L’OSPEDALE DEL FUTURO E IL POLITECNICO DI MILANO

Il Politecnico di Milano-Dipartimento ABC (Dipartimento di Architettura, Ingegneria delle Costruzioni e Ambiente Costruito), con la Fondazione Politecnico di Milano, ha dato vita ad una piattaforma tecnologica: la Joint Research Platform Healthcare Infrastructures (JRP) dedicata alla creazione dell’ospedale del futuro. Relyens entra nel board del progetto con Francesca Montesi Righetti, Risk Manager e referente di Relyens in JRP, affinché il Risk Management sia presente fin dalla progettazione dei nuovi spazi sanitari: strutturali, tecnologici e relazionali. Approfondiamo cosa si intende per next generation hospital e come cambierà l’ospedale del futuro.

Relyens aderisce al nuovo progetto del Politecnico di Milano: il next generation hospital

Il next generation hospital sarà un luogo sicuro dove le tecnologie più avanzate andranno di pari passo con una efficiente comunicazione sanitaria e un’attenzione particolare alla relazione medico/paziente.

“L’obiettivo sarà identificare gli elementi cardine per costruire l’ospedale del futuro e gli interventi e le strategie evolutive per abbracciare la trasformazione della sanità attraverso la tecnologia, la sostenibilità e la centralità del paziente” spiega Montesi Righetti.

Relyens è, infatti, tra i 9 partner principali e il suo contributo sarà introdurre, fin dall’inizio, il risk management nella progettazione dell’ospedale del futuro. Una concezione di ‘spazio’ sia architettonico che tecnologico, ma anche, e non meno importante, relazionale. 

Come interviene il Risk management nell’ospedale del futuro? 

In sanità la sicurezza non conosce compartimenti ma correlazioni. Sicure devono essere le soluzioni ingegneristiche degli ambienti, dalle scale alle rampe di accesso. Sicuri devono essere i processi sanitari monitorati dalla tecnologia, per la quale, gli stessi spazi dovranno essere progettati in anticipo per accoglierla.

La tecnologia e la sicurezza dei dati

Tutti i dati raccolti, per esempio, in sala operatoria per prevenire e predire i rischi e i bisogni assistenziali, devono, a loro volta, essere sicuri, prevedendo fin dall’inizio barriere per arginare gli effetti dei malfunzionamenti e degli attacchi cyber. La tecnologia diventa, così, strumento di cura, strumento di prevenzione ma, anche strumento di relazione.  

La relazione medico/paziente

La comunicazione tra medico e utente è parte attiva di un ecosistema sanitario sicuro. Sicurezza e relazione procedono appaiate e si influenzano su più livelli. Il primo, ovviamente è quello della fiducia: sia fiducia del paziente nelle cure, sia fiducia del sanitario nel paziente. È infatti necessario mettere da parte quel preconcetto di accusa che è il prodotto di una cultura sbagliata di denunce e ‘colpe’. Pensiamo a quante buone comunicazioni sanitarie possono esserci: la comunicazione tra equipe, la comunicazione tra Dirigenza, Risk Manager e operatori nei reparti, la comunicazione con i pazienti sia in chiave di prevenzione che di evento avverso. Tutte influenzano l’efficacia della gestione del rischio clinico.

Comunicazione sanitaria efficiente nell’ospedale del futuro  

Si può progettare lo spazio nel quale la comunicazione e la relazione possono rinascere. In parte è un elemento culturale: l’affermarsi della cultura ‘no blame’ e il tempo necessario affinché se ne percepiscano gli effetti positivi. In altra parte è una questione di dedicare energie alla relazione con il paziente, sottraendole ad altre attività che richiedono molto tempo ma non producono benefici corrispondenti. Le pratiche burocratiche e l’adesione formale e rigida alle procedure in chiave difensiva sono alcuni di questi. Pensiamo che la tecnologia possa contribuire a rimodulare entrambi, velocizzando le pratiche e creando un ambiente più sicuro e più trasparente dove far rinascere l’alleanza terapeutica. 

DATA BREACH NEL SISTEMA SANITARIO: I RANSOMWARE MINANO LA RISERVATEZZA, L’INTEGRITÀ E LA DISPONIBILITÀ DEI DATI

Secondo CLUSIT gli attacchi ransomware rappresentano il 67% di tutti i malware. 

Le tecniche di attacco si sono ampiamente evolute e, risultando più aggressive e più mirate, sono diventate una minaccia per i sistemi informatici ospedalieri e per la salute dei pazienti. 

Durante il webinar “I ransomware: le nuove tecniche d’attacco e come difendersi” organizzato da Osservatori Digital Innovation, sono stati commentati gli ultimi dati presentati da CLUSIT - Associazione Italiana per la Sicurezza Informatica, in merito alla diffusione dei ransomware.  

Il primo dato emerso è come, nel 2021, il 79% degli attacchi rilevati abbia avuto un impatto elevato, contro il 50% dell’anno precedente. 

Sono inoltre cambiate anche le modalità con cui i cyber criminali organizzano i loro attacchi: se negli anni precedenti gli hacker colpivano in maniera indifferenziata “multiple targets”, adesso il cyber crime mira a bersagli ben precisi e definiti, studiando accuratamente i target e programmando in ogni dettaglio le loro azioni. 

Secondo il rapporto CLUSIT 2022 sulla sicurezza ICT in Italia, la sanità rappresenta circa il 13% del totale degli obiettivi colpiti. Le strutture sanitarie archiviano ed elaborano quotidianamente un quantitativo considerevole di informazioni molto sensibili sui pazienti. 

Per Ruggero Di Mauro, Key Account Manager di Sham in Italia, “I ransomware rappresentano una tipologia di attacco informatico particolarmente impattante per il settore sanitario. Questo perché possono potenzialmente ledere tutte e tre le macroaree di rischio cyber tipiche della cosiddetta triade della sicurezza informatica, ovvero riservatezza, integrità e disponibilità dei dati”. 

  • Riservatezza: i dati sensibili estorti tramite ransomware di ultima generazione possono essere diffusi sul dark web. 
  • Integrità: i ransomware sono in grado danneggiare l’integrità e la qualità dei dati. 
  • Disponibilità: i ransomware sono in grado di criptare dati e sistemi rendendoli, di fatto, inaccessibili e indisponibili. 

“In questo contesto, le strutture sanitarie, caratterizzate da una forte presenza di dispositivi OT/IOMT/MD spesso corredati da software legacy e quindi non più supportati dagli sviluppatori, possono costituire un bersaglio facile per i cybercriminali.” – conclude Di Mauro – “Diventa quindi sempre più importante adottare un approccio integrato alla gestione del rischio cyber: da un lato investire in attività di formazione e nell’implementazione di tecnologie e servizi in grado di prevenire e mitigare il rischio. Dall’altro, adottare una strategia di trasferimento della componente residuale al mercato assicurativo, stipulando un’adeguata polizza cyber”. 

Moderna, performante, accessibile: come realizzare la sanità del domani

Il rapporto “Outlook Salute Italia“, recentemente pubblicato da Deloitte, ha fornito una panoramica sullo stato dell’arte della sanità in Italia che invita a riflettere.

La fotografia è quella di un sistema che, negli ultimi due anni, ha saputo dimostrarsi complessivamente all’altezza di un’emergenza mai gestita prima nella storia recente dell’umanità, quella pandemica, grazie agli sforzi e agli inestimabili sacrifici dei professionisti sanitari italiani.

Al tempo stesso, però, la concentrazione di risorse umane, economiche e infrastrutturali nel contenimento del Covid-19 ha acuito alcune criticità strutturali del nostro sistema salute, già oggetto di dibattito nella fase pre-pandemica: il divario in termini di efficienza e qualità dei servizi tra Nord e Sud, così come tra settore privato e pubblico, i tempi eccessivamente dilatati delle liste d’attesa e della presa in carico del paziente, sono tutti fattori che il 43% degli intervistati da Deloitte ha percepito, nell’ultimo anno, come indicatori di un peggioramento dei servizi e delle cure fornite dal SSN.

A ciò si aggiungono le contingenze economiche dell’ultimo periodo, legate in primo luogo alla situazione geopolitica internazionale: i numeri ci dicono che sono sempre di più gli Italiani che per motivi economici rinunciano a curarsi e, soprattutto, a fare prevenzione: le fasce di reddito più basse dichiarano di rinunciare nel 40% dei casi a cure mediche per sé o per un famigliare. Il 45% degli italiani ritiene, inoltre, che in futuro dovrà ricorrere maggiormente a spese di “tasca propria” per accedere a questi servizi.

In questo contesto così complesso e difficoltoso, è inevitabile considerare strategici per il rinnovamento e il potenziamento della nostra sanità due piani che opereranno in stretta sinergia tra di loro: il Programma Nazionale Equità nella Salute (PN) e il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).

Il primo, elaborato dal Ministero della Salute, avrà come obiettivi l’incremento degli screening oncologici, la cura della salute mentale e il contrasto della povertà sanitaria. Elemento, quest’ultimo, che consentirà di garantire l’accesso ai servizi sanitari e socio-sanitari a tutta la popolazione, in particolar modo a quelle fasce più vulnerabili precedentemente menzionate.

In parallelo il PNRR, con i suoi oltre 20 miliardi di euro di investimenti correlati al settore sanitario, costituisce un’opportunità irripetibile e irrinunciabile. E la direzione dei suddetti investimenti è, in larga parte, tracciata: il rapporto stesso evidenzia come gli italiani non possano più fare a meno della sanità digitale per fruire di numerosi servizi. La pandemia ha imposto una vera e propria rivoluzione delle loro abitudini: tra il 2019 e il 2021 il numero di utenti che ha prenotato online una prestazione sanitaria è aumentato del 12%; quello di coloro che comunicano con il proprio medico tramite App o chat del 28%. Almeno un Italiano su tre è ormai abituato a ricevere i propri referti via mail o consultando il proprio Fascicolo Sanitario Elettronico.

E allora, ecco che potenziamento infrastrutturale e tecnologico, formazione dei professionisti e sensibilizzazione dei cittadini sulle potenzialità del digitale diventano le parole d’ordine per costruire, nei prossimi anni, una sanità più moderna, performante e accessibile.

Vale la pena soffermarsi sulla questione della sensibilizzazione: senza lo sviluppo e la diffusione di una nuova cultura della salute digitale, l’impatto di qualsiasi intervento infrastrutturale ne uscirà depotenziato.

La sfida di tutti i principali attori dell’ecosistema sanitario, a partire dalle istituzioni, sarà proprio questa: accompagnare comunità, cittadini e pazienti a integrare sempre di più gli strumenti digitali nei loro percorsi di prevenzione e cura, abbattendo prima di tutto i muri della diffidenza verso queste tecnologie e del digital divide.

Non è un caso che, sempre nel rapporto Deloitte, la metà degli intervistati ammetta di avere una conoscenza ancora vaga della telemedicina.

La posta in gioco è alta e, proprio per questo, non possiamo esimerci dall’accompagnare le strutture sanitarie e gli altri attori dell’ecosistema in questa importante transizione verso il futuro, mettendo a loro disposizione il know-how, i servizi e le tecnologie che fanno del gruppo Relyens un punto di riferimento a livello europeo nel risk management sanitario.

Roberto Ravinale, Direttore esecutivo di Sham in Italia

PERCHÉ LA COMUNICAZIONE ISTITUZIONALE IN SANITÀ È IMPORTANTE PER LA SICUREZZA DELLE CURE E COME CONDURLA IN MANIERA EFFICACE 

È un ambito di grande impatto e richiede consapevolezza, formazione e un approccio sistemico e trasversale nella diffusione delle informazioni. L’Avvocato Maria Nefeli Gribaudi evidenzia gli elementi cruciali di una buona informazione sanitaria. 

Cosa si intende per comunicazione istituzionale e a chi è diretta? 

La comunicazione istituzionale in ambito sanitario coinvolge i diversi livelli dell’amministrazione: lo Stato, le Regioni, gli Enti locali, in cui si articola il SSN e le istituzioni ad esse collegate come Agenas, ISS, AIFA. I destinatari sono sia i soggetti erogatori della prestazione sanitaria – ad esempio le aziende sanitarie territoriali, le aziende ospedaliere, gli operatori sanitari e i medici di medicina generale – che i cittadini.  Lo scopo è favorire una ottimale gestione del rischio a tutti i livelli, la messa in atto di comportamenti a favore della salute individuale e collettiva e la promozione di azioni preventive e di miglioramento. La comunicazione istituzionale, perciò, consiste in un processo dinamico e diacronico che interagisce con la comunicazione scientifica e tiene conto dell’evoluzione della ricerca e delle conoscenze e deve essere modulata, adeguata e pianificata a seconda delle circostanze, dei destinatari, degli obiettivi. Comunicare implica un’interazione tra chi parla e i destinatari della comunicazione stessa: lo stesso significato etimologico ci rammenta che comunicare non significa solo informare ma “mettere in comune”, condividere una cultura, un patrimonio conoscitivo. 

Quali sono gli esempi di best practice da applicare per rendere efficiente la comunicazione? Quali sono, invece, gli errori da evitare? 

Il Covid-19 ha messo ancor più in luce l’importanza di una comunicazione corretta a tutti livelli e come rappresenti uno strumento fondamentale di gestione del rischio e di governance, anche e a maggior ragione delle situazioni di emergenza, che non può essere improvvisato ma deve essere adeguatamente pianificato ed implementato. 

Nell’ambito della gestione dell’emergenza sanitaria abbiamo assistito a una comunicazione istituzionale non sempre chiara, lineare, coerente e di immediata interpretazione e fruibilità: è importante pianificare e attuare una comunicazione istituzionale trasparente e univoca, illustrando le complessità e i rischi, spiegando e motivando le scelte istituzionali, gli obiettivi raggiunti e quelli da raggiungere.  

La comunicazione sanitaria può avere un impatto sull’organizzazione e sul lavoro degli operatori e sulla sicurezza dei pazienti? 

In generale possiamo dire che attuare una comunicazione corretta ed efficace in ambito sanitario a tutti i livelli – e comprendente, quindi, oltre alla comunicazione istituzionale anche la relazione medico-paziente e la comunicazione interna tra struttura e operatori e all’interno dei reparti – ha ricadute positive sotto il profilo del risk management e della sicurezza delle cure. La salute individuale e collettiva viene, infatti, rafforzata in termini di continuità e qualità terapeutica-assistenziale, adeguatezza ed appropriatezza delle cure, aderenza alle prescrizioni e adozione di comportamenti preventivi, promozione di scelte consapevoli, immagine e fiducia nel sistema sanitario ma anche a livello di buona ed efficiente organizzazione. 

Anche la comunicazione da parte delle Istituzioni sanitarie e degli enti a esse collegate ha un impatto decisivo in termini di sicurezza, prevenzione, fiducia del cittadino nel SSN ma anche di organizzazione sanitaria, in particolare laddove le Istituzioni e gli enti a esse collegate sono chiamate a attuare raccomandazioni e azioni di indirizzo e coordinamento che incidono sotto il profilo organizzativo e sui comportamenti dei singoli operatori sanitari.  

La cultura della comunicazione parte dalla consapevolezza che comunicare è importante e occorre formare le diverse figure professionali a farlo. C’è questa sensibilità in Italia? Da dove è possibile iniziare a migliorare le performance della sanità in questo ambito? 

C’è ancora poca consapevolezza sull’importanza della comunicazione a tutti i livelli. Occorre in tal senso creare una cultura della comunicazione e consapevolezza sulle concrete ricadute che la comunicazione è in grado di determinare a livello di tutela della salute, nella sua dimensione individuale e collettiva, dell’organizzazione sanitaria, della gestione del rischio, della sicurezza delle cure, della prevenzione dell’errore e del contenzioso, di costi e di fiducia nel SSN. 

È importante definire i tempi e le modalità dell’agire comunicativo attraverso un approccio strategico, di sistema e pianificato, rendendo la comunicazione una competenza oggetto di percorsi formativi. Infine è fondamentale adottare strategie e metodi strutturati e integrati di comunicazione efficace e di trasmissione delle informazioni, definendo degli standard verificabili per valutarne la qualità e codici di autoregolamentazione etico-deontologica. 

UN DATASET ITALIANO PER LA RICERCA IN EUROPA E IL NUOVO ORIZZONTE DELLA PARTNERSHIP SHAM – FEDERSANITÀ

Trasformare le numerose informazioni contenute in una cartella clinica in un data-set che possa essere letto e analizzato dai diversi centri di ricerca in Europa perché impiega lo standard del Common Data Model (CMD). È davvero una lingua franca per la ricerca quella applicata dal progetto MACADAM – Mesothelioma Clinical Data platform dell’AO Alessandria al quale dedichiamo una lunga e approfondita intervista.

Il tema, come emerso più volte nei dibatti e nelle ricerche promossi da Sham – gruppo Relyens, è quello della standardizzazione delle informazioni sanitarie a fini di ricerca e assistenziali, e trova nei principali attori del sistema sanitario un importante supporto.

Tra i partner di lungo corso, è importante ricordare Federsanità, che da ormai 6 anni collabora con noi in questo senso. Molteplici le iniziative condivise in questo senso: dal Concorso Risk Management Sham al più recente whitepaper “Capire il rischio cyber: il nuovo orizzonte in sanità ”, il primo studio nazionale dedicato alla percezione del rischio cyber in Sanità svolto in collaborazione con il Dipartimento di Management dell’Università di Torino, Sham ha potuto contare sul patrocinio della Confederazione delle Federsanità Anci regionali.

Oggi Sham è lieta di annunciare il rinnovo della partnership con Federsanità e un nuovo orizzonte progettuale di collaborazione. Per il prossimo triennio la partnership si focalizzerà, infatti, sulla quantificazione del progresso nell’ambito sicurezza delle strutture ospedaliere e permetterà di rispondere a domande fondamentali come: quanto è migliorata la sanità? Quante risorse sono destinate in maniera specifica al risk management? Quanto sono delineate con chiarezza il ruolo e le prerogative dei responsabili della gestione del rischio?

Misurare, secondo criteri scientifici e nell’intero panorama sanitario, gli investimenti strutturali nella gestione del rischio e l’impatto sulla sicurezza delle cure è infatti l’ultimo tassello per consolidare il ruolo del risk management e porlo al centro dei processi decisionali in sanità.

Un obiettivo che Sham persegue con convinzione da anni sia promuovendo la ricerca universitaria nell’ambito della sicurezza delle cure e della prevenzione sia diffondendo provati strumenti e best practice di mitigazione del rischio a tutti i livelli dell’assistenza sanitaria.

Ringraziandovi per l’attenzione vi auguro una buona lettura.

Roberto Ravinale, Direttore esecutivo di Sham in Italia