OBESITÀ: COMBATTERE LO STIGMA PER RIDURRE IL RISCHIO
Un quarto dei 25 milioni di italiani sovrappeso è minorenne e il trattamento viene spesso ritardato con il rischio di sviluppare danni e patologie collaterali. Il progetto ObeCity punta a far riconoscere l’obesità come malattia organica, genetica e sociale, e a curarla conseguentemente e per tempo.
Secondo un rapporto redatto dall’Italian Barometer Diabetes Observatory Foundation in collaborazione con Istat, sono 25 milioni di italiani in sovrappeso o obesi. Tra questi il 46% è composto da adulti e il 24% da giovani under 18. Eppure, parlare di obesità è ancora un tabù. Si sa che dare il giusto nome alle cose aiuta a conoscerle e quindi, a combatterle. Per questo la comunità scientifica preme da diversi anni affinché l’obesità venga riconosciuta a tutti gli effetti come una malattia. «Finché non comprenderemo che l’obesità è una malattia in parte organica, in parte genetica e in parte sociale, non potremo combattere lo stigma e offrire le cure necessarie» spiega infatti il Professor Michele Carruba, Presidente Advisory Board ObeCity, Presidente del Centro di Studi e Ricerche sull’obesità dell’Università degli studi di Milano.
Con il contributo di SG Company e Medtronic, ha fondato il progetto ObeCity proprio per avviare una campagna di sensibilizzazione in materia: per ora si tratta di una attività solo digitale, ma non appena sarà possibile si trasformerà in una serie di interventi nel territorio. Perché parlare di obesità non solo aiuta a ridurre lo stigma sociale, ma anche a favorire la prevenzione e la corretta cura, facendo appello anche ad un sistema sanitario che deve necessariamente aggiornarsi con le necessità dei propri cittadini.
Perché parlare di obesità è ancora così difficile e non viene riconosciuta come una malattia vera e propria?
È un problema molto italiano: l’Organizzazione Mondiale della Sanità infatti da tempo ha riconosciuto l’obesità come una malattia, e molti paesi si sono adeguati, permettendo quindi al sistema sanitario di poter curare la malattia in maniera adeguata. Oggi in Italia c’è molta confusione su quanto il nostro sistema sanitario aiuti una persona obesa nelle cure, perché spesso non sono disponibili i servizi dietetici, o sono presenti a macchia di leopardo, seppur con diverse eccellenze. Una risposta che però non è sufficiente ed adeguata alle richieste della popolazione.
Il sistema sanitario nazionale purtroppo interviene, anche economicamente, nel momento in cui la malattia è già in stato avanzato. In un certo senso, una persona obesa per poter accedere alle cure di cui ha bisogno si trova a dover aspettare di aumentare il peso di decine e decine di chili, esponendosi quindi anche ad altre malattie connesse. Ad esempio, è difficile, se non impossibile, avere accesso ai dati di persone decedute per obesità: questo perché vengono considerate proprio le altre malattie conseguenti e non quella a monte, con evidenti ostacoli anche per la ricerca e lo studio.
Oltre al problema del sistema sanitario, all’obesità e alla sua percezione è connessa anche una forte componente sociale…
L’obesità è una malattia multifattoriale. C’è una parte organica della malattia, dove l’aumento di peso è dovuto ad un evidente squilibrio nel funzionamento omeostatico dell’organismo, nella sua autoregolazione, che va indagato a dovere per poter essere curato. Esiste anche un fattore genetico, che porta alcune persone ad essere predisposte all’obesità. Queste a volte non ne sono nemmeno a conoscenza, perché la predisposizione non significa necessariamente lo sviluppo della malattia. Infine, c’è un aspetto sociale e culturale, a sua volta ambivalente. Intanto l’utilizzo di insulti legati al peso è molto diffuso e concesso, e fa trasparire una percezione del problema come una incapacità di controllare l’appetito: questo ha degli evidenti risvolti psicologici nel malato che peggiorano inevitabilmente la condizione. Inoltre, la non percezione dell’obesità come malattia porta chi ne è affetto a dover aspettare l’aggravarsi delle sue condizioni per poter avere un riscontro, e a volte la situazione degenera, diventando troppo grave per poter essere affrontata a dovere.
ObeCity quindi si pone come ponte tra la sensibilizzazione, la prevenzione e la cura?
Assolutamente. Da ragionamenti di questo tipo è nata l’idea di creare uno spazio, per ora digitale, che promuovesse un cambiamento culturale e di conseguenza istituzionale. Vogliamo rendere noto il problema alla popolazione e alla comunità scientifica. L’obiettivo è quello di far in modo che gli obesi vengano presi in considerazione e trattati al pari di altri malati. Contemporaneamente è importante promuovere una cultura dell’alimentazione corretta e bilanciata al nostro contesto sociale, che in un certo senso è “obesogeno”, dove spesso la tecnologia ci porta a fare meno fatica ed usare meno energie.
Quali sono gli step che si pone adesso ObeCity?
Il percorso di Obecity Digital Village è iniziato a giugno, con la presentazione in anteprima durante il Wired Health 2020, e sui nostri canali social abbiamo già cominciato a proporre dei contenuti di sensibilizzazione. A settembre la piattaforma editoriale Obecity Digital Village prenderà ufficialmente vita, utilizzando sempre i nostri social network come amplificatori del nostro messaggio. Solo nel 2021, quando si spera l’emergenza legata al Covid-19 sarà superata, potremo passare allo step fisico del progetto, promuovendo una serie di eventi mirati nel territorio nazionale.
Per scoprire di più sul progetto ObeCity, è possibile vistare il sito ufficiale, o seguire gli account social Facebook e Instagram.