NON PROCESSIAMO DOMANI GLI EROI DI OGGI
La risposta dell’Italia, l’irrisolto nella responsabilità civile sanitaria in tempi d’emergenza e la prospettiva di ricostruire la sanità dal Covid-19 in avanti
Nelle memorie di un piccolo villaggio del Congo colpito dall’Ebola ’76, nei racconti dei nostri nonni che avevano fatto la guerra o nei resoconti giornalistici sull’economia sfibrata dalla crisi del 2008: a partire da ogni evento di cesura nella storia dell’umanità c’è stato un “prima” e c’è stato un “dopo”. Succederà – sta già succedendo in realtà – anche per il COVID-19. Questa volta, però, sarebbe meglio pensare al “dopo” come ad un lungo “durante”.
Non sappiamo, infatti, se il virus rimarrà o sparirà ma, già ora, abbiamo la certezza che i suoi effetti saranno stabili e duraturi. Non si tornerà alla situazione precedente. Si ricostruirà, invece, a partire dalle trasformazioni sociali, economiche e sanitarie indotte dall’epidemia. Anche se la disponibilità finanziaria per la Sanità italiana a partire dal Covid-19 sarà legata alla tenuta complessiva del sistema Paese, vorrei analizzare tre punti dai quali procedere per pensare a come “ripartire”.
Il primo è l’assoluta eccellenza della risposta Italiana.
L’Italia, il suo Governo e l’intero sistema politico hanno deciso di mettere la salute del cittadino davanti ad ogni altro interesse o considerazione. L’hanno fatto per primi e l’hanno fatto senza nessun esempio dal quale trarre ispirazione – essendo quello cinese un modello inapplicabile a livello operativo in una democrazia liberale matura – . Tutti gli altri Paesi, che inizialmente avevano considerato la risposta italiana come eccessiva, non appena colpiti dalla crisi, hanno seguito il nostro esempio. Non è errato affermare che l’Italia sia stata un faro per l’Europa. La stessa World Health Organization ha indicato la risposta italiana come best practice da seguire.
Nonostante la risposta sia stata più che adeguata, è importante notare come, ancora una volta, ogni Regione abbia reagito con tempi e modalità differenti. Questo a causa della peculiarità di ciascun sistema sanitario regionale. Durante l’inevitabile riorganizzazione che il sistema sanitario dovrà affrontare durante la riconversione dall’emergenza alla “normalità”, sarà opportuno affrontare il tema della redistribuzione delle risorse con lo stesso spirito di solidarietà nazionale che ha accomunato fino a ora tutti gli attori sanitari pubblici e privati. Questo per garantire un migliore equilibrio tra tutte le regioni.
Il secondo punto riguarda il personale sanitario.
Medici, infermieri, tecnici e operatori sanitari (e anche gli spesso dimenticati farmacisti) sono gli eroi dell’epidemia, in una delle rare occasioni nelle quali l’utilizzo della parola “eroi” è giusto e appropriato. Il personale delle strutture sanitarie in particolare sta pagando la mancanza di dispositivi di protezione in numero sufficiente, in un contesto ad altissimo tasso di contagio. È fondamentale che il sacrificio di medici e operatori sanitari non venga dimenticato. È fondamentale che il coraggio, l’impegno e la strenua dedizione non vengano omessi. È fondamentale che non si ritorni a criminalizzarli per gli esiti delle cure, nei processi e sulla stampa dopo che i riflettori saranno spenti.
L’emergenza COVID-19 rischia di aggravare la situazione della responsabilità civile sanitaria non appena il picco epidemico sarà superato. Rispondere all’emergenza significa operare nell’emergenza: le sale operatorie trasformate in sale di rianimazione; il personale ricollocato a fronteggiare l’urgenza indipendentemente dalla formazione; gli interventi chirurgici condotti sotto-organico per evitare danni irreparabili alla salute delle persone… tutto questo è perfettamente legittimo, meritorio. Dal punto di vista legale invece, rappresenta un buco nero. Se e quando la magistratura sarà chiamata a pronunciarsi sulle infezioni nosocomiali e sulla mancata applicazione dei protocolli, è probabile che vengano applicati strumenti normativi ordinari per giudicare situazioni eccezionali. Non è un’ipotesi accademica, è un rischio concreto. Gli eroi di oggi, potrebbero essere processati domani. Ciò va evitato a tutti i costi, con un intervento normativo che riconsideri i confini della responsabilità civile alla luce dell’eccezionalità della situazione.
Tanto più che, nel momento in cui sarà necessario riconvertire la Sanità all’attività ordinaria, saranno le stesse leve esauste che stanno affrontando l’emergenza oggi a dover recuperare tutta l’attività lasciata in sospeso domani. Di medici e infermieri, infatti, non abbiamo riserve. Non sarà possibile aggiungere al peso enorme che stanno sopportando e sopporteranno, anche quello di dover rispondere in tribunale dei loro meriti. Né è pensabile che i bilanci delle Aziende Sanitarie – già indebitate (le cifre non sono ancora note ma possiamo affermare che saranno sicuramente ingenti) – possano sopravvivere a un’ondata di richieste di risarcimento.
Questo ci porta al terzo punto: l’orizzonte assicurativo della Sanità.
Nessuno sa, al momento, se la Sanità sarà più o meno assicurata in futuro. Sarà però opportuno che venga riconosciuto il ruolo sociale dell’assicuratore: quello di rendere “sicuro” operare nel settore sanitario, così come avviene in qualsiasi altro ambito socio-economico. È la presenza di un quadro assicurativo, infatti, che a livello macro-economico rende possibile l’introduzione di nuove tecnologie nel mercato, la vendita di prodotti, il trasporto navale e, sostanzialmente, qualsiasi altro ambito. Questo avviene perché l’assicuratore, facendosi carico di una parte del rischio, contribuisce alla sostenibilità dell’attività ma non solo. Il trasferimento del rischio garantisce all’imprenditore la serenità necessaria per portare avanti la propria attività economica. Concetto ancor più rilevante se applicato all’ambito Salute perché i professionisti sanitari devono poter operare liberi dal peso delle conseguenze in termini di azioni civili e amministrative per danno erariale. Un supporto esterno, con specifici know-how ed esperienza, è sempre auspicabile per un continuo miglioramento interno: un assicuratore maturo e competente infatti accompagna le strutture sanitarie e i suoi operatori in una gestione integrata, efficiente ed efficace di rischio e sinistri, con l’obiettivo ultimo di migliorare la qualità dei percorsi di cura e garantire la sicurezza del paziente.
Tutto ciò non è una novità: è quanto previsto dall’articolo 10 della legge 24. Confido che la ricostruzione comprenda il rispetto dell’articolo 10 e l’approvazione dei decreti attuativi rimasti pendenti per rendere del tutto operativa la legge Gelli.
Anche in questo campo, come negli altri, sfruttiamo l’occasione di ripartire con il piede giusto.
Roberto Ravinale
Direttore Esecutivo di Sham in Italia