SHAM, SOCIETÀ DEL GRUPPO RELYENS, INAUGURA I NUOVI UFFICI DI MILANO

Continua la strategia di crescita del gruppo Relyens in Italia: agli uffici di Torino e Roma, si aggiunge la nuova sede di Milano

 

Milano, 18 Ottobre 2019 – Si è tenuta ieri, 17 ottobre, in via Imbonati 18 a Milano, l’inaugurazione della nuova sede aziendale Italiana di Sham, società del gruppo Relyens. I nuovi uffici, che vanno ad aggiungersi alle sedi di Torino e Roma, diventeranno il centro nevralgico dello sviluppo futuro in Italia del Gruppo, che ad oggi si conferma come la mutua assicurativa leader nella responsabilità civile sanitaria del Settentrione.

L’ufficio acquista importanza come simbolo dell’identità dell’azienda, e soprattutto come luogo di incontro e socializzazione organizzativa tra collaboratori e stakeholder. È dall’incontro e dalla collaborazione che si genera l’innovazione, ed è anche per questo che Relyens, attraverso il brand Sham, sta investendo nella città di Milano, fulcro del mondo finanziario ed assicurativo in Italia.

Relyens riflette l’immagine di una realtà dinamica che coniuga imprenditorialità, rispetto della tradizione, innovazione tecnologica e qualità del servizio. E la sede di Milano, che risponde alle stesse caratteristiche di dinamicità e comfort delle altre sedi europee del Gruppo, sarà sicuramente la bandiera di questa eccellenza.

Oggigiorno si va verso un’organizzazione lean, liquida e mobile, dove il lavoro cross-funzionale è uno dei driver di crescita e di performance dell’impresa. Nuovi modi di lavorare suggeriscono nuovi luoghi in cui trovarsi ad operare: i 600mq della sede Milano sono infatti stati ideati per favorire e supportare il lavoro collaborativo, potenziando la performance.

Relyens pone inoltre particolare attenzione alla qualità della vita sul lavoro dei propri collaboratori, offrendo loro spazi ampi, confortevoli, luminosi e moderni. La scelta dei colori, caldi e senza tempo, dei materiali e dei mobili è stata progettata pensando alla trasparenza, alla flessibilità e all’apertura, valori propri del Gruppo.

“Oggi il nostro Gruppo afferma la propria ambizione di essere riconosciuto come “Il” gruppo mutualistico europeo di riferimento nella gestione e copertura dei rischi” ha commentato Dominique Godet, Direttore generale del gruppo Relyens. “Sono certo che i nuovi uffici milanesi rappresenteranno un ulteriore punto di riferimento per i nostri Clienti sul territorio e saranno determinanti per consolidare la nostra posizione nel mercato italiano”.

Negli ultimi anni Sham ha sviluppato una forte relazione con gli attori dell’ecosistema sanitario a livello nazionale” ha aggiunto Roberto Ravinale, Direttore esecutivo di Sham in Italiae con l’apertura di questo nuovo presidio, il Gruppo conferma la propria strategia di espansione territoriale e di ulteriore sviluppo dell’attività in Italia. Il rapporto diretto con il territorio permetterà a Sham di comprendere e soddisfare sempre più le esigenze dei Clienti.

L’apertura di questi nuovi uffici è la risposta alle nuove esigenze del mercato e dimostra ancora una volta la forza dell’azienda, confermando sia la sua vocazione alla crescita che il focus sul territorio in cui opera.

 

 

Qualche dato su Sham

Costituita in Francia nel 1927 da un gruppo di direttori ospedalieri, Sham, società mutualistica specializzata in campo assicurativo e nella gestione dei rischi, è da 90 anni partner consolidato e di lungo termine degli operatori sanitari e medico-sociali. Operatore europeo di riferimento in materia di responsabilità civile, Sham conta circa 11.000 soci tra istituti e professionisti. Presente in Francia (sede legale a Lione), in Spagna, in Italia e in Germania, Sham ha 460 dipendenti e un fatturato, nel 2018, di 392,7 milioni di euro.

www.sham.com

Linkedin : SHAM ITALIA

 

Sham è una società del gruppo Relyens, uno dei gruppi mutualistici europei di riferimento nei campi assicurativo e della gestione dei rischi presso gli operatori sanitari e degli enti locali che svolgono attività d’interesse generale. Con circa 1.000 collaboratori, oltre 30.000 clienti e soci e 900.000 assicurati in 4 paesi (Francia, Spagna, Italia e Germania), Relyens ha realizzato una raccolta premi per 847 milioni di euro, pari a un fatturato di 456 milioni di euro. Il gruppo, fortemente radicato presso la clientela attraverso i marchi Sham, Sofaxis e Neeria, sviluppa soluzioni globali personalizzate che combinano offerta assicurativa (ramo vita e ramo danni) e servizi di gestione dei rischi.

www.relyens.eu

Twitter: @Relyens

Linkedin : Relyens

 

 

 

CONTENZIONE MECCANICA: LA SCELTA CORAGGIOSA DELLA ASL VCO

Dal 2011 partono gli sforzi per bandirla completamente dal Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura. Ad oggi, l’Azienda di Verbano Cusio Ossola vanta un livello così basso da eguagliare le migliori esperienze europee. “Per noi non è ancora abbastanza – dice la RM Margherita Bianchi. L’obiettivo è rinunciarvi del tutto. Anche condividere i successi parziali è una buona pratica”.

Il 5% di pazienti oggetto di contenzioni meccaniche nel Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura (SPDC) dell’ASL VCO si classifica tra i più bassi in Italia e in Europa. “Eppure – spiega la Risk Manager [1] Margherita Bianchi – per noi è un insuccesso, perché il nostro vero obiettivo è di rinunciarvi del tutto”.

Cos’è la contenzione meccanica e quali sono i suoi effetti sul paziente?

“La contenzione meccanica – ovvero l’atto di contenere con dei supporti fisici le persone assistite in psichiatria nei momenti durante i quali c’è un forte rischio che arrechino danno a sé e agli altri – è stata normata fin dalla fine del XIX secolo ed è, attualmente, considerata una pratica che non rispetta la dignità dell’individuo e a forte impatto negativo sia per il paziente che la subisce che per il personale coinvolto, compreso il Responsabile del SPDC. La contenzione meccanica non è un atto terapeutico né risulta regolamentata o autorizzata sul piano legislativo. Essa deve essere praticata come misura eccezionale dettata unicamente da uno stato di necessità (art. 54 Codice Penale). È necessario tenere alta l’attenzione sulla pratica, in tutti i setting, al fine di evitare abusi e violazioni dei diritti della persona”.

Quali sono stati i risultati ottenuti dall’ASL VCO per ridurne l’utilizzo?

Dal 2013 al 2018, grazie al lavoro e all’attenzione del personale del Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura, diretto dalla Dr.ssa Ermelinda Zeppetelli, siamo passati dal 7,6% (una media di 21 pazienti su 290 ricoveri) al 5% di contenzioni al 30 giugno 2019 (7 pazienti su 140 ricoveri). Ogni paziente è contenuto in media circa tre volte e per pochissime ore durante il singolo episodio di ricovero. Un percorso iniziato nel 2011 con la validazione della prima procedura interna per la gestione della contenzione (che prevede un registro e delle schede di monitoraggio dedicate) e proseguita negli anni con il costante monitoraggio e la formazione del personale sanitario per riconoscere il rischio di violenza e attuare le strategie di de-escalation”.

“Quello che abbiamo intrapreso è un percorso impegnativo che, grazie a una buona pratica, ha consentito di tenere sotto controllo l’uso inappropriato della contenzione, a tutt’oggi molto diffusa, spesso non tracciata e quindi non rintracciabile nella documentazione sanitaria dei pazienti. L’intenzione – conclude la Dott.ssa Bianchi – è mettere a disposizione e condividere con i colleghi [2] un’esperienza che possa allargare la riflessione sulla necessità di far emergere, e quindi prevenire, situazioni di abuso, clinicamente inappropriate e fortemente rischiose”.

[1] Responsabile Governo Clinico Qualità Appropriatezza Rischio Clinico.

[2] La presentazione è avvenuta durante la 1a Giornata Regionale delle Buone pratiche per la sicurezza delle cure, svoltasi a Torino il 15 ottobre 2019, allo scopo di condividere tra i referenti della gestione del rischio delle ASL piemontesi, sotto l’egida del Centro Regionale per la gestione del rischio, le buone pratiche presentate alla 12a Call for Good Practice di Agenas.

MASSIMIZZARE E DIFFONDERE: 18 BUONE PRATICHE SI INCONTRANO IN PIEMONTE

Dalla ricognizione del farmaco con armadi Wi-Fi ai tanti progetti di Antimicrobial Stewardship che hanno ridotto drasticamente l’uso improprio di antibiotici e la diffusione dei microbi resistenti. Tante buone pratiche che il Centro Regionale del rischio ha voluto fossero condivise tra tutte le ASL piemontesi

 

“Massimizzare le energie e uniformare le buone pratiche saranno una parte importante del Risk Management sanitario nel prossimo futuro”. Per Franco Ripa, Coordinatore del Centro per la gestione del rischio sanitario e la sicurezza del paziente della Regione Piemonte, “l’orizzonte è quello di una crescente sintonia tra le aziende sanitarie regionali per mettere a fattore comune le buone pratiche che si sono dimostrate valide nell’aumentare la sicurezza”.

Già ora, secondo il Sistema Informativo per il Monitoraggio degli Errori in Sanità (SIMES), gli eventi avversi nella sanità piemontese sono in diminuzione. Calano del 30 per cento in 5 anni le denunce di sinistro e diminuiscono di quasi la metà dal 2015 gli eventi sentinella, ovvero gli eventi avversi qualificati dal Ministero della Salute quali eventi di particolare gravità e potenzialmente evitabili.

“Ora – riprende Ripa – è arrivato il momento di fare un ulteriore passo in avanti: diffondere le esperienze e i successi delle singole Aziende e strutture sfruttando al massimo le energie a disposizione. Ci sono, infatti, tantissime buone pratiche che ogni ASL può adottare prendendo spunto dall’esperienza del territorio limitrofo e risparmiando molto in termini di tempo, investimenti e ore-lavoro. La conditio sine qua non di questa “razionalizzazione”, però, è la conoscenza e la condivisione delle best practice nel pool dei professionisti regionali”.

È stato questo il senso della prima Giornata Regionale delle Buone pratiche per la sicurezza delle cure – incontro avvenuto il 15 ottobre 2019 a Torino – nel quale sono stati presentati 18 progetti di miglioramento: il frutto di anni di lavoro da parte delle Aziende Sanitarie regionali convogliato nella 12a Call for Good Practice di Agenas.

Oltre a venir condivise a livello nazionale, perciò, le buone pratiche piemontesi sono state raccontate di persona ai colleghi, dai risk manager medici ai farmacisti che le avevano pensate e implementate.

Così è stata condivisa la sperimentazione della ASL Città di Torino che ha analizzato i tre momenti di transizione in cui può frammentarsi l’informazione sulla terapia farmacologica e ha tratteggiato un modo per armonizzare il flusso informatico dal medico di medicina generale al triage, dal triage al reparto e dal reparto di nuovo ai Medici di Medicina Generale (MMG) o alla struttura territoriale. Così è stata parimenti esposta la prassi degli audit settimanali tra reparti di degenza, medico infettivologo e farmacista che ha portato alla de-escalation antibiotica e alla riduzione drastica nella diffusione dei batteri multiresistenti al Mauriziano di Torino e in molte altre strutture piemontesi che hanno presentato la Antimicrobial Stewardship come loro best practice. Ognuno dei 18 progetti presentati – che Sanità 360° racconterà singolarmente e nel dettaglio nelle prossime settimane – ha aggiunto qualcosa alla consapevolezza generale: dall’esperienza con gli armadi dei farmaci collegati in Wi-Fi all’efficacia e necessità delle consulenze psicologiche per gli operatori vittime di aggressione o coinvolti in un evento avverso.

“È in questo scambio di conoscenze che si sviluppa una corrente orizzontale di miglioramento: il primo passo verso una maggiore uniformità di pratiche che nasce dal confronto delle singole ASL e si sviluppa grazie al coordinamento regionale in un clima di grande sinergia ed entusiasmo tra i professionisti. Professionisti che credono fortemente in quello che fanno e sentono, sempre più, che la cultura della sicurezza sta crescendo attorno a loro”.

TUMORE AL SENO: AUMENTANO LE DIAGNOSI PRECOCI

Identificare il tumore quando non è ancora clinicamente palpabile: all’ASST Lariana succede nel 15 – 20 per cento dei casi e, in queste condizioni, la prognosi è favorevole nel 98 per cento dei casi nell’arco di 5 anni. La dottoressa Monica Giordano, primario di Oncologia al Sant’Anna, spiega le novità diagnostiche e terapeutiche nella lotta al tumore alla mammella

 

“Tumore della mammella in situ, novità diagnostiche, cliniche e terapeutiche” è il titolo del corso di aggiornamento che si è tenuto venerdì 4 ottobre, all’ospedale Sant’Anna, per il personale dipendente dell’Azienda Socio Sanitaria Territoriale Lariana-Como (Asst Lariana). La Responsabile scientifica del corso è la Dottoressa Monica Giordano, primario di Oncologia al Sant’Anna, che in questa intervista fornisce le principali novità sulla lotta al tumore al seno.

Dottoressa, che cos’è il tumore alla mammella in situ?

Il tumore della mammella in situ è un sottotipo di tumore che possiamo classificare come un tumore nella sua forma iniziale. Questa forma viene intercettata quando la lesione non è clinicamente palpabile, e spesso si presenta sotto forma di millimetriche microcalcificazioni. In percentuale, grazie agli screening e alle diagnosi precoci, è una forma di tumore che oggi riscontriamo nel 15-20% dei casi. Proprio grazie al fatto che riusciamo a identificare il tumore nella sua fase iniziale, la prognosi è favorevole (la sopravvivenza a cinque anni nelle donne trattate è del 98%, fonte Aiom/Airtum).

Quanto è importante lo screening nella rilevazione di questo tipo di tumore?

La partecipazione agli screening, che in termini di età è stata anticipata di un quinquennio, offre la possibilità di intercettare le neoplasie allo stadio iniziale. Oggi lo screening mammografico per il tumore al seno, offerto dal Servizio Sanitario Nazionale, inizia a 45 anni ed è esteso fino a 75. Prima, invece, il programma veniva effettuato dai 50 ai 69 anni. L’aver anticipato l’età di chiamata e, allo stesso tempo, aver allungato quella di uscita dal programma rappresenta un passo in avanti per la diagnosi precoce della patologia.

Quali novità ci sono nella cura e nella diagnosi del tumore alla mammella?

A livello di diagnosi, le novità più grandi afferiscono all’ambito della genetica e riguardano le conoscenze sui fattori di rischio e, in particolare, sul rischio di trasmissione ereditaria. Queste novità consistono nell’opportunità di seguire programmi di prevenzione personalizzati, non solo per le donne, ma anche per gli uomini che possono essere portatori di mutazioni genetiche ereditate da mamme che si sono ammalate. Queste mutazioni, infatti, sono trasmesse dai genitori ai figli e determinano un rischio elevato di sviluppo di tumore alla mammella o all’ovaio, e anche in altre sedi. Una volta individuata la mutazione vengono studiati tutti i componenti della famiglia per individuare gli eventuali portatori e sottoporli a programmi di prevenzione “ad hoc”. A livello terapeutico, invece, oggi ci sono tante possibilità in termini di nuovi farmaci e nuove strategie terapeutiche, anche per la cura del tumore al seno metastatico. In quest’ottica, è aumentata la percentuale di controllo della malattia nel tempo e anche la qualità della vita.

Quali sono i trend della lotta al tumore al seno?

Quello che noi consigliamo oggi è la prevenzione e, in particolare, quella personalizzata, considerato il rischio di familiarità ed ereditarietà della malattia. La percentuale di adesione agli screening gratuiti, ad esempio, nella provincia di Como è molto alta e raggiunge oltre il 70%. È importante però proseguire nelle campagne di sensibilizzazione, perché la percentuale di adesione non è adeguata su tutto il territorio nazionale. Osservare un corretto stile di vita rappresenta poi la prevenzione primaria e costituisce la vera sfida. Mantenere un’alimentazione adeguata, evitare obesità e sovrappeso, praticare attività fisica costante, ridurre il consumo di alcol e naturalmente non fumare sono infatti fattori fondamentali. Può sembrare banale, ma queste pratiche sono le più difficili da attuare, mentre costituiscono i principali fattori di rischio evitabili delle malattie, sia oncologiche che cardiovascolari e rappresentano azioni alla portata di tutti.

Un altro aspetto rilevante, infine, è l’attività di sensibilizzazione svolta dalle associazioni di volontariato, sia attraverso l’aiuto offerto dalle stesse donne ammalate, che portano le loro testimonianze, sia grazie alle attività di assistenza praticate nelle realtà di Oncologia, su tutto il territorio nazionale. Le associazioni sono vere alleate dei pazienti e del personale sanitario nella costante ricerca di soluzioni ai bisogni espressi da chi affronta un percorso oncologico.

 

UNA BUONA PRATICA CHE LE RACCHIUDE TUTTE

Lo scorso 15 ottobre Sanità 360° era a Torino dove, sotto l’egida del Centro regionale del rischio sanitario, 18 buone pratiche delle ASL piemontesi sono state condivise dai risk manager, i referenti della qualità e i professionisti sanitari che le hanno concepite e sviluppate

 

Sanità 360° le racconterà tutte nei prossimi numeri ma, fin da subito, è opportuno sottolineare l’importanza di un’iniziativa che rappresenta, a mio avviso, la best practice per eccellenza, che racchiude tutte le altre: la creazione di un’occasione di incontro tra i responsabili del Risk Management che consenta di condividere i progetti di miglioramento. Questo, con l’obiettivo di diffonderli oltre i confini del contesto che li ha testati e sviluppati.

Ciò equivale ad un incremento orizzontale della sicurezza che avviene, praticamente, ad iso-risorse. È una pratica importante che si basa sullo stesso principio che anima il Premio Sham per la prevenzione dei rischi: la trasformazione di buone pratiche locali in buone pratiche regionali e nazionali. Il Premio stesso, quest’anno, anche grazie alla straordinaria risposta della sanità Italiana pubblica e, per la prima volta nel 2019, di quella privata, ha visto una crescita considerevole, superando abbondantemente i 120 progetti presentati.

È un risultato importante per Sham e per la collettività perché è il risultato di un impegno collegiale, ottenuto nel nome della prevenzione. È la prova che la sensibilità e l’attenzione alla gestione del rischio stanno crescendo esponenzialmente in tutto il panorama sanitario del nostro Paese.

L’ampia partecipazione è un segno tangibile della fiducia che Sham sta guadagnando nei confronti dei professionisti del settore, grazie al quotidiano impegno nella diffusione della cultura del Risk Management. Professionisti che, come noi, sono uniti da un obiettivo comune: aumentare la sicurezza delle cure e rafforzare la gestione del rischio.

È nostra intenzione continuare a raccontare e ospitare il confronto e le opinioni di questa comunità, su queste pagine virtuali ma non solo: sui nostri social network, ai nostri eventi e, perché no, anche nei nostri uffici. A questo proposito, sono lieto di annunciare che i punti di incontro tra Sham e i professionisti del settore da oggi potranno contare su uno spazio in più: inauguriamo infatti la nuova sede milanese di Sham, che si unisce a quelle di Torino e Roma. Aperto in via Imbonati 18 a Milano, il nuovo presidio ci consentirà di sviluppare ulteriori sinergie con i principali attori di riferimento del territorio, grazie a una presenza sempre più attenta e costante.

Grazie per l’attenzione e buona lettura,

 

Roberto Ravinale

Direttore esecutivo di Sham in Italia

 

ASL PIEMONTE: CONDIVIDETE BUONE PRATICHE

La risposta alla 12esima Call for Good Practice di Agenas catalizza un incontro tra tutte le Aziende sanitarie della Regione. Lo scopo: imparare le une dalle altre condividendo le esperienze che funzionano

 

Tutte le Aziende sanitarie della Regione Piemonte si incontreranno il 15 ottobre 2019 in Corso Regina Margherita 174, presso il Rondò della Forca.

Invitati all’incontro,voluto dall’Assessorato alla Sanità, i Direttori generali e sanitari ed i referenti per il rischio clinico. Ogni azienda sceglierà una buona pratica tra quelle inserite sul portale di Agenas [1] e avrà l’occasione di presentarla ai colleghi.

Lo scopo dell’iniziativa, spiegano alla Direzione Sanità della Regione, è duplice: in primo luogo stimolare la partecipazione delle aziende piemontesi alla 12esima Call for Good Practice di Agenas. La Call 2019 è dedicata alla segnalazione di pratiche riguardanti la prevenzione dell’antibiotico-resistenza e delle infezioni correlate all’assistenza e, in continuità con l’edizione precedente, alle pratiche di miglioramento della sicurezza nella terapia farmacologica. Queste ultime fanno riferimento, in particolare, ai tre pilastri che caratterizzano la campagna OMS in materia di: gestione dei farmaci e dei casi ad alto rischio; gestione dei pazienti in politerapia; sicurezza dei farmaci durante la transizione di cura.

Ma c’è un altro, importante, obiettivo: permettere alle esperienze che funzionano, come le nuove check-list o i miglioramenti nelle procedure, di venir conosciute e applicate a livello regionale.

Troppe volte, infatti, una buona pratica rimane confinata a livello locale perché mancano occasioni di confronto. Grazie a momenti come il 15 ottobre, invece, le esperienze potranno essere conosciute e diffuse, evitando che le Aziende investano tempo e risorse sulla stessa tematica. Questo, inoltre, permette ad ognuna di focalizzare le proprie energie in una direzione inedita, condividendo il risultato su tutto il territorio regionale e, auspicabilmente, su quello nazionale.

Infine, la giornata sarà l’occasione per far conoscere e condividere con i cittadini le buone pratiche sviluppate a livello aziendale, che rappresentano il punto centrale dell’azione di ogni Azienda sanitaria.

Sanità 360° sarà presente alla giornata e offrirà un racconto sulle pagine della prossima newsletter.

 

[1] L’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (AGENAS), istituita nel 1993, è un ente pubblico non economico, sottoposto alla vigilanza del Ministero della Salute. Svolge una funzione di supporto tecnico e operativo alle politiche di governo dei servizi sanitari di Stato e Regioni, attraverso attività di ricerca, monitoraggio, valutazione, formazione e innovazione.

 

REGIONE PIEMONTE, IL PUNTO SULLA SICUREZZA

Denunce sinistri in calo del 30 per cento in 5 anni ed eventi sentinella quasi dimezzati dal 2015. I dati SIMES sulla sanità piemontese premiano il Risk Management regionale. Ma i risultati non bastano: vanno comunicati ad operatori e cittadini per aumentare la fiducia

 

Secondo il Sistema Informativo per il Monitoraggio degli Errori in Sanità (SIMES), gli eventi avversi nella sanità piemontese sono in netta diminuzione. Calano del 30 per cento in 5 anni le denunce di sinistro e diminuiscono di quasi la metà dal 2015 gli eventi sentinella, ovvero gli eventi avversi qualificati dal Ministero della Salute quali eventi di particolare gravità e potenzialmente evitabili.

Sono i dati diffusi dalla Direzione Sanità della Regione Piemonte in occasione della Giornata Mondiale per la Sicurezza del Paziente il 17 settembre scorso.

“Sono dati che, da soli, testimoniano l’efficacia e la bontà delle energie investite nel Risk Management”, sostiene Franco Ripa, Coordinatore del Centro regionale per la gestione del rischio sanitario e la sicurezza del paziente. “La necessità di promuovere nel Sistema Sanitario Regionale l’adozione di strumenti di gestione del rischio clinico di carattere sistematico a garanzia della sicurezza dei pazienti è all’origine di numerosi atti intervenuti nella disciplina della specifica materia. In particolare è stata disciplinata la costituzione di un sistema regionale secondo un modello a rete – con la creazione di unità aziendali di gestione del rischio clinico – nonché la messa a punto di taluni strumenti operativi per la promozione e il consolidamento delle buone pratiche”.

“È stato definito un programma regionale per la gestione del rischio clinico che si propone specifiche azioni in molteplici ambiti, quali: monitoraggio, implementazione, raccomandazioni ministeriali, sicurezza in sala operatoria, prevenzione delle cadute, sicurezza nella terapia farmacologica con particolare riguardo ai farmaci oncologici e al monitoraggio di azioni di miglioramento realizzate a livello aziendale a seguito dell’occorrenza di un evento avverso”.

Ma i buoni risultati necessitano di essere comunicati per far crescere consapevolezza dell’efficacia del Risk Management tra gli operatori e la fiducia nella sanità tra le persone.

Per questo la Regione Piemonte ha aderito all’iniziativa nazionale e mondiale organizzando un evento al quale sono state invitate tutte le Aziende sanitarie e le Associazioni rappresentative dei cittadini, un’occasione per effettuare un confronto con i cittadini e gli stakeholder sullo specifico tema della gestione del rischio clinico, nonché per consolidare la collaborazione fra cittadini eAmministrazione nel processo di miglioramento della qualità e della sicurezza delle cure.

La Regione ha altresì invitato le Aziende a realizzare nella giornata del 17 settembre momenti di confronto, a livello locale, con cittadini e stakeholder.

Invito raccolto, tra gli altri, dalla ASL TO4, la cui esperienza è raccontata in questo articolo di Sanità 360°.

LA RIDUZIONE DEL RISCHIO CON IL TRAPIANTO LAMELLARE

Minor probabilità di complicanze intra e post operatorie e minor rischio di rigetto dopo il trapianto di cornea. Per il Dr. Domenico Schiano dell’IRCCS Fondazione G.B. Bietti, ecco i motivi che spingono a scegliere le nuove tecniche rispetto all’intervento tradizionale

 

Come non di rado avviene nella chirurgia oculistica, le radici di un intervento affondano in un passato sorprendentemente remoto. Il trapianto di cornea, per esempio, è stato eseguito per la prima volta all’inizio del novecento ed è rimasto per decenni sostanzialmente invariato. Questo fino a 15 anni fa, quando le nuove tecniche – dette di chirurgia lamellare – hanno cominciato a diffondersi e stanno, ora, superando quelle convenzionali.

Sanità 360° ne parla con Domenico Schiano, oculista all’IRCCS Fondazione Giovan Battista Bietti di Roma e uno dei primi – e ancora pochi – chirurghi in Italia ad effettuare i nuovi interventi.

Cominciamo dall’inizio: cos’è la cornea?

La cornea avvia il processo di messa a fuoco effettuando la prima convergenza. È, di fatto, la prima lente dell’occhio. Ma la cornea ricopre anche un’altra importante funzione, detta tettonica: chiude l’occhio e lo protegge dall’esterno.

Quando è che si rende necessario un intervento di trapianto?

Quando le alterazioni della trasparenza, rigidità o curvatura strutturale alterano la vista. Avviene nel cheratocono (assottigliamento della cornea), nell’opacità post infettiva, o in caso di patologie dell’endotelio corneale, come la distrofia di Fuchs o gli edemi post operatori.

È un trapianto d’organo o di tessuto?

Un trapianto d’organo che la legge italiana, grazie in particolare agli sforzi del Prof. Mario Stirpe al Parlamento e dell’allora Ministro del Lavoro Franco Marini, permette dal 1993, trattando l’intervento come un trapianto di tessuto e rendendo così molto più facile la procedura.

Cosa comporta l’intervento tradizionale?

La rimozione completa della cornea e la sua sostituzione integrale. La tecnica si chiama PKP (Penetrating Keratoplasty) o trapianto a tutto spessore.

Qual è il limite di questa tecnica?

Il fatto che bisogna ‘trapanare’ l’occhio per sostituire l’intera cornea comporta tre ordini di rischi: intraoperatori, perché l’intervento è molto più invasivo; post operatori, perché la possibilità di complicanze è maggiore; e, da ultimo, una probabilità più alta di rigetto.

In cosa differiscono gli interventi lamellari?

Sono interventi che sostituiscono solo una parte della cornea a seconda delle esigenze senza dover asportare l’intero organo. Vi sono i trapianti lamellari anteriori (Deep Anterior Lamellar Keratoplasty) che lasciano intatto lo strato dell’endotelio; e vi sono, viceversa, le cheratoplastiche lamellari posteriori o endoteliali (DMEK o DSAEK) che sostituiscono l’endotelio e lasciano intatto lo strato superficiale. Questi ultimi trapianti si effettuano quando, per esempio, gli strati interni della cornea perdono trasparenza in seguito ad una compromissione dell’impermeabilità e ad un conseguente accumulo di liquido nei tessuti.

Ma, a prescindere dai singoli casi, il minimo comun denominatore di queste nuove tecniche è lo sforzo di intervenire solo sulla parte della cornea che necessita un trapianto, lasciando intatte e in situ le parti che non sono alterate. Questo approccio riduce l’impatto e i rischi per le persone che si sottopongono a intervento e permette anche di utilizzare al meglio le cornee provenienti dal donatore.

Qual è stata l’accoglienza riservata ai nuovi interventi all’estero?

I trapianti lamellari hanno iniziato a sostituire gli interventi tradizionali all’inizio degli anni 2000 e si stanno imponendo come standard. In Germania, per esempio, nel 2014 sono stati effettuati, per la prima volta, più trapianti lamellari che PKP tradizionali [1].

In Italia dove vengono effettuati?

In Italia esistono alcuni centri specializzati che eseguono questi approcci chirurgici all’avanguardia. La Fondazione Bietti è uno di questi. Non è più necessario, perciò, andare all’estero come poteva succedere un decennio fa.

 

[1] Aa.Vv., Trends in Corneal Transplantation from 2001 to 2016 in Germany: A Report of the DOG–Section Cornea and its Keratoplasty Registry, in AMERICAN Journal of Ophthalmology, n. 188, April 2018, pp. 91-98.

 

LA PREVENZIONE SENOLOGICA NELL’ASL TO4: PRESTAZIONI IN CONTINUA CRESCITA CON LA COLLABORAZIONE PREZIOSA DELL’ORGANIZZAZIONE DI VOLONTARIATO A.D.O.D.

Arriva OTTOBRE ROSA e Silvia Bagnera, medico dell’ASL TO4 e Presidente dell’Organizzazione Donna Oggi e Domani (ODV), racconta un percorso di crescita nelle prestazioni senologiche e nella promozione della prevenzione oncologica

 

L’ASL TO4 Chivasso-Ciriè-Ivrea della Regione Piemonte conferma il proprio impegno nell’attività di senologia, rimarcando un progressivo trend di crescita nel numero di prestazioni offerte negli ultimi sette anni. I risultati raggiunti in questo campo, disponibili nel comunicato stampa pubblicato dall’Azienda stessa già a febbraio 2019, sono piuttosto esaustivi: “Se si confronta l’anno 2018 con il 2011 – si legge nel comunicato – si rileva un incremento di 28.595 prestazioni di Senologia complessive, pari a più 108,6%; dal confronto del 2018 con il 2014 emerge un incremento di 20.668 prestazioni di senologia complessive, pari al 60,3% di prestazioni in più”. La quota più rappresentativa delle prestazioni offerte è rappresentata dalle mammografie, che nel 2018 hanno raggiunto un più 180,5% (16.568 prestazioni in più) rispetto al 2011.

Silvia Bagnera è medico radiologo specializzato in senologia all’ASL TO4 e Presidente dell’Associazione Donna Oggi e Domani (A.D.O.D. – ODV). L’Associazione, che è parte integrante della Breast Unit ASL TO4, lavora in prima linea sulla sensibilizzazione alla prevenzione del tumore al seno ed opera nel Centro di Screening Mammografico ASL TO4 con sede a Strambino e in alcuni reparti dell’Ospedale di Ivrea (quali la SC Radiologia, la SC di Chirurgia e la SC di Radioterapia).

L’ASL TO4 – afferma la dottoressa – ha fatto un grosso investimento, sia in termini di risorse che di apparecchiature e di professionisti dedicati. È un segno evidente di attenzione nei confronti dell’utenza per offrire il massimo del servizio possibile con strumenti di ultima generazione. Il trend degli ultimi anni, inoltre, rileva un significativo incremento «produttivo» nelle mammografie che è destinato ad aumentare anche nel futuro. La nascita della Breast Unit nel 2012, composta da un’équipe multidisciplinare a servizio della donna, rappresenta un fiore all’occhiello per garantire una diagnosi precoce ed elevati standard di cura. All’interno di questa Unità di Senologia, si interseca il lavoro dell’associazione A.D.O.D. con l’impegno di volontarie specificatamente formate”.

La presenza dell’Associazione risulta fondamentale, in particolare, per fornire informazioni sulle modalità di accesso ai servizi sanitari aziendali e per accogliere le utenti, considerando il vasto bacino dello screening mammografico, che nel territorio dell’ASL TO4 conta circa 55 mila persone (tra i 45 e i 75 anni). “Donne per la maggior parte sane – prosegue Bagnera – ma a rischio, e non possiamo parlare individualmente a tutte. Per questo è importante sensibilizzare alla prevenzione primaria e secondaria, che sono due aspetti diversi. Con la prima, si cerca di sensibilizzare i cittadini a mantenere lo stato di salute, con corretti stili di vita (attraverso l’attività fisica, una sana alimentazione, l’assenza di fumo e la riduzione dell’assunzione di alcol), ossia riducendo i fattori di rischio al fine di evitare che nasca una patologia. Con l’adesione allo screening mammografico per le donne comprese tra i 45 e i 75 annisi fa, invece, prevenzione secondaria e si cerca di diagnosticare precocemente un tumore in fase asintomatica. Si tratta di un’attività dal forte impatto sociale perché curare una persona in uno stadio iniziale consente di poter accedere ad una chirurgia sempre più conservativa (con eccellenti risultati estetici) e a terapie mediche sempre più efficaci e mirate. Tutto questo aumenta le percentuali di guarigione, consente un’elevata qualità di vita e diminuisce i costi della malattia a carico della collettività”.

“La messa in atto di eventi come ‘Le Camminate in Rosa’ o i ‘Weeked della Salute’ organizzati in occasione di Ottobre Rosa – spiega la Presidente dell’Associazione – è un modo per condurre la comunità a stare assieme facendo movimento e divulgando concetti importanti per la salute. Spesso in queste occasioni coinvolgiamo anche donne malate e si innesca quello che noi chiamiamo «effetto del sorriso», con un vantaggio psicologico e di miglioramento per la cura della malattia. Inoltre, sono occasioni per raccogliere fondi che sostengono le attività associative e che permettono di concretizzare l’aiuto dell’A.D.O.D. alle donne. Ad esempio, con i proventi ottenuti da Ottobre Rosa 2018 abbiamo potuto donare un microscopio ottico di ultima generazione alla S.C. di Anatomia Patologica dell’ASL TO4”.

Conclude Bagnera: “Con la campagna di Ottobre Rosa e tutte le iniziative organizzate sul territorio nell’intero anno si riesce a porre l’attenzione sul tumore al seno e far sì che venga affrontato con meno paura possibile. Questo grazie anche all’aiuto delle nostre volontarie che supportano e partecipano agli eventi e che sanno raccontare come prevenzione e guarigione siano, oggi, entrambe possibili”.

 

A.D.O.D. COSA FA L’ASSOCIAZIONE

Tante anche le iniziative messe in campo in vista di “Ottobre Rosa 2019” (visionabili sul sito www.adod.it). Tra gli eventi in programma si annoverano un incontro letterario con una cena di beneficienza a cura de “Le Cusinere del Ricettario Rottarese” (il 5/10 a Settimo Rottaro) ed un pomeriggio in musica con passeggiata e castagnata al Castello di Albiano (il 13/10 ad Albiano d’Ivrea). L’A.D.O.D. sarà presente anche quest’anno al Weekend della Salute (il 19/10 a Chivasso e il 20/10 a Strambino).

Anche nell’ambito della diagnosi precoce l’associazione A.D.O.D. è attivissima nella realizzazione di Giornate di Prevenzione (ben due nel solo anno 2019!), con la possibilità per le donne di sottoporsi a visite senologiche ed ecografie mammarie gratuite: volontarie, associate e medici della Breast Unit ASL TO4 collaborano insieme in queste iniziative per offrire un servizio prezioso sul territorio.

Il progetto “Prevenzione e Benessere” iniziato a gennaio 2018 (presso lo screening mammografico ASL TO4 con sede a Strambino) e finanziato dall’associazione A.D.O.D., si rivolge alle donne e opera attraverso proposte di prevenzione primaria, come la realizzazione di un ciclo di incontri teorico-pratici gratuiti dedicati alla sana alimentazione e la sponsorizzazione dei “Gruppi di Cammino” (molto diffusi nel territorio dell’ASL TO4, costituiti da persone che si incontrano regolarmente in un luogo predefinito, per camminare insieme gratuitamente, guidati da Walking Leader certificati).

 

 

IL VENTO CHE CAMBIA: COMUNICARE E CONDIVIDERE LE BUONE PRATICHE E LA FIDUCIA CHE NE DERIVA

Non è la prima volta che solleviamo un problema ricorrente nel Risk Management sanitario nazionale ed internazionale: il deficit di comunicazione

 

A causa del grande carico di lavoro degli operatori di settore, può capitare infatti che delle best practice locali rimangano sconosciute ai più o che una ASL impieghi tempo e risorse per sviluppare una check-list o studiare un miglioramento già ampiamente sperimentati e implementati da una ASL confinante. Tutto per mancanza di tempo. Né questa difficoltà si limita all’ambito degli addetti ai lavori. Questi evidenti limiti si riflettono anche sulla percezione esterna collettiva del settore Sanitario. La popolazione stessa non ha una percezione realistica della sicurezza delle cure in Italia e pensa al nostro sistema sanitario in termini molto meno fiduciosi di quanto meriti. Appare quindi evidente come la risposta a questa situazione sia la comunicazione: dimostrare con parole supportate da dati come la gestione del rischio migliori la sanità. Ed è una comunicazione che si muove su due livelli, per aumentare sia la consapevolezza degli operatori sull’importanza del Risk Management, sia la fiducia delle persone nelle cure che ricevono ogni giorno.

Il nostro Sanità 360°, in fondo, è nato esattamente con questo scopo e oggi siamo felici di vedere che il vento sta cambiando. Su questo numero vediamo infatti come la stessa Regione Piemonte figuri, in maniera importante, quasi un laboratorio di “buone pratiche”: il mese scorso si sono tenuti interessanti momenti di incontro con la popolazione in occasione della giornata mondiale del 17 settembre; il prossimo 15 ottobre invece si terrà un’altra importantissima iniziativa: lo scambio e la presentazione, tra tutte le ASL regionali, di una “buona pratica” tra quelle presentate alla Call for Good Practice di Agenas.

Sarà un momento nel quale ogni struttura potrà ascoltare e imparare dalle esperienze altrui, declinandole opportunamente al proprio interno secondo le proprie esigenze. Questo evento ha una filosofia estremamente affine a quella di Sham perché ricalca fedelmente lo scopo e la prassi del nostro Premio per la prevenzione dei rischi: mettere assieme i migliori progetti che rendono le cure più sicure per farli conoscere e applicare a livello nazionale. Una chiusa finale sul Premio Sham: quest’anno la risposta è stata bellissima e abbiamo già raccolto, mentre vi scrivo, quasi 70 progetti. Coloro che si sono attardati e non sono riusciti a presentare la propria candidatura entro il 30 settembre ci hanno chiesto di prorogare la ‘chiusura’ delle iscrizioni al 15 ottobre. Cosa che abbiamo fatto con piacere, anche per venire incontro ai nuovi arrivati del 2019. Quest’anno infatti, alla tradizionale partnership di Federsanità ANCI, si sono aggiunte quelle di AIOP e ARIS, portando alla creazione di due nuove categorie di partecipanti: i privati associati AIOP e i privati senza scopo di lucro associati ARIS.

Tutto ciò per dirvi che c’è ancora tempo per iscriversi! Trovate qui il link per regolamento e moduli.

Grazie e buona lettura

 

Roberto Ravinale

Direttore esecutivo di Sham in Italia