RSA E RISK MANAGEMENT: PROSPETTIVE FUTURE DOPO IL COVID-19
La pandemia da COVID-19 ha amplificato significativamente problematiche del mondo delle RSA in parte note agli operatori di settore, e purtroppo fino ad ora rimaste non adeguatamente gestite. La mancanza di omogeneità rispetto all’organizzazione nazionale è stata fortunatamente bilanciata dalla grande dedizione del personale sanitario. In futuro sarà necessario affidarsi alle nuove tecnologie per migliorare la sicurezza e la qualità delle cure delle categorie particolarmente a rischio presenti nelle strutture.
Le Residenze Sanitarie Assistenziali hanno dovuto affrontare l’emergenza di una pandemia che ha colpito soprattutto la fascia di età dei pazienti in esse residenti. Come? Ne abbiamo parlato con la Dott.ssa Francesca Rubboli, Direttore Risk Management econ Anna Guerrieri, Risk Manager di Sham Italia.
Come si sta muovendo il comparto del controllo delle infezioni e della cura delle persone? La prassi eseguita nelle strutture procede secondo un paradigma condiviso?
La situazione delle RSA non ha subito cambiamenti strutturali rispetto alla prima ondata della pandemia. La maggior parte delle strutture attualmente è impostata sulla valorizzazione del profilo alberghiero più che di quello sanitario. In molte di esse, infatti, l’impianto sanitario è presente solo su carta, per questo è necessario un ripensamento della governance del sistema sanitario. Purtroppo ogni Regione adotta criteri di accreditamento propri ed in questo modo è molto complicato generare pratiche condivise da seguire.
È possibile identificare, in uno scenario così variegato, delle “buone pratiche” funzionali, che possano essere efficaci?
Le buone pratiche ci sono, ma dipendono, spesso, dalla sensibilità e dalla formazione dei Direttori generali e del personale sanitario delle RSA. Talvolta, ad esempio, le funzioni di direzione generale vengono ricoperte da professionisti che non fanno parte del mondo sanitario e, di conseguenza, non hanno una visione di insieme di tipo medico: conoscono poco le loro strutture e dal punto di vista dell’health management sono poco presenti. Diversamente ci sono realtà in cui i direttori sanitari sono più accorti e attenti, e possiedono un’interpretazione del rischio avanzata.
In questi mesi si è molto parlato dell’importanza della comunicazione in tempi di pandemia. Ad esempio, si è molto parlato delle pareti in plexiglass che hanno permesso un’interazione tra pazienti e ospiti delle RSA. È possibile continuare a percorrere questa strada? Se sì, come?
La ridefinizione di percorsi di accesso e di flussi per ospiti e pazienti, la rimodulazione di spazi dedicati all’incontro, il potenziamento delle misure di igiene e la disinfezione nei reparti, insieme all’adozione di dispositivi di protezione individuale, hanno notevolmente arginato i danni del COVID. Le pareti di plexiglass sono state preziose nello specifico momento dell’inizio della pandemia, ma nel momento di crisi maggiore le RSA hanno totalmente chiuso i contatti con gli ospiti provenienti dall’esterno. Le strutture che hanno adottato tale modalità sono risultate essere quelle più sicure, sia per i pazienti che per gli operatori sanitari. In contesti del genere, però, non dobbiamo dimenticare il benessere sociale e umano delle persone, che è importate tanto quanto quello fisico. Il personale sanitario ha supplito in modo eccellente alla mancanza di contatti tra i pazienti e le proprie famiglie, mettendo a disposizione i propri device personali al fine di poter mantenere un rapporto con l’esterno e in casi gravi ed infelici poter dare l’ultimo saluto ai propri cari. Non dobbiamo dimenticarci che l’aspetto umano è, ed è stato, fondamentale e va al di là di qualsiasi protocollo o procedura.
In una situazione così mutevole, il modello delle RSA è destinato a cambiare?
Assolutamente sì. Il 5 marzo sarà organizzata da Italian Network for Safety in Healthcare (INSH) in collaborazione con Sant’Anna Scuola Universitaria Superiore di Pisa, una giornata di webinar dal titolo “COVID-19 nelle RSA” in cui si discuterà della sicurezza e della qualità delle cure nelle RSA dopo l’arrivo della pandemia. L’ipotesi principale è quella dell’utilizzo delle nuove tecnologie nel campo medico, come ad esempio i braccialetti con microchip. che potrebbero divenire uno strumento necessario nel momento in cui ci si interfaccia con pazienti che non sono più in grado di relazionarsi con il personale sanitario (ma anche con pazienti vigili). Mettere a disposizione dei propri pazienti tecnologie di base che possono garantirne la sicurezza è un passaggio fondamentale. La possibilità dell’accesso diretto ai dati del singolo paziente è fonte di sicurezza e garanzia ulteriore di riuscita delle cure somministrate. Molto importante è anche la telemedicina: spesso i pazienti delle RSA seguono delle profilassi mediche gestite dai medici di base, per questo è doveroso rafforzare la comunicazione tra questi ultimi e gli operatori delle RSA. Inoltre, sarà necessario agire sulla campagna delle vaccinazioni. Maggiore sarà il numero dei vaccinati nelle strutture RSA, minore sarà il rischio della diffusione della malattia. Dobbiamo lavorare con l’obiettivo comune di un sistema sanitario più sicuro così da favorire la ripresa dei contatti umani nelle strutture.
Quali saranno, quindi, i principi del cambiamento?
Mi auguro che le RSA siano sempre più percepite e gestite come strutture sanitarie. Auspico inoltre un rafforzamento della “profilassi” nei confronti delle infezioni – sia virali che di batteri farmaco resistenti – e nel contempo un’apertura ed intersezione significativa con: la medicina territoriale, i parenti degli ospiti e l’aggiornamento sulle buone pratiche di Risk Management. È un’evoluzione in corso e non sappiamo ancora che strada prenderà. Ma la direzione è quella giusta e quel che è certo, è che si dovrà basare anche sull’adozione delle tecnologie digitali.