LA COMUNICAZIONE NELLE STRUTTURE SANITARIE AL TEMPO DEL COVID-19

LA COMUNICAZIONE NELLE STRUTTURE SANITARIE AL TEMPO DEL COVID-19: L’ANALISI DEL GRUPPO UNITO

Le ricerche effettuate dall’Università di Torino in collaborazione con Sham mostrano una prima fotografia delle attività di gestione del rischio nelle strutture sanitarie italiane. Tra queste, spicca il ruolo della comunicazione nella prevenzione degli errori in sanità.

 

La “Stanza degli abbracci” per i pazienti Covid-19 nella casa di cura Domenico Sartor, a Castelfranco Veneto, è solo uno degli esempi che mostrano quanto la comunicazione stia cambiando all’interno delle strutture sanitarie: una speciale tenda di plastica anticontagio è messa a disposizione delle persone ricoverate, affinché possano riabbracciare i loro cari[1]. A questa si aggiunge l’esperienza altrettanto virtuosa dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII, dove sono stati distribuiti tablet e smartphone per consentire ai pazienti Covid di comunicare con i familiari[2].

Sono i primi segnali di un inevitabile passaggio dettato dalla necessità di ridurre la trasmissione del virus. Questo nuovo orizzonte nella gestione delle relazioni all’interno delle strutture sanitarie e nella comunicazione che le governa mette in luce processi innovativi nell’era della pandemia. Assieme ad Alberto Sardi, Assegnista di Ricerca del Dipartimento di Management dell’Università degli Studi di Torino, che con la mutua Sham si sta occupando di analizzare la gestione del rischio clinico e sanitario in Italia, abbiamo provato a tracciare le caratteristiche di questa nuova dimensione.

 

Come è cambiata la comunicazione all’interno delle strutture sanitarie nella pandemia?

«Le ricerche del gruppo UniTO hanno evidenziato la necessità di migliorare la comunicazione tra i vari attori presenti nello scenario assistenziale, una comunicazione indubbiamente messa a dura prova nell’attuale pandemia. Le ricerche indicano che la comunicazione può generare, ma anche prevenire, molti errori in sanità.

Complessivamente, la comunicazione con i pazienti si è più che mai rivoluzionata nell’ultimo periodo, passando da conversazioni giornaliere a colloqui via Skype, per telefono o email, come evidenzia il caso della casa di riposo a Castelfranco Veneto».

 

Le ricerche condotte dall’Istituto Superiore di Sanità indicano che l’isolamento sociale è un fattore di rischio per tanti disturbi psicologici, come ansia e depressione: secondo lei, l’utilizzo delle tecnologie può aiutare a ridurre questi fattori?

«A mio avviso, le tecnologie possono essere inserite soprattutto nel canale della prevenzione e supportare, anche con un’assistenza territoriale, persone che affrontano il disagio emotivo dovuto alla pandemia. Da una parte le tecnologie possono aiutare a fornire più assistenza domiciliare, dall’altra, possono prevenire disturbi e patologie che in futuro potrebbero essere a carico del Servizio sanitario nazionale; ciò consentirebbe maggior equilibrio tra prevenzione, assistenza distrettuale ed ospedaliera».

 

Quali sono i passi da compiere per implementare le tecnologie all’interno di una struttura sanitaria?

«Le tecnologie, o meglio i sistemi informativi, devono essere progettate, implementate e sviluppate con il supporto di tecnici sia dell’ambito sanitario che del campo informatico, gestionale e organizzativo. Numerosi studi mostrano i benefici e le loro potenzialità, così come gli effetti negativi in caso di progettazione ed uso non idonei. In linea di massima, bisognerebbe riorganizzare le strutture sanitarie e prevedere una tecno-struttura che sviluppi sistemi finalizzati a migliorare ed efficientare i processi primari in campo medico e amministrativo. Tutto questo dovrebbe essere accompagnato dall’inserimento di nuovi profili professionali».

 

In questo nuovo scenario, quali sono i profili professionali richiesti?

«Oltre ai profili sopra descritti, ossia professionisti con competenze informatico-gestionali capaci di supportare la standardizzazione e l’informatizzazione dei processi, prevediamo l’inserimento nel breve periodo del Risk Officer, un professionista capace di unire più necessità all’interno del sistema e rivolgersi a figure specifiche di diversi settori. Per supportare al meglio le funzioni primarie di una struttura sanitaria, è necessario arrivare a unità organizzative multidisciplinari, che garantiscano la comunicazione a tutti i livelli e tra tutti i professionisti coinvolti.

All’interno delle strutture sanitarie, si registrano i più alti tassi di competenza e scolarizzazione, ma in generale, nel campo della sanità esiste una grossa lacuna, che è quella della formazione degli operatori sanitari. La formazione, infatti, è prettamente orientata a sviluppare grandi competenze tecnico-professionali, ma poche abilità psicologiche e gestionali. Se le prime aiutano a rinsaldare la capacità di risolvere problemi operativi con i pazienti, la scarsità delle seconde non consente di rafforzare la relazione con il mondo esterno. In questo nuovo scenario, si potrebbero prevedere anche nuove figure professionali con competenze economico-sanitarie».

 

Come si migliora la performance nell’assistenza sanitaria?

«Studiando i sistemi dinamici delle prestazioni, ci siamo resi conto che sottolineare gli aspetti virtuosi dei gesti provoca il miglioramento dell’intero sistema. Grazie a questo, è possibile alimentare una nuova energia e creare situazioni – come quella di Castelfranco Veneto – replicabili in altri contesti, ad esempio in strutture che possiedono meno risorse.

La performance si dovrebbe valutare non guardando solamente alla singola struttura, ma all’intero sistema, che deve essere però governato da linee guida chiare, trasparenti e strategiche per il raggiungimento del risultato migliore. In quest’ottica, ogni performance deve essere integrata all’interno di un sistema regionale e nazionale, i quali però devono andare nella stessa direzione. È solo attraverso l’engagement delle persone, portato dall’unione degli intenti dei singoli, che è possibile migliorare il sistema complessivo.

Infine, la misurazione della performance dovrebbe essere collegata alla gestione, ovvero all’uso delle informazioni raccolte. Una gestione efficace e trasparente dovrebbe consentire una migliore comunicazione delle performance a tutti gli operatori».

 

A questo link è possibile approfondire le ricerche dell’Università di Torino in collaborazione con Sham.

 

[1] Cfr.: tg24.sky.it

[2] https://primabergamo.it/cronaca/grazie-a-tablet-e-smarphone-i-pazienti-covid-possono-tornare-a-vedere-i-loro-cari/