SICUREZZA DELLE CURE E FORMAZIONE PREVENTIVA NELLE RSA DURANTE IL COVID-19
Quali buone pratiche introdurre nelle RSA – a partire dal controllo delle infezioni – e verso quali figure professionali indirizzare la formazione. L’esperienza dell’Italian Network for Safety in Heathcare e dell’Università di Genova.
“Le RSA rappresentano un livello medio di assistenza medica, infermieristica e riabilitativa, associata ad un elevato livello di assistenza residenziale. Per questo motivo tali strutture sono state enormemente colpite dalla pandemia”. Così ha introdotto la tematica Matteo Scopetti dell’Università La Sapienza di Roma, durante il webinar Covid-19 nelle RSA del 5 marzo 2021[1].
La rete italiana conta su 3.117 strutture che presentano una maggiore densità nelle regioni del nord, con numeri di posti letto variabili da 8 a 100.
L’impiego del personale medico risulta quasi del tutto assente: infatti l’11% delle RSA non ha medici che operano al loro interno (1-5 unità per struttura) e gli infermieri sono presenti in un numero compreso tra 0 e 10.
Il personale sociosanitario, invece, è presente nelle RSA per il 64,5%, contando circa due operatori per posto letto.
“INSH- Italian Network for Safety in Heathcare- ha dato il via, dall’ottobre 2020 fino a marzo 2021, ad una ricerca basata su dati di settore volta a chiarire i profili di rischio caratterizzanti nelle RSA, per poi procedere con l’elaborazione di buone pratiche che possano essere utili a tutte le strutture” ha affermato Scopetti.
La ricerca si è svolta secondo una metodologia in 4 fasi che ha analizzato la struttura del sistema, identificato i profili di rischio e le misure preventive, pianificato la sorveglianza e il controllo.
In seguito sono state ipotizzate teorie preventive in diverse aree come ad esempio: la protezione dei professionisti attraverso la formazione, l’uso di dispositivi di protezione individuale affinché essi stessi non diventassero dei veicoli di infezioni, il supporto psicologico e l’ assicurazione di riposo tra i turni; la prevenzione della diffusione del virus tra gli ospiti con l’implementazione di separate aree operative controllabili ed assegnate ad un numero di operatori esclusivamente dedicato; la gestione dei casi Covid-19.
“Per quanto riguarda la sorveglianza – continua Scopetti – è necessaria l’adozione di politiche di controllo delle infezioni che siano mirate a comprendere il problema. A tal proposito, il tavolo tecnico di INSH sta definendo delle buone pratiche in modo che le strutture possano pervenire a sistemi di autovalutazione che consentano di identificare precocemente il rischio. Infatti, un’adeguata gestione del rischio clinico nelle RSA richiede una pianificazione sistemica e l’adozione di specifiche strategie, di comunicazione e formazione”.
A tal proposito è intervenuta Angela Testi dell’Accademia per il Management in Sanità dell’Università di Genova.
“Nel nostro progetto, cominciato prima dell’arrivo del Covid-19, abbiamo cercato di comprendere la creazione di valore all’interno dei processi che si svolgono dentro le RSA. Strategicamente, cominciamo sempre delle cariche più alte: medici e direttori sanitari delle residenze possono diventare leader del cambiamento. Attraverso interviste strutturate con i direttori sanitari delle residenze liguri, si è visto come essi abbiano delle responsabilità dirette e indirette che danno loro una visione delle RSA a tutto campo; da qui la creazione di un corso di formazione”.
Le RSA che hanno preso parte a questo progetto sono state circa 170 con una prevalenza di privati ed estremamente eterogene tra loro, con un numero totale di 3.728 iscritti.
Il corso di formazione prevedeva due attività: la prima, un video tutorial indirizzato a tutte le figure delle strutture, dai medici agli operatori alberghieri, in cui si trattavano argomenti tradizionali per poi avere nozioni più specifiche al rischio clinico; la seconda, prevalentemente dedicata ai direttori sanitari e al loro aggiornamento di formazione.
“Il progetto ha avuto un flusso altalenante, con una fase di picco quando è cominciata la formazione dei direttori sanitari. La formazione ha avuto un impatto immediato, sono subito arrivate proposte di cambiamento, come ad esempio l’implementazione della telemedicina, che sono state prontamente trasmesse a chi di competenza a livello regionale.”
Gli interventi sopra menzionati possono essere visualizzati tramite link a partire da 1h26min.
[1] Organizzato da: Italian Network for Safety in Healthcare (INSH) in collaborazione con il Laboratorio Management e Sanità della Scuola Superiore Sant’Anna il 5 marzo 2021 e con il patrocinio di ISQua (International Society for Quality in Health Care).