PREMIO SHAM: VINCONO NOVARA, COMO E MESSINA

  • Al Forum Risk Management 3 vincitori e 15 menzioni speciali tra i 122 progetti per migliorare la sicurezza delle cure; 101 dalla sanità pubblica e 21 dalle strutture private.
  • 78 le strutture sanitarie candidate in 16 regioni italiane.
  • I progetti premiati affrontano il tema delle Infezioni Correlate all’Assistenza (ICA), dei modelli predittivi per evitare il sovraffollamento ospedaliero e dell’informatizzazione “intelligente” delle check list chirurgiche.
  • Tiziana Frittelli, presidente Federsanità – ANCI: “Siamo entusiasti dei numeri registrati e la qualità dei progetti presentati. Sicurezza e qualità sono assi portanti della presa in carico dei pazienti”.
  • Alla cerimonia di Premiazione anche i rappresentanti dei due nuovi partner 2019: l’Associazione Religiosa Istituti Socio-Sanitari (ARIS) e l’Associazione Italiana Ospedalità Privata (AIOP).

 

Si è svolta la Cerimonia di premiazione del 4° “Premio Sham per la prevenzione dei rischi”, l’iniziativa che quest’anno ha raccolto ben 122 progetti di miglioramento nella sicurezza delle cure. L’evento si è tenuto nel capoluogo toscano durante la 13a edizione di Forum Risk Management in Sanità il 28 novembre scorso.

A ricevere il premio di 6mila euro da reinvestire nei progetti vincitori sono state l’AOU Maggiore della Carità di Novara; l’Istituto Ortopedico del Mezzogiorno d’Italia “Franco Scalabrino” – G.I.O.M.I. S.p.A. di Messina e l’Associazione “La Nostra Famiglia” –  IRCCS “E. Medea” di Como. I progetti presentati – già in corso in queste strutture – riguardano, rispettivamente: i modelli predittivi per evitare il sovraffollamento ospedaliero, l’informatizzazione “intelligente” delle check list chirurgiche e il contenimento delle Infezioni Correlate all’Assistenza (ICA) in una struttura riabilitativa dell’età evolutiva.

Il 2019 è stato il primo anno che ha visto la partecipazione anche delle strutture private e religiose senza fine di lucro.

Scopo del Premio è diffondere e uniformare le buone pratiche locali a livello nazionale, far crescere la cultura della prevenzione e far incontrare, perché si confrontino sul tema della sicurezza, i grandi ambiti della sanità in Italia: pubblico, privato e privato religioso senza fine di lucro. La sicurezza delle cure – ha detto Roberto Ravinale, direttore esecutivo di Sham in Italiaè e deve essere il comune denominatore nell’intero ecosistema sanitario e il risultato eccezionale del Premio, quest’anno, testimonia l’investimento e la crescente importanza del Risk Management e della prevenzione in Italia”.

Ecco alcuni dati dell’edizione 2019:

  • 3 progetti vincitori e 15 menzioni speciali.
  • 122 progetti candidati da 78 strutture sanitarie in 16 regioni.
  • 101 progetti dal pubblico, 21 dalle strutture private.
  • Con 26 progetti, Il Piemonte è la prima Regione per numero di progetti presentati.
  • L’Azienda Ospedaliera di Perugia è la prima tra le strutture pubbliche con 6 progetti.
  • La Fondazione Poliambulanza di Brescia è la prima tra le strutture private con 4.

Il premio nasce circa 20 anni fa in Francia da Sham, mutua assicurativa, oggi società del gruppo Relyens e da oltre 90 anni specializzata nella gestione della RC Sanitaria e nel risk management. Attualmente l’Italia è prima per numero di candidature presentate, a riprova dell’interesse della Sanità nazionale nei confronti del binomio salute e sicurezza.

Un sentito ringraziamento va ai professionisti sanitari italiani per la grande partecipazione, la qualità dei progetti presentati e le preziose buone pratiche che hanno condiviso con i loro colleghi qui al Premio Sham – ha commentato Jean-Luc Chassaniol, Direttore del Gruppo Ospedaliero Universitario di Psichiatria e Neuroscienze di Parigi e Vice Presidente di Sham -. Viviamo un periodo nel quale fattori che vanno dall’intelligenza artificiale all’invecchiamento della popolazione stanno mutando sia l’orizzonte del rischio clinico che il raggio degli strumenti sviluppati per contenerlo. L’investimento in prevenzione, l’aggiornamento professionale e il confronto tra le migliori esperienze sul campo è fondamentale per il futuro della sicurezza. E il Gruppo Relyens, attraverso il suo brand Sham, ha l’ambizione di continuare ad essere sempre più parte integrante di questo futuro, affiancando gli attori sanitari europei nella prevenzione, gestione, riduzione e copertura dei loro rischi”.

Siamo entusiasti dei numeri registrati quest’anno al Premio Sham e per la qualità dei progetti presentati – ha detto con orgoglio Tiziana Frittelli, presidente Federsanità ANCI -. È stata un’edizione decisiva nel rimarcare l’inevitabile necessità di promuovere la cultura della sicurezza nelle strutture sanitarie. Federsanità ha come propria missione quella di favorire buone pratiche di prevenzione e far sì che queste diventino modelli diffusi. In questa direzione va la nostra partnership con Sham che, in soli quattro anni, ci ha consentito di fare informazione e divulgazione in ogni regione d’Italia sottolineando quanto sicurezza e qualità siano assi portanti della presa in carico dei pazienti”.

Il Risk Management in sanità è una priorità per la gestione, per la pratica ma anche una responsabilità (accountability) per tutti coloro che operano in ambito sanitario, contribuendo in modo essenziale alla sicurezza e qualità delle cure – ha commentato Nevio Boscariol  Responsabile Ufficio Economico Servizi e Gestionale ARIS -. I numerosi e qualitativi progetti presentati dagli Associati Aris fin da questa prima edizione del Premio Sham per il Risk Management, sia in ambito ospedaliero che riabilitativo e oltre agli ottimi progetti premiati e di quelli che hanno ricevuto una menzione speciale, confermano la bontà del lavoro portato avanti dagli Associati in questi anni e dall’Associazione con loro”.

Come AIOP – spiega il Responsabile Relazioni Istituzionali e Internazionali Niccolò de Arcaynesiamo sinceramente soddisfatti per il riconoscimento attribuito all’Istituto Ortopedico del Mezzogiorno d’Italia “Franco Scalabrino” di Messina che, attraverso l’ideazione e l’applicazione di un progetto a così elevato contenuto tecnologico, conferma ancora una volta la lungimiranza degli imprenditori del nostro comparto nei confronti dell’adozione di soluzioni tecnologiche all’avanguardia, nell’ottica di migliorare costantemente i servizi offerti ai pazienti”.

 

 

 

TUTTI I PROGETTI DEL PREMIO SHAM 2019

Si è appena conclusa con successo la quarta edizione del Premio Sham, che ha ricevuto e messo a confronto 122 progetti di miglioramento nella sicurezza delle cure provenienti dall’intero panorama sanitario italiano.  È ora disponibile il volume digitale contenente lo storytelling di ogni singolo progetto (lo trovate qui: Premio Sham 2019 – Volume Partecipanti), che vi invito a sfogliare e a condividere così da favorire la conoscenza e la diffusione di queste buone pratiche anche in contesti differenti da quelli che le hanno originate. La grandissima partecipazione e la qualità di ogni singolo progetto hanno fatto del Premio 2019 un successo condiviso: sia per tutti coloro che hanno presentato le loro candidature che per i nostri partner Federsanità-ANCI, ARIS e AIOP, e ancora, per l’intera comunità di persone che si impegnano a diffondere le buone pratiche e la cultura della prevenzione in sanità.

A rendere speciale questa edizione, però, non sono solo i numeri. Quest’anno, infatti, per la prima volta dalla sua istituzione, il Premio è stato esteso anche alle categorie Strutture Private e Strutture Private Religiose. Un traguardo reso possibile grazie alle partnership con ARIS e AIOP, che sono andate ad affiancarsi a quella storica con Federsanità-ANCI.

Ad aggiudicarsi il Premio 2019, durate le Cerimonia a Firenze del 28 novembre scorso, sono state l’AOU Maggiore della Carità di Novara; l’Istituto Ortopedico del Mezzogiorno d’Italia “Franco Scalabrino” – G.I.O.M.I. S.p.A. di Messina e l’Associazione “La Nostra Famiglia” –  IRCCS “E. Medea” di Como. I progetti presentati riguardano, rispettivamente, i modelli predittivi per evitare il sovraffollamento ospedaliero, l’informatizzazione “intelligente” delle check list chirurgiche e il contenimento delle Infezioni Correlate all’Assistenza (ICA) in una struttura riabilitativa dell’età evolutiva.

La selezione dei vincitori non è stata semplice. Quest’anno, infatti, le buone pratiche erano così numerose e di così alto livello che la differenza di punteggio tra i progetti era spesso esigua. Per questa ragione, a sorpresa la giuria ha deciso di riconoscere ben 15 menzioni speciali al posto delle usuali tre: ASST Pavia, Fondazione Poliambulanza Brescia, Ospedale Valduce Como, ASL Roma 1, Ospedale Classificato Cristo Re Roma, ASL Taranto, IRCCS “Casa sollievo della sofferenza” S. Giovanni Rotondo, Ospedale Evangelico Betania di Napoli, IRCCS Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna, ASL 1 Liguria, AO Marche Nord, ASL TO 3, IRCCS Centro di Riabilitazione Don Carlo Gnocchi Firenze, AO Perugia, Istituto Don Calabria – IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria.

A prescindere da questi riconoscimenti, voglio ringraziare tutti i partecipanti perché ogni progetto rappresenta un contributo già in essere alla sicurezza di tutti e trova piena corrispondenza nella mission del Premio Sham: condividere le buone pratiche locali per farle conoscere a livello nazionale.

Ma il nostro impegno non termina qui: continuate a seguire le nostre iniziative sulla pagina LinkedIn e nella Newsletter Sanità 360°, dove il confronto tra gli attori dell’ecosistema e i professionisti del Risk Management è sempre vivo, trasparente e propositivo.

 

Roberto Ravinale

Direttore esecutivo di Sham in Italia

MIGLIORARE LA SICUREZZA DEI PAZIENTI RICOVERATI

Un progetto presso l’Azienda Ospedaliero Universitaria Maggiore della Carità di Novara per ridurre l’incidenza degli eventi avversi nelle strutture di degenza. Il più grave è l’arresto cardiaco inatteso. Tra le azioni implementate il monitoraggio periodico per l’attivazione tempestiva del protocollo di Emergenza Interna. La partecipazione degli infermieri alla formazione in aula e FAD oscilla tra il 70 e il 100 per cento

 

Il progetto dell’équipe coordinata dal dottor Fabrizio Leigheb, Dirigente Medico di Direzione Sanitaria dei Presidi Ospedalieri presso l’Azienda Ospedaliero Universitaria Maggiore della Carità di Novara[1] è stato realizzato con l’obiettivo di formare e supportare adeguatamente il personale sanitario per raggiungere il seguente risultato: migliorare la sicurezza dei pazienti ricoverati in ospedale, in strutture di degenza ordinaria, intercettando precocemente il deterioramento clinico e garantendo una risposta tempestiva ed efficace nei casi necessari. “Monitoraggio dei parametri vitali dei degenti e allertamento medico per la prevenzione della mortalità evitabile: sperimentazione del progetto PRIMA[2] in una AOU della Regione Piemonte” è il titolo dell’iniziativa di “buona pratica”, che si inserisce in un quadro ben preciso: “Gli eventi avversi – afferma Leigheb – esistono in tutte le strutture di ricovero e sono pertanto ben noti alle agenzie e agli ospedali preposti alla qualità e alla gestione del rischio clinico. Il più grave evento avverso è l’arresto cardiaco inatteso, rispetto al quale la percentuale di sopravvivenza è ancora molto bassa (15-22%); altrettanto grave è il ricovero in terapia intensiva dei pazienti a causa di un deterioramento delle condizioni cliniche che si sarebbe potuto rilevare in anticipo attraverso l’adeguato monitoraggio dei parametri vitali”.

L’intervento prevede la realizzazione di una formazione ad hoc per la gestione del rischio clinico rivolta al personale sanitario composto da medici, infermieri e operatori socio-sanitari appartenenti alla struttura, dove viene spiegato come rilevare i parametri vitali e come procedere all’allertamento: “In alcuni reparti pilota – spiega il coordinatore del progetto – è stata pianificata una formazione sia a distanza (FAD), sia in aula. Ad oggi, sono state condotte tre sessioni formative in un arco temporale che va da ottobre 2018 a novembre 2019. La formazione si conclude con la simulazione di casi reali coordinata dal Team MET, al fine di monitorare le eventuali criticità che possono verificarsi. A partire dall’anno prossimo, l’intervento formativo sarà esteso agli ambiti ostetrico e pediatrico”.

Il piano progettuale prevede un coinvolgimento del personale sanitario sia nella fase di sperimentazione che in quella successiva all’implementazione del progetto, con l’intento di mettere a confronto le realtà dei singoli reparti – prima e dopo l’intervento formativo – e valutare come è cambiata la gestione della chiamata d’urgenza e la relazione con il paziente nell’attesa del rianimatore: “Abbiamo impostato una survey indirizzata a coloro che hanno aderito all’intervento in FAD e in aula, al fine di ricevere feedback e raccogliere ulteriori opinioni. In quest’ottica, vogliamo valutare le eventuali difficoltà riscontrate, anche con i pazienti, che sono gli utilizzatori finali del servizio”. La partecipazione alla fase formativa finora è stata molto elevata: “Per quel che riguarda l’ambito infermieristico – prosegue Leigheb – abbiamo avuto un’adesione del personale pari al 70%. In alcuni reparti, come Chirurgia generale 1 e 2, siamo arrivati ad avere fino al 100% delle adesioni. Procederemo successivamente con la formazione del personale della Casa di Cura, un ricovero multi-specialistico per i cittadini, e di altre aree omogenee di degenza, in cui è presente un’assistenza Infermieristica ed OSS trasversale su più strutture di degenza specialistiche”.

L’équipe coordinata dal dottor Fabrizio Leigheb, Dirigente Medico di Direzione Sanitaria dei Presidi Ospedalieri presso l’AOU Maggiore della Carità di Novara

Per prevenire le condizioni di rischio è stato predisposto un piano di monitoraggio e allertamento volto alla gestione precoce del peggioramento delle condizioni cliniche del degente: “La scheda di monitoraggio e allertamento predisposta dal Tavolo Tecnico della Regione Piemonte – prosegue il Direttore – è stata adattata al contesto clinico-organizzativo locale dell’AOU di Novara, al fine di sostituire con la stessa le differenti schede termometriche in uso nelle strutture aziendali di degenza ordinaria”. Per garantire la corretta applicazione del piano, è stato predisposto un protocollo che include differenti fasi, finalizzate al monitoraggio clinico-strumentale dei parametri del paziente.

Tra le fasi si distingue il monitoraggio periodico dei pazienti secondo un intervallo di tempo sempre più ristretto in base al quadro clinico e l’attivazione del Servizio di Emergenza Interna qualora le condizioni cliniche del paziente lo richiedano.

Elemento fondamentale di questo progetto è costituito dalla standardizzazione dei criteri di chiamata rispetto a parametri di criticità uniformemente riconosciuti dalla letteratura, per i quali viene richiesto l’intervento del solo medico curante del reparto oppure del Rianimatore. Tale chiamata è possibile mediante la registrazione dei parametri fisiologici in una specifica scheda, di colore diverso a seconda della gravità del paziente. L’abbinare ad un parametro alterato del paziente un codice colore non lascia adito a dubbi per l’operatore sulla necessità di allertare e soprattutto su chi allertare. Infine, in condizioni cliniche particolari potrà essere concordata con il paziente, e predefinita collegialmente, una specifica “pianificazione condivisa delle cure”. “Entro gennaio 2020 – prosegue il Direttore – è previsto che tutte le 29 strutture di degenza ordinaria per pazienti adulti utilizzino adeguatamente il piano. Dopo il primo anno di implementazione del protocollo nelle strutture di degenza, andremo ad analizzare gli esiti clinici, valutando il numero di chiamate al MET, prima e dopo l’intervento, e il numero di esiti avversi”.

Tra gli outcome che l’iniziativa intende raggiungere si segnalano: la tempestività di valutazione del peggioramento dei parametri vitali del paziente e allertamento del Team di Emergenza Medica o del medico di guardia; la riduzione dei ricoveri inattesi o inappropriati in Terapia Intensiva; la riduzione della mortalità per arresto cardiaco e, ancora, la riduzione dell’incidenza degli eventi avversi nei pazienti ricoverati in ospedale per danno grave: “Ci aspettiamo di veder ridotta drasticamente l’incidenza degli arresti cardiaci – commenta Leigheb – prevedendo in anticipo la situazione del paziente. La prevenzione delle condizioni di rischio con l’allerta del medico è, infatti, la soluzione più efficace, come dimostrato in letteratura. Prevediamo, inoltre, una maggiore compliance da parte del paziente, così come una maggiore responsabilizzazione degli operatori coinvolti. A livello aziendale, invece, auspichiamo il miglioramento del livello culturale clinico-organizzativo”.

La comunicazione è un ulteriore elemento votato a garantire l’adeguata diffusione dell’iniziativa: “Non ci limiteremo solo a mantenere un sistema informativo sulla formazione prevista – conclude Leigheb – ma vogliamo inserire sul sito aziendale una sezione specifica sul progetto, consultabile pubblicamente, per far capire il valore aggiunto di questa iniziativa”.

Il progetto è stato inserito tra le buone pratiche piemontesi presentate alla 12° Call for Good Practices di Agenas ed è stato illustrato alla 1a “Giornata Regionale delle Buone pratiche per la sicurezza delle cure”, organizzata dal Centro per la gestione del rischio sanitario e la sicurezza del paziente della Regione Piemonte.

 

[1] In particolare, si è trattato di un lavoro di équipe interdisciplinare, oltre che interprofessionale, che ha coinvolto attivamente le seguenti strutture: la Direzione Sanitaria dei Presidi Ospedalieri, il Personale della Direzione delle Professioni Sanitarie, quello della SS Formazione e il Personale del Team di Emergenza Medica (MET) della SCDU Anestesia e Rianimazione 1.

[2] Progetto Regionale Integrato di Monitoraggio e Allertamento.

 

INFORMATIZZARE LE PRESCRIZIONI ANTIBIOTICHE

Più 10 per cento appropriatezza; meno 23 per cento nel costo delle prescrizioni antibiotiche. L’introduzione di un percorso digitale aumenta la sinergia tra Farmacia Ospedaliera, Infettivologi e Clinici, inoltre il percorso di Antimicrobial Stewardship ha permesso una semplificazione della terapia favorendo la descalation therapy e il passaggio dalla terapia endovenosa a quella orale

 

Presso l’ASL AT di Asti a partire dal 2001 è attiva la richiesta motivata degli antibiotici per alcune molecole. Tale modalità di richiesta motivata, e quindi limitativa, è avvenuta dal 2001 al 2016 mediante modulo cartaceo. Nel 2017 questa modalità di richiesta è stata ulteriormente puntualizzata, implementata e informatizzata.

Questo percorso, inizialmente in modalità cartacea, – spiega la Risk Manager Anna Mesto – ha consentito di focalizzare l’attenzione dei Clinici riguardo ad alcuni antibiotici e di evitare la possibilità di duplicazioni delle prescrizioni, con l’effetto di ridurne l’uso incontrollato e di contenere i costi.

A partire dal 2017 la procedura è stata informatizzata. La motivazione della richiesta nel nuovo modulo digitale avviene da parte dei Clinici scegliendo tra un numero definito di possibilità in un menù a scomparsa e sia Farmacisti che Infettivologi possono monitorare le prescrizioni e confrontarsi anche in tempo pressoché reale su ogni singolo caso. In più, un alert informatico si rende visibile ai Clinici allo scadere del periodo di prescrizione di sette giorni, per assicurare che solo in caso di necessità cliniche la somministrazione venga prolungata.

Anna Mesto, Risk Manager ASL AT Asti

In questo modo, l’appropriatezza prescrittiva è cresciuta nel 2018 del 10% rispetto agli anni precedenti portando la percentuale di appropriatezza delle 1235 osservazioni effettuate tra 2010 e 2018 all’89% (1102/1235). Dal 2013 al 2018 si è registrata, inoltre, una riduzione della spesa per antimicrobici del 23% (sempre ricordando che una riduzione della spesa globale può anche permettere un incremento della spesa per singola prescrizione, ove le prescrizioni stesse siano meno numerose e più appropriate).

Questi risultati sono stati riconosciuti anche con la delibera direzionale della ASL che ha creato ufficialmente il Gruppo di lavoro multidisciplinare “Antimicrobial Stewardship” con Responsabile un Dirigente Medico della SC Malattie Infettive e componenti del CIO, quali un Dirigente Medico D.S., Farmacista, Microbiologo, Infermiere Specializzate Rischio Infettivo.

“Aldilà degli atti formali – conclude Mesto – l’attività descritta è il risultato del lavoro di Équipe portato avanti dai professionisti. I risultati di questi primi due anni di informatizzazione rappresentano, inoltre, il punto di partenza per avviare anche sul Territorio ASL AT ulteriori azioni di monitoraggio e contenimento delle resistenze antibiotiche, ai fini di strutturare una Antimicrobial Stewardship Territoriale”.

Il progetto è stato inserito tra le buone pratiche piemontesi presentate alla 12° Call for Good Practices di Agenas ed è stato illustrato alla 1a “Giornata Regionale delle Buone pratiche per la sicurezza delle cure”, organizzata dal Centro per la gestione del rischio sanitario e la sicurezza del paziente della Regione Piemonte.

 

AO-ASLAL INSIEME PER LA GESTIONE DELLE IVU

Un progetto interaziendale per la prevenzione e il controllo delle infezioni delle vie urinarie e il contrasto all’antibiotico-resistenza

 

Il progetto interaziendale AO-ASLAL sulla “Gestione delle Infezioni delle Vie Urinarie (IVU) e antibiotico-resistenza”, guidato dalla dottoressa Grazia Lomolino, Responsabile Prevenzione e Controllo Infezioni Ospedaliere presso l’Ospedale SS Antonio e Biagio e C. Arrigo e dal dottor Roberto Raso del Servizio Regionale malattie infettive, è un esempio virtuoso di sanità che fa dell’aggiornamento delle competenze diagnostiche e terapeutiche nel campo dell’antibiotico-resistenza uno dei suoi driver principali. Le infezioni delle vie urinarie, infatti, sono le seconde più frequenti malattie infettive batteriche diffuse in popolazioni comunitarie e ospedaliere. Lo studio OECD stima più di 600.00 infezioni delle vie urinarie e 30.000 decessi: un terzo delle infezioni e dei decessi stimati avvengono in Italia. Un problema di salute pubblica, dunque, che assume particolare rilevanza per l’alto utilizzo di antibiotici, di cui l’Italia è tra i maggiori consumatori, e la conseguente selezione e diffusione di ceppi antibiotico-resistenti.

Il progetto ha previsto un intervento coordinato tra l’Azienda Sanitaria Ospedaliera (ASO) e la ASL Alessandria, rivolgendosi ai medici prescrittori e al personale infermieristico, al fine di contrastare la diffusione delle antibiotico-resistenze nella gestione delle IVU: “In Ospedale – spiega la dottoressa – il contrasto lo facciamo già da diversi anni con misure amministrative e con la sorveglianza di antibiotico-resistenza. In questo caso, l’intervento è stato promosso dai Comitati per le Infezioni Ospedaliere delle due Aziende e sostenuto dalle Direzioni Aziendali. Per la realizzazione, è stato individuato un totale di 23 figure di coordinamento”. Un progetto che nasce dagli studi epidemiologici e dalle rilevazioni statistiche in ospedale degli ultimi anni: “Sorvegliando i microrganismi prevalenti alla base della sepsi e delle urosepsi – racconta Lomolino – ci siamo accorti che si trattava di resistenza antimicrobica. Abbiamo quindi deciso di allargare lo sguardo alla comunità con un progetto interaziendale”.

Grazia Lomolino, Responsabile Prevenzione e Controllo Infezioni Ospedaliere presso l’Ospedale SS Antonio e Biagio e C. Arrigo

L’innovatività dell’intervento è proprio nella sua esecuzione su un duplice livello: ospedaliero e comunitario. “Le infezioni del tratto urogenitale riguardano prevalentemente la popolazione anziana comunitaria – prosegue la dottoressa – e quelle complicate possono portare fino al decesso. Per ridurre la pressione antibiotica abbiamo definito alcune linee di intervento, come l’uso corretto della diagnostica microbiologica, l’utilizzo appropriato degli antibiotici e le misure di prevenzione e controllo della diffusione delle antibiotico-resistenze e delle Infezioni correlate all’Assistenza”. L’istituzione di una Commissione comune tra le due realtà permette poi di gestire in modo unificato tutti gli interventi.

La formazione in tutto questo svolge un ruolo fondamentale, con la realizzazione di un questionario rivolto al personale medico e infermieristico e la predisposizione di un corso in formazione a distanza (FAD). Il questionario pre-intervento, in particolare, ha consentito di misurare le conoscenze del personale medico, coinvolgendo il 26,5% della popolazione. La formazione programmata, invece, attualmente in corso, coinvolge oltre 500 infermieri. Nel 2020, inoltre, sarà attivata una formazione di tipo “residenziale” rivolta ai medici di medicina generale e ai pediatri di libera scelta.

Tanti i risultati che l’iniziativa ha reso possibile, come l’aggiornamento delle conoscenze prescrittive dei medici generali e specialistici, il miglioramento delle conoscenze diagnostiche e terapeutiche – con un focus sui fluorochinoloni – nonché l’aggiornamento delle conoscenze riguardanti la prevenzione delle infezioni. Tutto allo scopo di ridurre il consumo di antibiotici e garantire la più appropriata gestione delle infezioni.

La valutazione complessiva del progetto, con una raccolta dati post intervento e la realizzazione di una piano di comunicazione ad hoc sono altre due misure previste per rafforzare le azioni dell’intervento: da una parte, ciò consentirà l’intera revisione del percorso diagnostico microbiologico, con l’aggiornamento delle indicazioni di buona pratica per tutte le attività di diagnosi cura e prevenzione delle infezioni vie urinare; dall’altra, permetterà di ampliare l’attività di formazione, nonché l’aggiornamento delle differenti professionalità in campo, valutando l’efficacia di ciascuna azione. “Presentare il progetto a più operatori possibili – conclude la dottoressa – consentirà poi di rendere l’iniziativa sempre più partecipata”.

Il progetto è stato inserito tra le buone pratiche piemontesi presentate alla 12° Call for Good Practices di Agenas ed è stato illustrato alla 1a “Giornata Regionale delle Buone pratiche per la sicurezza delle cure”, organizzata dal Centro per la gestione del rischio sanitario e la sicurezza del paziente della Regione Piemonte.