COVID-19: UNA PROPOSTA TRA ETICA, SOLIDARIETÀ E RESPONSABILITÀ
A cura degli Avvocati Ernesto Macrì e Maria Nefeli Gribaudi.
La temperie emergenziale, come quella che il nostro Paese sta vivendo in questi giorni a causa della pandemia da Covid-19, sta scuotendo dalle fondamenta l’equilibrio dell’intero Sistema Sanitario Nazionale, pubblico e privato, già di per sé molto fragile a causa della continua riduzione, nel corso degli anni, delle risorse finanziarie. La rapida diffusione del contagio e la necessità di ricorrere alla terapia intensiva per i casi più gravi, ha sottoposto – e continua ad esporre – ad una forte pressione, soprattutto nella loro capacità ricettiva, l’organizzazione delle strutture sanitarie, in particolare di quelle situate nelle Regioni particolarmente investite dall’epidemia. La problematica della capacità di risposta sotto l’aspetto organizzativo e funzionale finisce per intersecare in maniera dirompente la dimensione della responsabilità sanitaria, sulla quale converge – più che mai nell’attuale situazione di emergenza socio-economica – il tema del contenimento ed equilibrio della spesa pubblica.
Sotto quest’angolo prospettico, nelle scorse settimane, alcune forze politiche, di maggioranza e di opposizione, hanno presentato degli emendamenti, in sede di conversione del Dl “Cura Italia”, volti ad escludere la responsabilità di strutture sanitarie e professionisti in relazione agli eventi dannosi che abbiano trovato causa nel COVID-19, salvo i casi di dolo o colpa grave. Tali istanze normative, seppur condivisibili ed auspicabili sul piano etico-normativo e di politica del diritto, devono tuttavia essere analizzate attentamente e devono confrontarsi con la tutela del diritto alla salute, nella sua dimensione individuale e collettiva, con la sicurezza delle cure oltre che con i principi di universalità, uguaglianza ed equità che ispirano il Servizio Sanitario Nazionale.
Così, al contempo, non si può prescindere dal considerare il contesto di straordinaria eccezionalità e di emergenza con cui tanto la prestazione clinico-assistenziale quanto l’organizzazione sanitaria sono chiamate a misurarsi, non solo a livello nazionale ma globale, non solo sul piano sanitario ma sistemico. Sotto il profilo della responsabilità, se è vero che sia in ambito civile che, a fortiori, in ambito penale, la disciplina ordinaria consente di per sé di valorizzare in senso esonerativo l’attuale contesto emergenziale, non mancano tuttavia preoccupazioni legate ad un possibile aumento del contezioso che, sebbene molto probabilmente destinato a concludersi con esito favorevole, certamente contribuirebbe, per la sua sola stessa sussistenza, ad aumentare le pressioni economiche, sociali e psicologiche mettendo ulteriormente alla prova il Sistema Sanitario Nazionale.
Segnatamente, l’assenza di conoscenze scientifiche, di linee guida e buone pratiche clinico-assistenziali nonché di terapie eziologiche che connotano l’infezione da COVID-19 consentono di richiamare l’art. 2236 c.c. e i limiti soggettivi ivi previsti e di compiere una valutazione ponderata e 2 benevola sul piano della colpa/inadempimento, in sé giudizio elastico e concreto, così come può ritenersi che la sproporzione tra le risorse umane e materiali disponibili e il numero di pazienti su cui è necessario intervenire debba incidere favorevolmente sul piano eziologico deponendo per la sussistenza di una “causa non imputabile”. Lo stesso può dirsi per quanto attiene i profili strettamente organizzativi e gestionali delle strutture sanitarie, chiamate a misurarsi con tempi strettissimi, con limiti economici, strutturali, tecnologici, di risorse e di materiali disponibili e ad attuare rapide riorganizzazioni e ridistribuzioni di compiti ed attività in ragione delle contingenze.
Ciò nonostante il sistema della responsabilità civile, seppur di per sé capace di valorizzare il contesto emergenziale, deve confrontarsi, sul versante processuale, con i gravosi oneri della prova discendenti dalla natura contrattuale della responsabilità delle strutture sanitarie definitivamente sancita dall’art. 7 della l. 24/17 – ancor più stringenti a fronte dell’ipotesi non remota di infezione da COVID -19 correlate all’assistenza e contratte in ambito ospedaliero – specie in un contesto in cui la tenuta della documentazione sanitaria – prova principe nei giudizi di responsabilità sanitaria – può, per evidenti ragioni di contesto, rivelarsi insufficiente ed inadeguata. A ciò si aggiunga che, in ogni caso, qualsiasi considerazione di contesto di carattere generale ed astratto è tuttavia chiamata a confrontarsi con le specificità del caso concreto e del singolo quadro di riferimento, e a variare in considerazione dell’andamento dell’emergenza sanitaria e dell’area geografica portando a valutazioni e conclusioni diametralmente differenti. Tutte le considerazioni sin qui svolte depongono per un auspicabile intervento legislativo.
Al fine di coniugare le istanze, anche di carattere etico, sottese alla opportunità di sollevare le strutture e gli operatori sanitari da eventuali responsabilità in relazione all’emergenza sanitaria con quelle di tutela del fondamentale diritto alla salute, pare utile percorrere, in ossequio al principio solidaristico nonché di proporzionalità e ragionevolezza, una via mediana e bilanciata attraverso la previsione di una tutela indennitaria scevra da giudizi di colpa e dalle logiche sostanziali e processuali del sistema della responsabilità civile che mal si attagliano ad una situazione di tale drammaticità e straordinarietà.
Lo scenario prospettico di profonda crisi sanitaria, economica e sociale, depone nel senso di scelte etiche e politico-legislative tese al riconoscimento di un sistema indennitario automatico e standardizzato di natura assistenziale e di ispirazione solidaristica basato sull’accertamento del solo nesso causale tra comportamenti e conseguenze, che sia espressione del senso di responsabilità e di un concreto impegno delle Istituzioni e di un tempestivo intervento reattivo di tutela.
L’emergenza pandemica, che ha colto tutto il mondo impreparato, deve essere occasione per ripensare profondamente in senso sistemico il SSN, sotto il profilo economico, etico, preventivo, organizzativo, di sicurezza delle cure, di alleanza terapeutica, anche attraverso l’adozione di efficaci e concrete azioni di risk assessment e di risk management, affinché la trattazione e la definizione della liquidazione, in sede stragiudiziale e giudiziale, sia sempre più di frequente il punto di arrivo di un percorso che riveli tanto la sua sostenibilità economica, quanto la sua capacità a consentire alle aziende sanitarie il governo consapevole della gestione delle richieste di risarcimento.
Avv. Ernesto Macrì, Foro di Roma
Avv. Maria Nefeli Gribaudi, Foro di Milano