RESIDENZE PER ANZIANI: I NUMERI DELLA PANDEMIA NEL MONDO
La mortalità associata al Covid-19 nelle strutture residenziali: i risultati di uno studio in 22 Paesi.
“Il 41 per cento dei morti da Covid erano anziani ospitati in una struttura residenziale. Una cifra che risulta ancora più impressionante se si considera che questa categoria rappresenta lo 0,75 della popolazione dei Paesi interessati dallo studio”.
Questa è la sintesi offerta da Adelina Comas-Herrera del Care Policy and Evaluation Centre (CPEC) della London School of Economics durante il webinar Covid-19 nelle RSA[1] del 5 marzo 2021.
Pur senza sottostimare i problemi metodologici che nascono nell’affiancare i dati di Paesi e sistemi sanitari diversissimi tra di loro, la ricerca offre una stima e un ordine di grandezza che porta ad una constatazione, di fatto, inequivocabile: nelle RSA di Paesi diversi che vanno dalla Scozia ad Hong Kong, il numero di vittime di Covid tra gli anziani nelle strutture residenziali è stato altissimo[2].
Anche i tentativi di isolare le residenze per anziani si sono rivelati vani, mentre il numero e la frequenza dei decessi tra gli ospiti veniva influenzato dal livello di contagio nella società circostante. Il principale fattore di rischio, infatti, è sembrata essere la diffusione del virus attorno alla RSA, non le misure adottate dentro le strutture.
Pur considerando le differenze tra i diversi Paesi, le diversi modalità di ospedalizzazione e i livelli assistenziali di partenza, il gruppo di lavoro del CPEC ha individuato alcune caratteristiche della residenzialità per anziani che possono essere individuate come cause della loro vulnerabilità.
Tra queste: le residenze per anziani non erano concepite come luoghi di isolamento ma di vita in comune; le strutture non sono state considerate una priorità politica durante la prima ondata della pandemia; non esistevano linee guida per identificare i sintomi geriatrici del Covid-19 (delyrium in alcuni casi piuttosto che sintomi influenzali); una tardiva disponibilità dei tamponi; personale scarso e sottopagato, unito ad un coordinamento tra residenze per anziani e sistemi sanitari che è stato pressoché inesistente.
Ecco da dove ripartire per ripensare quanto avvenuto nei più di dodici mesi trascorsi dall’esplosione della pandemia. Partendo, magari, da residenze più piccole, maggiormente collegate al tessuto sociale della comunità.
L’intervento della dottoressa Adelina Comas-Herrera è visionabile a questo link a partire da 1h02min.
[1]Organizzato da: Italian Network for Safety in Healthcare (INSH) in collaborazione con il Laboratorio Management e Sanità della Scuola Superiore Sant’Anna il 5 marzo 2021 e con il patrocinio di ISQua (International Society for Quality in Health Care).
[2] Per i numeri dell’Italia, che non ha raccolto dati sistematicamente per le RSA, si veda l’articolo RSA E COVID IN ITALIA, pubblicato su www.sanita360.it