AFFRONTARE IL DOLORE PER MIGLIORARE LA VITA

A dieci anni dall’entrata in vigore della legge 38/2010, la terapia del dolore continua a necessitare di molta comunicazione ed empatia. Troppi pochi medici e cittadini sono a conoscenza di questa opportunità terapeutica. Il Webinar di Cittadinanza attiva ha risposte alle diverse domande in materia.

 

Il giorno 16 Dicembre 2020 è andato online l’incontro promosso da Cittadinanza attiva dal titolo “Dolore, 10 anni di legge 38”.

La terapia del dolore è l’insieme degli interventi diagnostici e terapeuti volti a individuare e applicare terapie farmacologiche, chirurgiche, strumentali, psicologiche e riabilitative, allo scopo di elaborare idonei percorsi per la soppressione e il controllo del dolore. È solitamente rivolta a chi è affetto da un dolore acuto, cronico o procedurale, indipendentemente dall’età.

La legge 38 del 2010 garantisce l’accesso alla terapia del dolore ma, dopo un decennio, solo il 27,9% della popolazione italiana è a conoscenza di essa. Ne ha parlato Tiziana Nicoletti, Responsabile progetti e networking CnAMC, portando la raccolta dati di un’inchiesta: il 73,1% non ha mai ricevuto informazioni sui diritti che la legge riconosce a tutti i cittadini, il 36,5% è venuto a conoscenza della legge tramite conoscenti o internet. È proprio da questi dati che nasce la necessità di dover migliorare la comunicazione al paziente, al fine di evitare false informazioni.

“Il dolore è un momento importante per chi lo soffre” interviene il Dott. Antonio Verginelli, medico di medicina generale, FIMMG “esso è presente anche a livello emozionale in quanto sconvolge le vite di chi lo prova, per questo è fondamentale che il medico comprenda l’ampiezza del dolore attraverso scale di misurazione per poi assegnare il farmaco giusto”.

A questo proposito prosegue il Dott. Renato Fanelli, medico di medicina generale “è bene differenziare due tipi di dolore: quello neuropatico e quello nocicettivo al fine di indirizzare il paziente alla cura farmacologica migliore. È necessario che il medico di medicina generale sia in grado di identificare velocemente il paziente che necessiterà di cure palliative. Prevenire il dolore cronico rende possibile un percorso di vita migliore e dignitoso”

Molte, a questo proposito, sono le domande riguardo l’utilizzo di farmaci oppiacei o palliativi.

“La domanda più frequente tra i pazienti sottoposti a terapia del dolore riguarda l’utilizzo della macchina- continua il Dott. Luca Micelli, SOSD medicina del dolore clinico sperimentale presso CRO Aviano –. Ci sono due tematiche da affrontare. Dal punto di vista clinico, le molecole oppiacee non rendono un paziente pericoloso. Dal punto di vist legale, in base all’art.187 il soggetto è multabile solo se è presente in esso una sostanza oppiacea in concomitanza ad uno stato psicofisico alterato. Per questo motivo nelle nostre strutture abbiamo creato un’applicazione gratuita che verifica l’attività cerebrale dei pazienti prima di mettersi alla guida. Per quanto riguarda la cannabis curativa, invece, la situazione è differente, infatti devono passare almeno 24 ore prima che il paziente possa rimettersi alla guida. Per questo motivo risulta necessario sensibilizzare anche le forze dell’ordine riguardo l’utilizzo delle diverse terapie del dolore”.

Ma quando un dolore viene considerato cronico?

“Si parla di dolore cronico quando si vuole indicare un dolore che persiste da più di tre mesi- spiega la Dottoressa Laura Demartini, specialista in anestesia e rianimazione e terapia del dolore presso l’Unità di terapia del dolore dell’ICS Maugeri, Pavia- . Ci sono storie tipiche di dolori cronici che vengono sottovalutati, dimenticando molto spesso che la cronicità può intaccare tutti a qualsiasi età”.

“Quando parliamo di dolore cronico – prosegue il Dott. Maurizio Evangelista, Direttore UO TDD e Centro Cefalee SISC UCSC/CIC e Vicepresidente AISD – parliamo di una vera e propria patologia che viene influenzata da fattori biologici, psicologici e sociali, per questo motivo qualsiasi racconto di un’esperienza di dolore deve essere rispettato. Il dolore cronico influenza ogni aspetto del paziente, dalla sfera fisica a quella emotiva per finire in quella finanziaria. Per questo è necessario mettere insieme diverse figure professionali al fine di garantire l’inizio e la continuità delle cure per i pazienti affetti da dolore cronico”

La collaborazione sanitaria diviene quindi essenziale.

“Un corpo medico che si consulta è sintomo di progresso – esordisce il Dott. Fulvio Borromei, medico di medicina generale specializzato in cure palliative-; scambiarsi le informazioni tra medici è importantissimo perché attraverso la collaborazione si migliora la qualità della vita del paziente. C’è bisogno di un approccio etico al dolore, l’esperto di medicina palliativa deve fare da mentore ai colleghi al fine di aiutare quanti più pazienti possibile”

I farmaci utilizzati nella terapia del dolore hanno funzioni diverse, ogni paziente risponde ad essi in modo personale ed è per questo che è assolutamente necessario trovare il farmaco adatto a ciascun caso.

Nella terapia del dolore alla base deve esserci un rapporto empatico tra paziente e curante. È necessario avere comprensione, facendo sentire la persona che soffre ascoltata e non giudicata.

La cura al dolore ha come base il rapporto umano.

RIPENSARE E RISTRUTTURARE LE RSA DURANTE E DOPO L’EMERGENZA DEL CORONAVIRUS

Il corso organizzato dall’Università Marconi in collaborazione con INSH dedicato alla “Sicurezza e gestione del rischio clinico nelle RSA durante il COVID-19”. Il dottor Riccardo Tartaglia: “Urgente intervenire non solo a livello strutturale ma anche formativo”.

 

Guardando all’indice di vecchiaia in Italia 2020 emerge come ci siano 178,4 anziani ogni 100 giovani. Una popolazione sempre più fragile e bisognosa di assistenza, che durante l’emergenza legata al Covid19 ha dovuto confrontarsi con le problematiche non solo del sistema sanitario ma anche assistenziale. Esempio lampante sono proprio le Residenze Sanitarie Assistenziali, dove la percentuale di residenti over 85 si avvicina al 74%. Diventate in alcuni casi focolai di contagi, le RSA sono un ingranaggio importante per il funzionamento del nostro Paese: “Spesso per ragioni sanitarie, lavorative ed economiche le famiglie non sono in grado di fornire l’assistenza di cui i loro cari necessitano – conferma il dottor Riccardo Tartaglia, Presidente onorario di INSH e medico specialista in Medicina del Lavoro e in Igiene e Medicina Preventiva– ed ecco quindi che le RSA diventano un sostegno e una risorsa fondamentale”.

“Esse ospitano una fetta molto vulnerabile della popolazione, ed è per questo necessario ed urgente metterle in sicurezza, non solo per difendersi dal Covid19 ma anche per colmare quelle differenze che emergono a livello territoriale ed economico” continua il dottor Tartaglia, evidenziando come sia fondamentale ripensare e ristrutturare le Rsa. “Gli aspetti su cui intervenire sono molteplici – spiega- a partire dalle dotazioni tecnologiche. L’utilizzo di dispositivi che permettono un monitoraggio costante e telematico dei pazienti è fondamentale in una fase come quella che stiamo vivendo, ma non solo: l’uso ad esempio dei braccialetti che misurano frequenza cardiaca, respiratoria, la temperatura cutanea permette di avere sotto controllo diversi parametri e intervenire tempestivamente laddove questi si vadano a modificare”. Da ripensare sono anche gli spazi: “I contagi da coronavirus hanno reso evidente come tenere nella stessa stanza 3-4 pazienti favorisca i contagi non solo di coronavirus, ma anche di altre infezioni”. Da non sottovalutare anche l’aspetto psicologico legato agli ambienti in cui vengono ospitati i pazienti. Questi infatti spesso risultano essere un ambiente ibrido tra quello casalingo ed ospedaliero, con innegabili effetti sulla serenità dei residenti.

“Abbiamo anche la necessità di mettere in sicurezza i medici e gli infermieri che lavorano in queste strutture – continua Tartaglia – hanno a che fare con pazienti estremamente difficili, ed è necessario un supporto specialistico della geriatria che coadiuvi gli operatori di medicina generale nel loro lavoro quotidiano”. Non solo: è fondamentale che chi lavora all’interno delle RSA sia messo in sicurezza e protetto. Ed è in questa prospettiva che Italian Network for Safety in Healthcare in collaborazione con l’Università degli Studi Guglielmo Marconi, ha organizzato un importante corso dedicato alla “Sicurezza delle cure e gestione del rischio clinico nelle RSA durante il COVID-19”. Nel prossimo futuro le RSA saranno presidi territoriali indispensabili e ben integrati nel sistema sanitario, che si interfacceranno in modo sistematico e strutturale sia con gli Ospedali per acuti che con la medicina ed assistenza socio sanitaria del territorio (Medico di famiglia, Casa della Salute, AFT).  “Il corso, che è rivolto sia a infermieri che a medici, è totalmente telematico – spiega Tartaglia – questo perché non volevamo influire sull’attività lavorativa dei frequentatori, che potranno accedere al pacchetto di lezioni quando preferiscono nell’arco di un periodo lungo tre mesi”. Gli argomenti trattati durante le 34 ore di lezione spazieranno dalla conoscenza del quadro normativo e delle responsabilità̀ professionali derivanti dalla non applicazione di quanto prevede la letteratura internazionale per una buona assistenza al paziente geriatrico fino alle tecniche di analisi reattiva degli incidenti. Per conoscere il programma completo del corso di formazione, alla cui conclusione verrà rilasciato un attestato con l’attribuzione di 12 CFU, visitare il sito ufficiale dell’Università degli Studi Guglielmo Marconi  o di INSH www.insafetyhealthcare.it

 

 

 

LA LEZIONE DEL MASTER: ANTICIPARE I RISCHI PRIMA CHE SI VERIFICHINO

Workshop inaugurale per il primo Master Universitario di secondo livello dedicato risk management in sanità realizzato dall’Università di Torino in collaborazione con Sham e con il supporto di Federsanità-ANCI.

Venerdì 11 dicembre si è tenuto presso l’Università di Torino l’evento inaugurale del primo Master Universitario di secondo livello: “Sicurezza delle cure, governo clinico e gestione del contenzioso” organizzato dall’Ateneo in collaborazione con Sham e con il supporto di Federsanità-ANCI.

“Vogliamo diffondere la cultura della gestione del rischio in sanità e questo Master è uno degli strumenti che abbiamo scelto per dare il nostro contributo concreto alla discussione sulla sicurezza delle cure – ha affermato Roberto Ravinale, Direttore esecutivo di Sham in Italia, durante il workshop trasmesso in diretta dalle aule dell’Università. – Siamo una Mutua che assicura la sanità e nel nostro DNA c’è il principio di farlo in qualità di alleati per portare contributo reale alla gestione del rischio”.

Il Master non è la prima esperienza di collaborazione tra Sham e l’Università di Torino. “Collaboriamo con Sham da anni, con corsi di formazione e ricerca all’interno delle aziende sanitarie – precisa il Professor Enrico Sorano, docente del Dipartimento di Management dell’UniTo e Direttore del Master. – Ora siamo qui con il master che ci permette di affrontare diverse tematiche. All’interno del corso ci sarà modo di focalizzarsi sul risk management in ambito sanitario, individuare quali sono i ruoli da sviluppare per tenere sotto controllo il rischio clinico e discuteremo anche come si coniuga il concetto di prevenzione rispetto ai big data, l’intelligenza artificiale e il cyber risk. Proviamo, insomma, a delineare gli interventi da promuovere all’interno delle strutture sanitarie per affrontare i rischi del futuro”.

Anche Federsanità-ANCI ha sottolineato l’importanza di mettere al centro del panorama legislativo la garanzia della sicurezza delle cure.

“Federsanità ha da tempo dato l’allarme circa lo stato di difficoltà in cui versano le strutture sanitarie, fin da prima della pandemia- conferma Tiziana Frittelli, Presidente di Federsanità. – Oggi, confrontandoci con gli eventi infausti incontrati durante la prima ondata, si pone il problema di trovare una definizione condivisa di colpa grave, limitata all’ambito pandemico. Questa rappresenterebbe un elemento di protezione per gli operatori sanitari che si sono trovati ad affrontare la crisi. Ci auguriamo che questo master diventi un luogo di approfondimento, di confronto critico per arrivare a trovare soluzioni che supportino il SSN”.

Il workshop introduttivo ha visto, inoltre, la partecipazione di importanti relatori che hanno anticipato alcune tematiche previste per le lezioni del master nel corso del 2021.

Elio Borgonovi, Presidente del CERGAS, ha evidenziato le difficoltà introdotte dall’assenza di sicurezze, incontrata soprattutto durante lo stato pandemico. “Ci troviamo in una situazione di incertezza in cui non è possibile associare una probabilità agli eventi possibili. I sistemi mutualistici si basano sulla capacità di anticipare rischi e non siamo in grado di proteggerci in situazioni di incertezza, piuttosto, sono più gestibili le situazioni di rischio. Questo è un concetto che sarà approfondito nel master, per fornire gli spunti per imparare a gestire anche situazioni imprevedibili”.

Il Magistrato e Vice Procuratore Generale della Procura del Lazio, Barbara Pezzilli, ha invece esposto le caratteristiche della responsabilità amministrativo contabile in ambito sanitario. “In questo periodo storico è particolarmente importante evitare che interpretazioni non corrette delle norme portino a una distorsione nella gestione degli eventi avversi – afferma. – È necessaria una migliore gestione delle risorse pubbliche che si può realizzare anticipando i danni prima che si verifichino. Questo impegno deve coinvolgere tutti i soggetti che nella loro attività si trovano a spendere risorse che derivano da finanziamenti del sistema sanitario”.

La giornata di workshop si è conclusa infine con le riflessioni del Professor Guido Alpa, emerito di Diritto civile presso l’Università di Roma La Sapienza e autore di un testo a commento della legge Gelli-Bianco. “La sfida di oggi è capire come assicurare al paziente interventi sanitari davvero efficaci e difenderlo dai rischi in cui può incorrere all’interno di una struttura ospedaliera. Raccogliendo dati ospedalieri si può fare un’analisi dei rischi dalla quale ricavare buone pratiche e linee guida che devono essere messe a disposizione delle istituzioni e pubblicate su riviste specialistiche. Stiamo lavorando – ha continuato Alpa – affinché le linee guida siano valutate e pubblicate dal Ministero della Salute in modo che ogni medico possa venirne a conoscenza”.

Le lezioni del master (la prossima si terrà il 15 gennaio) avranno anche il compito, dunque, di approfondire i numerosi spunti proposti in questa giornata introduttiva che ha dato modo di dipingere un quadro dei diversi aspetti in gioco quando si parla di gestione del rischio in sanità. “Nel master snoccioleremo gli argomenti introdotti oggi come punti di riferimento. – conclude Sorano– Insisteremo sul contenitore di riferimento che è il SSN e sulla cultura dei processi aziendali. Questo master è un’occasione per imparare a fare fronte alle problematiche che si possono sviluppare nel corso dell’azione sanitaria, sia quelle già ben note ma anche quelle più nuove e meno conosciute”.

 

GESTIONE DEL RISCHIO: INTEGRAZIONE DEGLI STORICI DEI SINISTRI PER MIGLIORARE LA PREVENZIONE FUTURA

L’impatto che l’analisi dei sinistri ha sulla riduzione dei bias nella previsione del rischio a priori: ecco il tema del webinar Sham On Air del 30 ottobre “La dinamica del miglioramento in sanità: integrare efficientemente gestione dei sinistri e del rischio”.

 

Venerdì 30 ottobre 2020 si è tenuto il webinar Sham On Air incentrato sull’integrazione della gestione dei sinistri nel rischio clinico e su come lo storico degli eventi avversi può essere d’aiuto nella mappatura dei rischi.

Hanno preso parte al dibattito: Umberto Fiandra, Dirigente Medico Sc Qualità, RM, Accreditamento, AOU Citta della Salute e Anna Guerrieri, Risk Manager di Sham.

“Il medico ha una visione individuale” esordisce il Dott. Fiandra “per questo, nelle aziende sanitarie, è bene studiare tutti i passaggi di un processo come ad esempio il metodo FMECA. Sul processo è doveroso fare un’analisi specifica e condivisa, a differenza magari dell’analisi di prodotto che può essere qualitativa e personale. Occorre inizialmente valutare i rischi lordi, identificare e valutare i sistemi di gestione e i rischi netti e, infine, arrivare ad un piano d’azione. Per fare ciò, è necessario superare le difficoltà di comunicazione tra i diversi livelli operativi di un’azienda. Comunicar e il proprio feedback fa sì che l’intero processo sia compreso da tutti, avendo a disposizione una visione sistematica e a largo raggio”.

“La gestione del rischio è responsabilità di tutti – ha confermato Anna Guerrieri, Risk Manager di Sham e – Bisogna misurare e tracciare al fine di avere una governance sistemica. È necessario mappare ogni fenomeno che avviene al fine di comprendere lo storico e predire i rischi futuri”.

Per fare ciò Sham ha adottato l’approccio metodologico di analisi a priori del rischio creato dal Gruppo Relyens denominato “Cartorisk”. Analizzando a priori i rischi inerenti ad alcuni principali processi di erogazione di prestazioni sanitarie, è infatti possibile realizzare una mappatura dei processi, dei maggiori rischi inerenti ad essi, delle barriere utilizzate all’interno dei presidi per la loro gestione e del rischio residuo da gestire.

“Nel 2018, in un progetto in collaborazione con l’Università di Torino, abbiamo mappato tutto il percorso della persona assistita in area materno-infantile – prosegue Guerrieri -. “Questo impegno ha permesso la formazione sul campo di 300 professionisti, la valutazione di 1800 possibili rischi e l’individuazione di 183 azioni di miglioramento”.

I dati assumono, in questo scenario, sempre più importanza e diventano fonte necessaria per arginare bias di calcolo. Costruendo uno storico dei sinistri è possibile comprendere cosa non ha funzionato nel processo con maggiore precisione.

Lo storico degli eventi avversi diventa, secondo i due relatori, uno strumento per tarare una mappatura a priori, permettendo la riduzione dei bias e portando alla luce il processo in tutta la sua interezza. 

“Esiste già un database storico a cui riferirsi” continua il Dott. Fiandra “il SIMES è il Sistema Informativo per il Monitoraggio degli Errori in Sanità ed ha l’obiettivo di raccogliere le informazioni relative agli eventi sentinella e alle denunce dei sinistri sul territorio nazionale. Tale sistema permette la valutazione del rischio e il monitoraggio degli eventi avversi ed è la base per ogni azione di miglioramento per quanto riguarda l’individuazione del rischio clinico. Tutti i Big Data dei contenziosi sono raccolti in maniera sistemica e utilitaristica, vengono elaborati e poi messi in esperienza”.

È necessario analizzare bene tutti i dati a disposizione, quelli passati così come quelli presenti, questa la conclusione del webinar, ma cosa più importante è la richiesta un’alta qualità del dato stesso.Un dataset costruito bene permette la profilazione degli eventi da cui trarre il massimo dell’esperienza. Per fare ciò è richiesta la standardizzazione dei processi di riferimenti che a loro volta devono essere suddivisi in sotto processi.

Per questo motivo risulta necessaria la diffusione della cultura della misurazione del rischio, in modo da permettere l’integrazione di codifiche e misure per avere contenuti validi. Comprendere cosa sia successo in passato aiuta a predire con maggiore chiarezza i rischi futuri.

 

Ricoverati tre bambini con sindrome di Kawasaki potenzialmente correlata al Covid

Comunicazione dell’Asst Lariana. 

 

Tre bambini, di 5, 3 e 2 anni, residenti in comuni della provincia di Como, sono stati ricoverati nelle scorse ore all’ospedale Sant’Anna con sindrome di Kawasaki potenzialmente correlata al Covid-19. Per due di loro si è reso necessario il trasferimento nelle terapie intensive pediatriche di Bergamo, ospedale Papa Giovanni XXIII, e di Milano, ospedale Buzzi, stante l’interessamento infiammatorio del tessuto cardiaco (miocardite). Le due strutture rappresentano l’eccellenza rispetto al trattamento di questa patologia infantile. Il terzo bimbo è tuttora ricoverato al Sant’Anna dove si stanno ultimando i necessari accertamenti. Febbre alta da oltre tre giorni, congiuntivite, eruzioni cutanee, gonfiore e/o arrossamento delle mani e dei piedi sono i principali sintomi della malattia di Kawasaki, che è una rara malattia infiammatoria che colpisce i vasi sanguigni (vasculite) e che colpisce in genere i bambini di età inferiore ai cinque anni.

Dagli studi finora pubblicati sembra che la Kawasaki – le cui cause sono tuttora sconosciute – possa essere favorita da una reazione immunitaria eccessiva ad un’infezione, reazione che il Covid, appunto, potrebbe provocare. Questo è quanto ipotizza, ad esempio, un recente studio pubblicato sulla rivista scientifica The Lancet dalla Pediatria dell’ospedale di Bergamo sul legame tra Covid-19 e la malattia di Kawasaki. Lo studio ha analizzato 10 casi di bambini con sintomi compatibili con una diagnosi di  malattia di Kawasaki arrivati al Papa Giovanni XXIII tra il 1 marzo e il 20 aprile 2020. Nei 5 anni precedenti questa malattia era stata diagnosticata in soli 19 bambini. “Nessuna paura e nessun allarme – osserva il primario della Pediatria del Sant’Anna, Angelo Selicorni – I genitori devono essere  attenti a monitorare una serie di campanelli d’allarme che i pediatri di famiglia ben conoscono: oltre ad una febbre alta da più giorni, comparsa di congiuntivite, labbra o bocca secche, uno stato di debolezza generale, arrossamento e/o gonfiore delle mani e dei piedi e aumento di dimensione di alcuni linfonodi. In questi casi è necessario approfondire la situazione con accertamenti mirati ed attivare le terapie necessarie”. “Considerato il numero di casi che si sono registrati – osserva il direttore generale di Asst Lariana, Fabio Banfi – abbiamo offerto ad Ats Insubria la possibilità di organizzare un incontro on-line dei nostri medici con i pediatri del territorio, e se servisse anche della provincia di Varese, per presentare la sintomatologia emersa e i segnali da non sottovalutare”.

Buone pratiche da condividere in tempo di Covid

In questa stagione di grande impegno per il Sistema Sanitario, è particolarmente strategico condividere l’esperienza sul campo perché è dalle prove superate a livello locale che emergono le buone pratiche, applicabili su tutto il territorio nazionale.

 

Sanità 360° ne ha trattato nell’edizione precedente, raccontando la trasformazione della struttura “Santa Maria degli Angeli” di Putignano in ospedale COVID e la risposta dell’ASL Bari alla crescita delle curva dei contagi.  E lo fa anche oggi, mettendo in primo piano un tema di assoluta attualità: i servizi territoriali, divenuti centrali in un’ottica di distanziamento sociale. Nel Webinar Sham on Air di Giovedì 26 novembre abbiamo presentato due casi studio che permettono di restituire con forza le difficoltà ma anche le occasioni insite nello scenario attuale. Da una parte raccontiamo la nascita delle USCA, come risposta all’emergenza, e il loro sviluppo nella ASL TO4, come modello di telemedicina. Dall’altro mettiamo in risalto l’evoluzione del progetto “Meglio a casa”, sviluppato sul territorio ligure, in particolare nell’ASL4 di Sestri Levante: un’iniziativa in corso dal 2017 che ha dovuto riconfigurarsi per far fronte ai nuovi rischi dettati dalla pandemia.

Anche la comunicazione sanitaria è cambiata drasticamente ed è divenuta l’oggetto di una ricerca condotta dal Dipartimento di Management dell’Università degli Studi di Torino; il progetto si inserisce nella lunga collaborazione tra il Dipartimento stesso e la Mutua Sham.

Infine, torniamo su un tema caldo già affrontato negli ultimi mesi: la preoccupazione per il rischio informatico, che cresce di pari passo con la digitalizzazione. La Sanità è divenuta il principale bersaglio del cyber crime e ha bisogno di strumenti e competenze multidisciplinari che garantiscano la sicurezza di dati e device medicali. Nell’articolo “Come avviene un attacco hacker ad un ospedale” CyberMDX, uno dei partner tecnologici di Sham, analizza uno scenario tipo e si suggeriscono le  corrette contromisure che le strutture sanitarie possono adottare per proteggersi.

Non mi dilungo oltre e vi auguro una buona lettura.

 

Roberto Ravinale

Direttore Esecutivo di Sham in Italia