“Storie di persone, voci di infermieri”: il nursing narrativo e l’importanza del rapporto con la persona assistita
Il nuovo libro del Laboratorio di Nursing Narrativo pone i riflettori su ruolo e responsabilità della professione infermieristica, aspetti spesso sottovalutati ma tornati di estrema attualità con l’emergenza del Covid -19.
La relazione con la persona assistita è un aspetto imprescindibile dal percorso di presa in carico, ovvero di cura e trattamento, ed è legata in maniera intrinseca ai problemi etici e deontologici della pratica dell’assistere e del curare. A farsene carico sono prevalentemente gli infermieri, a stretto contatto con le persone assistite e con le loro famiglie in ogni passo. Il Laboratorio di Nursing Narrativo di Milano ha deciso di contribuire al dibattito sull’importanza del nursing raccogliendo storie di esperienze reali, di vita vissuta. Storie variegate che nel loro particolare raccontano dilemmi e domande comuni. Ne abbiamo parlato con Daiana Campani che ha preso parte al progetto.
Come nasce “Storie di persone, voci di infermieri”?
Questo libro nasce da un progetto editoriale ideato e guidato da Paola Gobbi, che ha coinvolto altre sette infermiere e un’ esperta di comunicazione, ed è la naturale evoluzione del Laboratorio di Nursing Narrativo di Milano che dal 2009 si occupa di formazione e ricerca sui temi della bioetica e della deontologia professionale in ambito sanitario. Il libro raccoglie le voci di esperienze legate ai vari contesti dove si esercita la professione infermieristica: dalla quotidianità dell’assistenza clinica alla ricerca, dalla formazione all’organizzazione dei servizi.
Qual è il valore aggiunto del vostro libro?
Il nostro approccio è innovativo: è infatti basato sui casi secondo la metodologia della medicina narrativa. Si tratta di sessanta descrizioni di situazioni assistenziali tratte da esperienze reali per dare una voce sincera a quelle che sono le problematiche concrete in ambito etico, che possano essere utili non solo a studenti, docenti e professionisti, ma anche agli utenti stessi. Abbiamo voluto distaccarci da un approccio classicamente deduttivo alla bioetica per scendere nel concreto, calandoci nella pratica e nei problemi attuali. Inoltre, in chiusura dell’elaborato, è presente una sezione di casi etici internazionali. Questo sguardo allargato vuole essere un ulteriore stimolo alla ricerca e al dialogo.
La didattica viene unita all’esperienza diretta. Per quanto concerne il vostro percorso, credete che manchi una degna attenzione all’umanizzazione in sanità?
Negli ultimi anni sicuramente il mondo sanitario ha subito un profondo cambiamento, dovuto sia all’introduzione di innovazioni tecnologiche sia ai cambiamenti socio-demografici e quindi sanitari della popolazione, da cui consegue la necessità di ricalibrare i bisogni formativi del professionista. Questo libro più che fornire delle risposte, intende suscitare domande, aprire nuove questioni. Pur avendo degli aspetti di analisi e indagini non è prettamente un manuale, ma riesce ad esprimere una pluralità di voci e opinioni su molteplici tematiche etiche.
Può farci qualche esempio delle storie narrate all’interno del libro?
Sono moltissime le storie narrate che spaziano su diverse tematiche: parliamo di anziani, di consenso informato, di fase iniziale e terminale della vita, responsabilità professionale, cure palliative e molto altro. Un caso che molti lettori potranno sentire come vicino è legato alla storia di un anziano e alla decisione, dopo un evento acuto, di ricorrere all’assistenza domiciliare o scegliere una casa di riposo. In un caso di questo tipo le linee guida sono quelle legate al mondo valoriale della persona assistita, principi che valgono in tutto l’ambito dell’assistenza. Quindi, è necessario rispettare il volere della persona assistita prendendo decisioni nella direzione del rispetto delle sue scelte, anche laddove questa abbia difficoltà a spiegare il suo volere con chiarezza, coinvolgendo la famiglia e i caregiver.
L’assistenza agli anziani è anche un tema di eterna attualità nel nostro Paese
Assolutamente, in questo periodo ancor di più considerando che buona parte della popolazione italiana è al di sopra dei 65 anni e molti di questi cittadini sono portatori di patologie croniche, talvolta molteplici. L’aspetto assistenziale è quindi ora predominante nel contesto sanitario italiano, a maggior ragione dopo l’emergenza legata al Covid-19 che ha mostrato come gli anziani siano i soggetti più fragili. Quello che si sta cercando di fare ora è di spostare il centro delle cure non tanto a livello ospedaliero ma di riferirsi il più possibile al territorio, magari nello stesso domicilio dell’assistito.
Questa emergenza legata alla pandemia ha sollevato nuove domande nel vostro campo? Se si quali? Può aver portato a galla dei problemi fino ad ora sottovalutati?
Il Covid 19 purtroppo ha posto tutti gli operatori sanitari di fronte a situazioni critiche, come ad esempio il problema della sicurezza nel prestare assistenza. Nelle realtà assistenziali sono state compiute scelte estremamente difficili e sofferte, seguendo linee guide internazionali che sono tutt’ora oggetto di dibattito e lo saranno ancora per i prossimi mesi. In uno scenario assolutamente fuori dall’ordinario, le decisioni sono state prese in condizione di scarsità di risorse e contingenze legate alla sopravvivenza di molte persone contemporaneamente. Sicuramente è emerso un dibattito importante che continuerà, ma che va approcciato con delicatezza.
Un’emergenza che ha certamente puntato i riflettori sul rapporto tra paziente e infermiere, considerando il distanziamento sociale e l’impossibilità di dare anche conforto
Sono tematiche che da diversi anni sono oggetto di dibattito intellettuale nazionale e internazionale. La relazione è assolutamente un aspetto indispensabile dell’assistenza infermieristica, la relazione è cura, come emerge anche in molti racconti che abbiamo raccolto nel libro. Durante la pandemia sono state adottate strategie per far sì che il distanziamento sociale non si trasformasse anche in un distanziamento emotivo, come l’utilizzo delle videochiamate ad esempio. Laddove è stato possibile il personale sanitario ha prestato i dispositivi personali, trattenendosi anche al di fuori del proprio orario lavorativo, per permettere ai pazienti e ai loro cari di recuperare quel rapporto che l’isolamento aveva interrotto bruscamente. Nei casi più gravi, questi gesti hanno permesso ai pazienti di poter dare un ultimo saluto alle famiglie.