposta positiva alle problematiche che volevamo risolvere, è stato attivato un sistema di formazione per gli operatori dei blocchi in sala operatoria e siamo poi partiti con una prima fase sperimentale. 

Questo dispositivo al momento viene utilizzato per la Chirurgia Urologica, Ginecologica, per la Chirurgia Generale e per la Chirurgia Ortopedica

Quali sono stati i primi risultati dell’applicazione?

Nella fase sperimentale è stato condotto, tra il 7 marzo e l’8 settembre 2022, uno studio osservazionale retrospettivo sull’utilizzo del dispositivo digitale. L’indagine monocentrica, effettuata nell’ospedale San Biagio di Domodossola, ha compreso un campione di 143 pazienti adulti sottoposti ad intervento chirurgico con una durata superiore alle 2 ore, nelle specialità di Chirurgia Generale, Ortopedia, Urologia e Ginecologia.

Dalla comparazione effettuata rispetto ad un campione analogo del 2021 è risultato che il numero di lesioni (prevalentemente tegumentarie) rilevate nell’anno 2022 è stato inferiore di circa il 6% (passando dal 16% al 10%). Grazie al sistema A.P.P. è stato possibile risalire ai dati di posizionamento, definendo quale posizione e quali specialità sono più soggette ad una lesione da malposizionamento, oltreché le zone anatomiche più colpite, correlandole con la posizione e la tipologia di intervento. La raccolta e la valutazione dettagliata dei dati permette ai professionisti di adottare ulteriori strategie preventive per diminuire il rischio di lesione del paziente sottoposto ad intervento chirurgico.

È una pratica che può essere adottata da altre ASL?

Trattandosi di un dispositivo estremamente pratico e relativamente semplice, può essere acquisito senza particolari rischi e problematiche. Ovviamente richiede una formazione preliminare ma questa è insita in tutti i progetti di miglioramento che prevedono l’introduzione di una nuova modalità di gestione, che sia organizzativa, gestionale o come in questo caso legata ad un dispositivo. Credo che la sua adozione sia così auspicabile proprio perché ci consente di incrociare tutto il percorso del paziente, dall’ingresso alla dimissione, per poi rintracciare i dati che ci servono per fare valutazioni di merito che possono interessare sia coloro che si occupano di gestione strategica, sia all’operatore stesso che ha un feedback sull’efficacia della posizione del paziente sul lettino. 

Qual è l’elemento più importante da tenere in considerazione per l’adozione di un dispositivo come questo? 

In questi contesti la chiave di volta è la collaborazione rapida e operativa tra direzione strategica, tecnostruttura e clinici perché è fondamentale che ci sia una condivisione da parte dell’azienda su più livelli, non solo con gli operatori che lo utilizzeranno ma anche con coloro che poi dovranno gestire il dispositivo garantendone determinati criteri di sicurezza e di efficacia.

RESILIENZA ORGANIZZATIVA IN SANITÀ: ANTICIPAZIONE, GESTIONE DEL PRESENTE E ADATTAMENTO DEL FUTURO 

Un confronto tra Anna Guerrieri, Risk Manager di Sham – gruppo Relyens e docente ALTEMS, e Alessio Di Pofi, neolaureato alla LUISS Guido Carli nel Master Degree Program in Global Management and Politics con la tesi “The role of organizational resilience in managing risks and uncertainties: an analysis of the Italian public health sector’s response to the Covid-19 threat”.

Anna Guerrieri: Il tema della resilienza sia professionale che organizzativa è punto focale e di sviluppo per facilitare l’implementazione di skill e competenze specifiche al fine di rispondere ai cambiamenti che un mondo globalizzato e sempre più complesso impone, soprattutto in ambito sanitario. Sham – gruppo Relyens lascia lo spazio a giovani ricercatori e manager di domani, per ascoltare il loro punto di vista. Attraverso la scuola ALTEMS ho incontrato diverse persone, tra cui Alessio Di Pofi, un ragazzo che è venuto a chiedermi cosa pensassi sul tema della resilienza. Questo è un argomento che ritengo molto importante, perché la resilienza sperimentata durante la pandemia deve diventare memoria. Il contenuto della resilienza è la lezione appresa nel passato. 

Alessio Di Pofi: Mi ritrovo in questa definizione, e la difficoltà principale per la mia tesi sperimentale è stata proprio definire i concetti di resilienza e resilienza organizzativa.  

Dunque cosa si intende per resilienza? Viene definita meta-capability come capacità di non dimenticare, ma adattarsi, migliorarsi e trovarsi preparati per le sfide future. Non dobbiamo cadere nella fallacia che superato il Covid non ci saranno altri imprevisti, motivo per cui una delle capability all’interno del framework organizzativo della mia tesi è capire quanto il singolo sia capace di assorbire l’evento inaspettato, trasformarlo in resilienza e apprendere dalla crisi. 

Anna Guerrieri: Come sei arrivato a scrivere questa tesi? 

Alessio Di Pofi: Durante il percorso del mio tirocinio svolto per la laurea magistrale all’interno dell’ASL Frosinone, ho somministrato un questionario, in maniera anonima, prevedendo solo una distinzione di ruoli tra medici, sanitari, tecnici e dirigenti. Il questionario era composto da 14 domande, 4 anagrafiche e 10 legate ai 10 indicatori del framework di riferimento. Ho ricevuto un totale di 473 entry e, dopo aver scremato gli outliers vari, ho basato la mia ricerca sulle rimanenti 470.

Anna Guerrieri: Nella ASL hanno compreso che il tuo progetto era un’attività migliorativa, e quando c’è una convinzione vera e una proposta sana alla quale aderire, questi progetti diventano strumenti e possibilità concrete per variare i nostri modelli organizzativi a favore dei pazienti. Il miglioramento è per tutti, anche per un’utenza parallela al paziente, perché tutti siamo coinvolti. La sua tesi mi ha colpito fin dall’inizio perché è stata costruita applicando un metodo, con criteri e strumenti valutativi: senza contenere dati non avremo ritorni comparabili. 

Alessio Di Pofi: La resilienza operativa è una meta-capability basata principalmente su tre fasi: passato, presente e futuro. Quindi anticipazione, gestione del presente e adattamento per il futuro. Sono necessarie soluzioni pronte ed efficaci per fronteggiare una crisi e non trovarsi impreparati.  

Anna Guerrieri: Quindi una volta dissipate le ambiguità sulla definizione di resilienza e posto l’approccio della meta-capability come asse portante della tesi, ti sei chiesto se la resilienza può essere utilizzata come strumento per gestire i rischi e le incertezze nel settore pubblico?

Alessio Di Pofi: Lo scopo di un’organizzazione è il core business, però deve esserci anche il thriving, ovvero la possibilità di prosperare, di essere efficiente e di essere sostenibile nel miglior modo possibile.  L’adattamento, la riflessione e l’apprendimento della crisi appena superata potrebbero portare un miglioramento alla knowledge base aziendale di gestione del rischio. È un discorso iterativo. Parlando del settore pubblico, e immaginando la complessità del Servizio Sanitario Nazionale, quindi va posto doppiamente l’accento sull’apprendimento. Se all’interno del SSN si promuovessero momenti di scambio di esperienze, best practice e comportamenti virtuosi, si instaurerebbe un concreto processo di efficientamento della knowledge base a frutto dell’intera nazione, andando a efficientare i comportamenti e le abitudini dei professionisti del settore sanitario. All’interno della tesi ho creato un framework, ma la resilienza organizzativa va organizzata in maniera concreta.

Anna Guerrieri: Pensi che questa metodologia ti abbia aiutato a realizzarlo? 

Alessio Di Pofi: Sì, oltre aver ricevuto molti consensi favorevoli, sono stato ricontattato dalla Direzione Generale. Questo sistema infatti permetteva di dare una voce ai diversi attori della Azienda Sanitaria Locale.

Anna Guerrieri: Come si può costruire, dunque, un metodo di consenso?

Alessio Di Pofi: La fase di costruzione del consenso avviene dopo la condivisione dei risultati della ricerca dei dati sottesi, così come è importante la condivisione dei sondaggi interni e la discussione critica degli esiti. Questi strumenti, se inseriti correttamente nei processi aziendali, possono anche aiutare a superare le divisioni delle organizzazioni sanitarie, allontanando dalle mentalità di clan e identificando tutti i professionisti dei vari settori come un’unica macchina volta a un unico scopo. Tutto dipende dalla strategia di presentazione del dato e dalla metodologia della discussione. In un attimo qualcosa che può fare da collante, può rivelarsi anche un motivo di separazione, di discriminazione. 

Anna Guerrieri: La tesi è bella perché ha una metodica, hai organizzato uno studio e hai proposto un modo di leggerlo. 

Alessio Di Pofi: Sì, e se cambiamo gli indicatori cambiano i punti cardine della ricerca, quindi, è fondamentale stabilire una struttura rigorosa.

Anna Guerrieri: Quali sono le prospettive future?  

Alessio Di Pofi: La prospettiva più logica di ampliamento della ricerca prevede l’estensione del questionario, mutatis mutandis, agli organici di diverse aziende sanitarie pubbliche simili, allo scopo di effettuare benchmarking e rendere la ricerca maggiormente completa e significativa.