ASL TO4: UNO SFORZO IN PIÚ PER COMUNICARE GLI INTERVENTI

La check-list, il braccialetto e la scheda terapeutica unica sono solo alcune delle iniziative messe in atto dalla ASL. Ma c’è un altro elemento del quadro: la capacità di far incontrare operatori e assistiti per aumentare la consapevolezza della sicurezza

 

La Giornata Mondiale della Sicurezza del Paziente è stata occasione di incontri con il pubblico alla ASL TO4 per presentare alle persone gli investimenti in sicurezza. “Non si investe solo un giorno”, ha detto il Direttore Generale Lorenzo Ardissone: “Il Risk Management lavora tutto l’anno”.

Le iniziative di sicurezza hanno riguardato l’introduzione di strumenti di lavoro per i professionisti, quali: la check-list per rendere più sicuro il percorso del paziente in sala operatoria, in cardiologia interventistica, in ostetricia e in neonatologia; il braccialetto per la corretta identificazione della persona assistita, non solo per evitare incidenti trasfusionali, ma anche per tutti i percorsi clinico-assistenziali; la scheda terapeutica unica (STU) per la sicurezza nella somministrazione dei farmaci in tutti i reparti ospedalieri e il progetto sulla sicurezza dei farmaci chemioterapici in ambito onco-ematologico; infine, la progettazione di una scheda come strumento per la prevenzione delle complicanze da malnutrizione nell’anziano.

Lorenzo Ardissone, Direttore Generale ASL TO4

Tutto questo ha permesso non solo di organizzare al meglio il lavoro in sala operatoria, eludendo l’errore nel riconoscimento della persona, ma anche di prevenire la ritenzione di materiale nella sede di intervento, così come i danni da anestesia, il sanguinamento, le reazioni allergiche o le infezioni.

“Infine, l’ultimo intervento in favore della sicurezza – spiega Vincenza Palermo, Direttore Medico Legale della S.C. Risk Management ASL TO4 e motore dietro alle iniziative – è comunicare correttamente al pubblico. Il Risk Management lavora così tanto che spesso sacrifichiamo di condividere con i cittadini e con i colleghi le nostre iniziative. La nostra volontà ora è fare uno sforzo in più per comunicare alle persone quanto lavoriamo. Oggi (17 settembre ndr) ci siamo riusciti con l’organizzazione di eventi formativi sulla comunicazione fra operatori sanitari e persone assistite, con gli incontri con il pubblico e la presentazione di programmi di sensibilizzazione come, ad esempio, i materiali informativi affissi all’interno dell’ospedale per prevenire le cadute accidentali”.

 

 

 

SICUREZZA DEI PAZIENTI: PRIMA GIORNATA MONDIALE È UNA VITTORIA PER IL RISK MANAGEMENT

Secondo i dati OECD il 15 per cento delle spese ospedaliere si può risparmiare puntando sulla sicurezza integrata ospedale-territorio. Intanto, l’attività di SHAM in Italia diventa una buona pratica del Gruppo Relyens in Europa

 

L’istituzione della prima Giornata Mondiale della Sicurezza del Paziente indetta dall’OMS  nel 2019 è una vittoria per tutti coloro che ritengono il Risk Management centrale e strettissima la relazione tra sicurezza e sostenibilità finanziaria in sanità. Già nel 2017, infatti, il rapporto OECD dedicato ai risvolti economici della sicurezza del paziente, segnalava come il 15 per cento delle spese sanitarie fosse riconducibile direttamente ai costi aggiuntivi – ulteriori ricoveri, ulteriori accertamenti, degenze più lunghe – derivate dalla malpractice subita dal paziente durante l’assistenza sanitaria. Il rapporto 2018 della stessa organizzazione – “Flying Blind – Volando alla cieca” – ha esteso lo studio all’assistenza primaria e ambulatoriale.

Da questa visione Sham in Italia può trarre un’importante conferma della sua azione al fianco di Risk Manager e Strutture sanitarie del nostro Paese. È proprio a cavallo del 2018 – 2019 che abbiamo avviato le prime mappature integrate ospedale/territorio. Una di queste ha riguardato oltre 40 RM e 500 professionisti sanitari della regione Piemonte che hanno analizzato circa 2mila rischi potenziali ed individuato più di 300 azioni di miglioramento in corso di implementazione, con monitoraggi previsti ogni 6-8 mesi.

Questo progetto è un successo per Sham perché è attraverso la condivisione di strumenti concreti che la Mutua realizza il suo obiettivo di rafforzare la cultura e la pratica della sicurezza nella sanità Italiana. Ma è, soprattutto, un riconoscimento per tutti i professionisti sanitari che hanno lavorato assieme a noi e ai quali dedichiamo la soddisfazione di essere stati selezionati come una delle 4 best practice europee dal Gruppo Relyens in occasione, proprio, della prima Giornata Mondiale della Sicurezza del Paziente. Buona visione

 

Roberto Ravinale 

Direttore Esecutivo Sham in Italia

I MOBILI CONFINI DELLA RESPONSABILITÀ ALLA LUCE DELLA LEGGE GELLI

Note minime sul rapporto tra medico, struttura e giustizia contabile: il convegno organizzato da Sham a Torino il 30 ottobre prossimo affronterà alcune delle più rilevanti, sebbene meno pubblicizzate, complessità nate dalla Legge Gelli-Bianco. In primo luogo: la definizione di colpa grave alla luce dell’elaborazione giurisprudenziale della Corte dei Conti; il rapporto interno tra struttura e medico; la responsabilità (e responsabilizzazione) dei vertici sanitari nell’ambito della gestione del rischio soprattutto ove sussista regime di autoassicurazione

 

A firma dell’Avvocato Ernesto Macrì

 

L’evento annuale organizzato da Sham, che si terrà a Torino il 30 ottobre prossimo, quest’anno si concentrerà su alcuni temi che, pur essendo tra quelli forse meno indagati della legge Gelli-Bianco – nelle loro premesse e nelle loro possibili soluzioni – si rivelano, al contrario, di stringente attualità.

Una giornata di discussione a più voci dedicata essenzialmente alle problematiche concernenti la regolamentazione delle relazioni che legano la struttura sanitaria, pubblica e privata, e il medico ogniqualvolta la prima abbia risarcito il paziente danneggiato a seguito della prestazione sanitaria resa dal secondo.

D’altra parte, che proprio il profilo dei c.d. “rapporti interni” sia tra quelli determinanti nell’abbozzare gli assetti su cui, effettivamente, finisca per calibrarsi la responsabilità sanitaria, è da qualche tempo avvertito anche dalla giurisprudenza di merito, tuttavia sovente segnata dall’incertezza nel definire le prospettive interpretative dei giochi incrociati di surroghe e regressi tra aziende e professionisti dipendenti.

L’intento è proprio quello di una corretta messa a fuoco di alcuni concetti chiave legati tra loro da un reticolato di fili rossi: la definizione della colpa grave, alla luce dell’elaborazione giurisprudenziale della Corte dei Conti; la non sovrapponibilità fra colpa grave in sede erariale e civile per le differenti modalità di accertamento della stessa sotto il profilo degli oneri probatori; la concreta esigenza di introdurre un sistema efficace che assicuri un risarcimento ai soggetti danneggiati in un contesto in cui, accanto a forme di assicurazione obbligatoria, è consentito alle strutture sanitarie di non assicurarsi, utilizzando forme di c.d. “autoassicurazione” [1].

Quest’ultimo profilo sarà l’oggetto precipuo della Tavola rotonda che si terrà nella sessione pomeridiana, nella consapevolezza che la gestione interna del rischio e la costituzione di risorse patrimoniali destinate alla copertura di eventuali danni, acquistano un particolare rilievo nell’ambito della responsabilità sanitaria.

Non credo che sia in atto una “pericolosa spirale viziosa” – come qualcuno l’ha definita [2], ma è necessario, tuttavia, riflettere attentamente sulle possibili ripercussioni economiche, che sui bilanci pubblici potrebbero condurre a una non corretta gestione dei rischi correlati alle attività sanitarie da parte delle strutture ospedaliere.

È evidente, infatti, che il trasferimento di una parte del rischio di responsabilità civile dal settore assicurativo privato alle strutture sanitarie – anche se in alcuni contesti si è rivelato una necessità – deve portarci a indagare quanto viene fatto dagli enti sanitari, sotto la peculiare angolatura delle specifiche iniziative concernenti la gestione dei processi clinici e la gestione delle richieste di risarcimento, sino a poco tempo fa interamente gestite dalle compagnie di assicurazione.

Detto in altri termini: è indispensabile che le aziende sanitarie sappiano collocare al centro della propria attività accanto al tema della “sicurezza delle cure – posto dalla legge n. 24/2017 quale principio dalla centralità assoluta per ridisegnare il perimetro della responsabilità delle strutture sanitarie e del personale medico e paramedico – quello relativo alle esigenze di salvaguardia delle risorse pubbliche e di contenimento della spesa sanitaria, nell’ottica di una “riflessione pluriprospettica”, alla luce delle molteplici sfaccettature della problematica della gestione del rischio sanitario ampiamente inteso [3].

Difatti, il ventaglio delle possibilità relative agli strumenti per la gestione del rischio, che la novella legislativa ha posto a disposizione delle aziende sanitarie, deve recare con sé – e non potrebbe essere altrimenti – una più accentuata responsabilità degli organi di gestione, nel momento in cui la decisione verso una certa opzione anziché un’altra, dovrebbe essere stata assunta previa comparazione tra costi e benefici di tutti i soggetti coinvolti [4].

Dunque, i vertici delle aziende sanitarie non sono solo responsabili, ma anche responsabilizzati [5]: il merito delle scelte amministrative operate dagli organi dirigenziali, nell’esercizio della loro autonomia operativa, non potrà essere sottratto a una verifica di correttezza, alla luce dei principi di efficienza, di efficacia e di buona amministrazione [6].

Orbene, elementi di considerevole importanza che dovrebbero essere tenuti di conto dagli organi di vertice nella individuazione della soluzione assicurativa o di una misura alternativa ad essa, sono quelli riguardanti l’aspetto dimensionale delle aziende stesse, le caratteristiche delle strutture da loro amministrate, la complessità e il tipo di prestazioni che erogano, dandone adeguata ragione nella motivazione dei loro atti [7].

Avvocato Ernesto Macrì

In tale contesto, sarà interessante verificare, in termini prospettici, se la giurisdizione della Corte dei Conti si estenderà anche al controllo circa le modalità attraverso le quali l’interesse pubblico sarà stato tutelato nell’esercizio di queste nuove funzioni: auspicabilmente, si potrebbe venire a delineare un nuovo perimetro entro il quale la stessa Magistratura contabile è chiamata a valutare e accertare nuove ipotesi di responsabilità, così come a tener conto delle implicazioni sul pubblico erario di scelte e comportamenti gestionali fino ad ora ritenuti irrilevanti [8].

Sotto quest’angolo di analisi, certuni comportamenti tenuti da alcune aziende sanitarie pubbliche, che hanno preteso di smarcarsi dal “peso” dell’assicuratore, rivelano appieno tutte le criticità che influenzano le decisioni concrete da dover assumere sul merito dei sinistri e la liquidazione dei danni, sfociando in un atteggiamento attendista del pubblico funzionario, il quale troppo spesso si trincera dietro al timore di una possibile responsabilità contabile [9].

In conclusione, è auspicabile che la trattazione e la definizione della liquidazione, in sede stragiudiziale e giudiziale, sia sempre più di frequente il punto di arrivo di un percorso che riveli tanto la sua sostenibilità economica quanto la sua capacità a consentire alle aziende sanitarie il governo consapevole della gestione delle richieste di risarcimento, sia nella loro definizione economica liquidativa immediata che nella necessaria attività di riservazione, legata ai possibili differimenti degli esiti giudiziali.

 

[1] Condivisibili le riflessioni di M. ROSSETTI, La riforma della responsabilità medica. L’assicurazione, in Questione e giustizia, fasc. 1/2018, p. 168, il quale causticamente rileva come abbia trovato da sempre “umoristica” la definizione di autoassicurazione, poiché è «come dire che se io abito in una casa di mia proprietà ho fatto una “autolocazione”, oppure che se attingo ai miei risparmi anziché chiedere un prestito in banca ho stipulato un “automutuo”. Cominciamo dunque col dire che non esiste, per un intelletto giuridicamente sano “l’autoassicurazione”: o si è assicurati, o non lo si è».   

[2] In questi termini A. BERTANI, Prefazione, in CINEAS – Gruppo di lavoro del Libro bianco, Ospedali e assicurazioni: come tutelare il paziente, il personale ospedaliero e lo Stato, 2014, p. 5. Il testo è interamente consultabile sul sito del Cineas.

[3] Sono parole di G. ROMAGNOLI, Autoassicurazione della responsabilità medica: compatibilità con i principi di diritto interno ed europeo, in Danno e responsabilità, 4/2015, p. 330, il quale rileva come una tale riflessione non debba essere limitata alla visuale civilistica.

[4] Ancora G. ROMAGNOLI, Autoassicurazione della responsabilità medica: compatibilità con i principi di diritto interno ed europeo, in Danno e responsabilità, 4/2015, p. 332.

[5] Cfr. S. BATTINI, Responsabilità e responsabilizzazione dei funzionari e dipendenti pubblici, in Rivista Trimestrale di Diritto Pubblico, fasc.1, 2015, pp. 53 ss., che rileva come la burocrazia italiana appaia spesso impermeabile alle logiche manageriali che si vanno affermando in altri settori: preoccupata del formale rispetto delle regole, anziché del raggiungimento degli obiettivi; indotta ad assumere sempre la scelta meno rischiosa per sé, anziché quella più efficace per la collettività; sensibile agli orientamenti della procura della Corte dei Conti, più che alla soddisfazione degli utenti per i servizi resi dall’amministrazione.

[6] Cfr. L. CARBONE, Responsabilità medica, strumenti assicurativi, danno erariale indiretto e le novità dal d.d.l. Gelli (nota a C. Conti, sez. Lombardia, 4 ottobre 2016 n.163), in Giustamm., fasc. 12/2016. V. pure G. ROMAGNOLI, Autoassicurazione della responsabilità medica: compatibilità con i principi di diritto interno ed europeo, in Danno e responsabilità, 4/2015, p. 333, il quale del tutto condivisibilmente sottolinea come «in capo ai vertici delle aziende sanitarie – in quanto rappresentanti delle amministrazioni controparti, rispettivamente, dei dipendenti e dei pazienti – grava il compito di contemperamento dei contrapposti interessi; cioè tramite la definizione di coperture assicurative – o loro equivalenti – in grado di mettere i primi al riparo dalle conseguenze di richieste esterne e di consentire ai secondi un pronto e pieno risarcimento in ipotesi d’affermazione di un qualche profilo di responsabilità dei sanitari o dell’amministrazione per cui quelli operano».

[7] In tal senso P. COLAIANNI, Autoassicurazione e assicurazione nella responsabilità civile medica, in S. LANDINI (a cura di), Autoassicurazione e gestione del rischio, su www.cesifin.it.

[8] Cfr. M. BRUSONI, E. TRINCHERO, L. MARAZZI, I. PARTENZA, Gestione, ritenzione e assicurazione del rischio: alla ricerca di una prospettiva integrata, in Rapporto OASI 2012, L’aziendalizzazione della Sanità in Italia, su www.cergas.it.

[9] Cfr. I. PARTENZA, Buon compleanno legge Gelli, anzi no, in Rivista responsabilità medica, fasc. 2/2019, pp. 195 ss.

SICUREZZA DELLE CURE ALLA NASCITA

La novità dell’approccio nella ASL TO4 per l’identificazione e la prevenzione del rischio di insorgenza di infezioni precoci, encefalopatia ipossico-ischemica, ipoglicemia. In via di conclusione la sperimentazione di un gruppo multidisciplinare, il lavoro del quale si appresta a divenire prassi ufficiale

 

Nell’ottica della gestione del rischio clinico e della salvaguardia della sicurezza del paziente, in linea con la legge n. 208/2015 e n. 24/2017 (L. Gelli) la S.C. Risk Management dell’ASL TO4 ha avviato in collaborazione con il Gruppo Sham (gruppo assicurativo della Regione Piemonte) uno strumento specifico di analisi per la valutazione del rischio denominato CartoRisk. La mappatura preventiva dei potenziali rischi, divenuto progetto pilota per la nostra regione, ha interessato 5 processi aziendali, selezionati tra quelli maggiormente a rischio, di seguito esplicitati:

  • Percorso della persona assistita in Pronto Soccorso
  • Identificazione della persona assistita
  • Percorso della persona assistita in Ostetricia
  • Percorso della persona assistita in Chirurgia
  • Percorso del farmaco

Nell’ambito del percorso della persona assistita in Ostetricia, fra i rischi identificati dai nostri operatori, vi sono “la presa in carico del neonato alla nascita” e “la presenza dei gettonisti nella copertura dei turni ospedalieri”. La carenza, infatti, nei reparti ospedalieri di pediatri strutturati, con la conseguente necessità di utilizzare medici gettonisti, crea un rischio di non uniformità nel lavoro quotidiano.

Di conseguenza un gruppo multidisciplinare pediatrico dell’ASL TO4, coordinato dalla S.C. Risk Management, ha pensato di utilizzare uno strumento di supporto al lavoro per gli operatori sanitari volto a garantire un sufficiente standard di continuità assistenziale anche nei contesti sopra descritti. Sono state preparate delle procedure affidate al personale infermieristico che aiutano il medico gettonista, anche con l’utilizzo di specifiche flow chart, nel corretto approccio assistenziale al bambino e al contempo semplificano l’attività ordinaria del medico strutturato.

L’efficacia e l’appropriatezza delle cure non dipendono solo dalle conoscenze del singolo medico, ma dal rispetto delle procedure e dalla velocità con la quale si operano le scelte giuste. E ciò è vero in particolare in ostetricia-neonatologia, dove le scelte devono essere fatte velocemente e sono, spesso, determinanti. “Le procedure, implementate con l’impegno di gruppi multidisciplinari aziendali – spiega Vincenza Palermo, Direttore S.C. Risk Management ASL TO4 Chivasso-Ciriè-Ivrea – rappresentano un canale privilegiato per standardizzare preventivamente le prestazioni sanitarie: sono strumenti con cui le strutture sanitarie rendono il più possibile oggettivo, sistematico e verificabile lo svolgimento delle attività, soprattutto quando la complessità delle strutture lo richieda. Ora – spiega la specialista in medicina legale – il problema si pone quando all’interno del reparto operano, accanto a professionisti strutturati, medici che non appartengono al reparto in pianta stabile: i cosiddetti “gettonisti”. La conoscenza delle procedure/linee guida, infatti, sono elementi che concorrono in modo determinante alla sicurezza delle cure e dobbiamo garantirla, nel limite del possibile, standardizzando le buone pratiche. A tal fine si è sviluppato uno strumento che ha come obiettivo quello di fornire ai gettonisti una guida per operare nel reparto con efficacia ed appropriatezza”.

Spiega Maurizio Pescarmona, pediatra con particolare interesse per la neonatologia e, attualmente, vice responsabile della S.C. Risk Managment: “Il succo di questi percorsi dedicati al Nido e riguardanti il  momento della nascita è recuperare dati materni alla nascita del neonato (EGA* – emogasanalisi), tampone per lo Streptococco B, febbre materna, etc) in relazione al rischio di  insorgenza di determinate patologie (infezioni precoci, encefalopatia ipossico-ischemica, ipoglicemia) e, di seguito, avviare un monitoraggio e delle azioni volte a prevenirle. Sapere di essere di fronte a un bambino a rischio di ipoglicemia, ad esempio, comporta l’attivazione di una serie di controlli glicemici al neonato che permettono di evitare errori clinici prevenendo possibili danni neurologici al neonato.

La novità del nostro approccio è che i percorsi – la cui attivazione prevede un confronto constante tra medico e infermiera – sono già espressamente previsti in cartella e vanno “flaggati” al comparire delle condizioni che rendono appropriata la loro attivazione. Sempre in cartella sono previsti i passaggi successivi da operare per scongiurare i rischi identificati, passaggi già codificati e inseriti nella quotidianità del reparto. Si tratta di quegli accorgimenti che contribuiscono a rendere le cure più sicure, e che è importante che i medici rispettino. 

Ci si auspica, di concludere i lavori del gruppo multidisciplinare aziendale nel mese di settembre per introdurre ufficialmente questo strumento di lavoro a partire dal mese di ottobre 2019.

 

* L’EGA fornisce una valutazione oggettiva dello stato metabolico del feto ed esprime l’eventuale grado di asfissia. Tra i fattori forniti dall’EGA, il pH e il deficit di basi nell’arteria ombelicale sono quelli che più degli altri esprimono la severità del grado di asfissia del neonato”. Pag. 59 RACCOMANDAZIONI ITALIANE PER LA GESTIONE DEL CLAMPAGGIO ED IL MILKING DEL CORDONE OMBELICALE NEL NEONATO A TERMINE E PRETERMINE. Autori Stefano GHIRARDELLO & altri.

OSTETRICIA: LA SIMULAZIONE È LA MIGLIORE FORMAZIONE

L’efficacia dell’approccio interattivo nell’esperienza della ASL di ASTI. Le diverse situazioni simulate e i risultati raggiunti raccontati nell’intervista ad Anna Mesto, responsabile della struttura di Qualità, Accreditamento e Risk Management. Il progetto verrà presentato al Premio Sham 2019

 

“Sia l’esperienza sul campo che una crescente letteratura concordano nel ritenere che la simulazione sia in assoluto la migliore modalità di formazione in ambito sanitario. In particolar modo ciò è vero per quanto riguarda le attività che richiedono la coordinazione dell’attività individuale all’interno di un lavoro d’équipe”.

“Quest’ultimo dettaglio – spiega Anna Mesto dell’ASL di Asti – individua l’Ostetricia come un campo particolarmente indicato ove investire nella simulazione formativa, sia nell’ottica di gestire il rischio medico legale – al quale l’ostetricia si dimostra tra i settori sanitari essere particolarmente esposta – sia con il fine di migliorare l’affiatamento dei professionisti nell’ambito lavorativo”.

La dottoressa, responsabile Qualità, Accreditamento e Risk Management dell’azienda sanitaria astigiana ha visto avviarsi negli anni attività di simulazione formativa in diversi ambiti, con corsi per la rianimazione BLS (Basic Life Support) e ALS (Advanced Life Support), trovando un riscontro molto favorevole tra i partecipanti e ricadute positive riguardo alle competenze acquisite, dimostrate anche in occasione di prove pratiche.

“Tale tipo di formazione – spiega sulla base delle esperienze accumulate – trova maggiore efficacia quanto più è realistico il contesto simulato, da cui la necessità di riprodurre situazioni e condizioni simili a quelle effettivamente riscontrabili disponendo di manichini e altri materiali adatti a simulare i possibili scenari con precisione”.

Due sono le modalità impiegate. La prima concerne dimostrazioni tecniche senza esecuzione diretta dei partecipanti (d/t), metodo didattico svolto da docente/istruttore finalizzato a illustrare modalità di esecuzione di attività specifiche, che può prevedere l’utilizzo di filmati o altri sussidi didattici. La seconda è, invece, l’esecuzione diretta da parte di tutti i partecipanti di attività pratiche o tecniche (ed), metodo didattico svolto a livello individuale o a piccoli gruppi che prevede l’utilizzo di una strumentazione o l’esecuzione di pratiche precedentemente trasferite.

Dal 2014 la simulazione si è estesa alla formazione in campo ostetrico con l’impiego di un manichino per simulare la gravida in sala parto, per quanto concerne l’espletamento del parto e delle varie possibili presentazioni fetali.

Nel corso delle sessioni di formazione in Ostetricia le situazioni simulate sono state il triage ostetrico, la distocia di spalla e l’emorragia post partum.

“Tali tematiche – riprende la dottoressa Mesto – richiedono l’addestramento a maggiore frequenza, in quanto rappresentano situazioni critiche potenzialmente gravi che necessitano di competenze specifiche e di buon coordinamento. L’esigenza di codificare i criteri di triage nasce dalla necessità di uniformare le conoscenze del personale addetto, sia infermieristico sia ostetrico; l’emorragia post partum è stata oggetto di studio, nell’intento di contestualizzare le linee guida e di sviluppare negli operatori le abilità nella valutazione del rischio, evitando di sottovalutare le perdite ematiche e adottando i corretti strumenti per la giusta quantificazione”.

La misurazione è un elemento da tenere sempre in considerazione, perché permette di dimostrare l’impatto e il cambiamento delle tecniche di simulazione. Il metro quantitativo per eccellenza sulla base del quale valutare l’efficacia della formazione sarà la riduzione dei contenziosi nei prossimi uno o due lustri. Ciononostante, esistono altri metri di misurazione dell’impatto della simulazione, che non richiedono una simile attesa perché si incentrano sulla misurazione delle competenze trasmesse agli operatori, sulla verifica (Audit) presso gli operatori stessi di come si è evoluta la loro coordinazione professionale e, infine, sull’implementazione delle procedure quotidiane che sono state il frutto del processo di confronto che ha accompagnato i diversi momenti del progetto di formazione”.

Anna Mesto, responsabile Qualità, Accreditamento e Risk Management presso l’ASL di Asti

Tra i risultati ottenuti in seguito alle attività di simulazione in campo ostetrico nella ASL Asti si conta, in primis, l’applicazione durante le simulazioni stesse delle linee guida sul rischio dell’emorragia post partum, con l’attivazione dell’équipe multidisciplinare formata da ginecologo, anestesista e medico esperto in patologie della coagulazione nonché utilizzo dei presidi idonei per la corretta stima delle perdite ematiche e dei trattamenti farmacologici. Applicate anche le linee guida nella distocia di spalla, con l’adozione delle modalità operative utili ad evitare il ricorso a manovre invasive o cruente. Conseguente alle attività di simulazione sono stati, inoltre, diversi Audit: l’Audit di efficacia attestanti il contenimento dei parti cesarei e Audit dedicati al Team leadership. Nella pratica clinica, inoltre, è migliorato il coordinamento dell’équipe di sala e il reclutamento di ulteriore personale di reparto, per la gestione della paziente e di care-givers presenti, che sono stati informati e rassicurati su quanto stava avvenendo. In aggiunta è stata aggiornata la procedura dei parti cesarei in emergenza, con definizione della tempistica e della concatenazione delle azioni previste, nonché l’introduzione di modalità più rapide di attivazione dei componenti dell’équipe chirurgica. Infine, è stato costituito un Gruppo per le emergenze ostetriche, che fa da cabina di regia per la programmazione e attuazione delle azioni di miglioramento.

“Da tutte queste misurazioni – conclude Mesto – appare chiaro come la simulazione abbia stimolato una forte spinta al miglioramento e abbia rappresentato un ottimo strumento di formazione e insieme partecipazione degli operatori all’incremento nella sicurezza delle cure”.

Gli esiti del progetto di simulazione saranno, perciò, candidati all’edizione 2019 del premio Sham per la prevenzione dei rischi.

LA CHECK-LIST PER LA GESTIONE INTEGRATA DEL PAZIENTE CHIRURGICO DELL’ASL TO4

La check-list ideata è una sorta di «passaporto» che accompagna la persona assistita (p.a.) nell’intero tragitto, garantendo l’accesso in sicurezza al Blocco Operatorio e, al termine dell’intervento, avere garantita la corretta presa in carico da parte dei professionisti della struttura di degenza. Contiene tutte le informazioni, attestate, controllate e controfirmate dall’operatore, relative allo stato di salute della persona, per garantire il corretto passaggio delle informazioni tra i diversi professionisti coinvolti, agevolandoli nella tracciabilità dell’intero percorso assistenziale

 

La dott.ssa Vincenza Palermo, Direttore Medico Legale della S.C. Risk Management ASL TO4 Chivasso-Ciriè-Ivrea della Regione Piemonte, ritiene che il Risk Management, cioè la gestione del rischio in sanità, per essere efficace, deve interessare tutte le aree in cui l’errore può manifestarsi nel corso del processo clinico assistenziale della persona assistita. La gestione integrata del rischio può portare a cambiamenti migliorativi nella pratica clinica e a promuovere un concetto di salute più attenta e vicina al paziente e agli operatori, contribuendo a sviluppare organizzazioni e strutture sanitarie più sicure ed efficienti.

La complessità intrinseca, che caratterizza tutte le procedure chirurgiche, determina la necessità di dotarsi di strumenti di lavoro proattivi che consentano di identificare eventuali criticità che, se non gestite preventivamente, potrebbero esporre la persona assistita (p.a.) ad eventi avversi o sentinella.

“La semplicità è una complessità risolta” annuncia la dottoressa. “Se siamo riusciti a far combaciare tanti livelli operativi e tanti livelli di controllo in una procedura lineare – ovvero in uno strumento semplice che aiuta a compiere le azioni giuste, appropriate e tempestive, senza errori e senza azioni inutili – allora abbiamo raggiunto l’obbiettivo del Risk Management”.

Lo strumento adottato dall’ASL piemontese è una check-list (scarica qui) operatoria notevolmente ampliata rispetto a quella richiesta dal Ministero ed è stata elaborata per rispondere ai 16 obiettivi identificati, a livello internazionale, per migliorare la sicurezza e la qualità degli interventi chirurgici. Il prodotto è frutto di un confronto lungo e approfondito con tutti i professionisti e gli operatori sanitari coinvolti nei reparti e nei blocchi operatori.

“Sono due i grandi principi guida che hanno accompagnato la stesura delle sei pagine della check-list – spiega Palermo – Il primo è la consapevolezza che il rischio fa parte delle organizzazioni complesse, come appunto è la sanità, e il secondo è che la persona assistita inizia un percorso verso la sala operatoria, con una serie di step intermedi che precedono e seguono l’intervento chirurgico.

Lo strumento ideato è una sorta di “passaporto” che accompagna la p.a., garantendole di accedere in sicurezza al Blocco Operatorio e, al termine dell’intervento, di avere garantita la corretta presa in carico da parte dei professionisti della struttura di degenza. In esso, infatti, sono contenute tutte le informazioni, attestate, controllate e controfirmate dall’operatore, relative allo stato di salute della p.a., per garantire il corretto passaggio delle informazioni tra i diversi professionisti coinvolti, agevolandoli nella corretta comunicazione durante il percorso assistenziale: dalla struttura di degenza alla sala operatoria e viceversa.

Si è voluto introdurre la logica della gestione per processi e per questo motivo, a differenza della check-list dell’OMS e di quella ministeriale che focalizzano l’attenzione solo a quanto avviene in sala operatoria, si è ragionato sull’intero processo chirurgico identificando 4 fasi in cui articolare la check-list: fase a: preoperatoria – fase b: accettazione nel blocco operatorio – fase c: perioperatoria e fase d: intraoperatoria, identificando nella totalità 44 item di cui: 16 caratterizzanti la fase preoperatoria, 3 caratterizzanti la fase di accettazione nel blocco operatorio, 6 per la fase perioperatoria e 19 per la fase intraoperatoria.

Per ogni fase sono state individuate appropriati controlli e verifiche necessari per garantire la sicurezza della persona assistita: la completezza della cartella clinica, l’identificazione della persona, il gruppo sanguigno, la terapia in corso, le allergie, il sito da operare, la presenza di protesi la facilità di intubazione, la firma e comprensione dei diversi consensi informati sono solo alcune delle moltissime altre voci presenti nelle schede preimpostate”.

“Tutti gli elementi e i passaggi sono espressamente scritti nella check-list e questo – riprende Palermo – è il secondo principio guida che abbiamo seguito: non sono gli operatori a dover compilare a mano libera; è già tutto scritto e predisposto e si deve procedere semplicemente scorrendo le voci e flaggare quelle che ricorrono nel caso concreto. Questo – sottolinea – è un elemento importante che riduce il rischio di dimenticare qualcosa e, soprattutto, ottimizza, in un solo passaggio, tempo, appropriatezza ed efficacia.  Nulla del processo viene dimenticato e nulla di superfluo viene richiesto. Questa è l’impostazione che permette di valorizzare le energie preziose del personale (ridottosi drasticamente in tutta Italia), di innalzare la qualità delle cure, di rispettare il paziente prevedendo e prevenendo eventuali rischi, omissioni, ritardi o duplicazioni che potrebbero verificarsi in mancanza di una traccia di lavoro così diligentemente preimpostata e prevista dalla check-list.

Centrale è ricordare che di ogni passaggio resta traccia: un elemento che è particolarmente importante anche nel caso di Day Surgery o d’interventi programmati nel tempo perché quanto scritto diviene elemento di corretta comunicazione tra professionisti per una migliore presa in carico, anche a distanza di tempo, della persona assistita”.

Dott.ssa Vincenza Palermo, Direttore Medico Legale della S.C. Risk Management ASL TO4 Chivasso-Ciriè-Ivrea

“L’introduzione della check-list per la Sicurezza in Sala Operatoria – conclude la dott.ssa Palermo – ha consentito, in termini generali, di ottenere una significativa riduzione delle non conformità: si è verificata una riduzione in media dell’80% su tutti gli items con punte del 100% per quanto concerne la presenza del consenso informato nella cartella clinica della persona assistita all’ingresso del blocco operatorio.

Il lusinghiero risultato denota in particolar modo come la check-list abbia influito positivamente nel favorire l’adozione nei professionisti/operatori di modalità di lavoro che permettano di avere a disposizione, nel corso dell’assistenza, uno strumento informativo preciso, esaustivo e puntuale sulla persona.

Come è noto, infatti, è proprio sulle informazioni disponibili nella documentazione sanitaria, su cui si compiono le scelte clinico-assistenziali che, a volte, non risultano sufficientemente organizzate per consentirne il facile accesso da parte dei professionisti. Con la check-list, invece, si procede con un ordine sistematico delle informazioni, a cui l’operatore può facilmente attingere, consentendogli di erogare al paziente un’assistenza di qualità centrata su criteri di appropriatezza, efficacia, efficienza, sicurezza e soddisfazione.

In conclusione si può affermare che l’adozione della check-list ha consentito di rendere trasparente e tracciabile il percorso assistenziale della persona assistita, al fine di garantirne la sua sicurezza e contestualmente tutelare il personale dell’Azienda, qualora chiamato a rispondere del proprio operato in sede giudiziaria”.

LA CARENZA DI ORGANICO È UN FATTORE DI RISCHIO

Sanità 360° è una piattaforma: una comunità di pensiero e parola dedicata a chi si occupa di sicurezza, qualità delle cure e gestione del rischio in sanità. Per questo non abbiamo una linea o delle cause da sostenere, fatta eccezione di quella a cui ci dedichiamo da sempre: far parlare e mettere in contatto chi, ogni giorno, si impegna per rendere le cure più sicure

Sanità 360°, perciò, in primo luogo ascolta e riporta le parole e le esperienze di direttori, risk manager, medici e infermieri che lavorano sul campo, progetto dopo progetto, per ridurre il rischio e aumentare la sicurezza delle cure. Ascoltando, però, capita anche di sentire qualcosa che, singolarmente, i professionisti fanno fatica a dire ma che, privatamente, molti confidano.

In questo caso Sanità 360° si presta a essere portavoce di una comunità di persone la cui dedizione rappresenta, oggi, uno dei principali pilastri della sanità pubblica. Sono persone che abbiamo incontrato nel corso degli anni, che si spendono senza esitazione per la salute dei pazienti e la bontà delle cure, che lavorano senza guardare l’orologio per coprire i turni e le enormi incombenze che ricadono sulle spalle sia degli operatori nei reparti che dei responsabili della gestione sanitaria. Da tempo, purtroppo, sentiamo che in questa comunità alberga un timore crescente, ovvero che il numero di persone addette alla cura dei pazienti diminuisca al punto che la cura stessa non possa più essere garantita.

La carenza ma, soprattutto, la costante diminuzione nell’organico è una preoccupazione emersa spesso nei colloqui di Sanità 360° con gli addetti ai lavori nel mondo della sanità su tutto il territorio nazionale. È, ormai, una presenza minacciosa sullo sfondo di chi guarda al futuro delle cure. Le recenti pubblicazioni su grandi media nazionali confermano che non si tratta di episodi isolati [1]. I casi di medici che vanno in pensione o danno le dimissioni per burn out rendono ancora più difficile la situazione di quei professionisti rimasti a coprire i reparti. Anche il conseguente ricorso ai gettonisti cresce, con il risultato di affidare la salute delle persone a medici che certamente conoscono il loro mestiere, ma che difficilmente hanno interiorizzato quelle procedure e protocolli dei singoli reparti che possono dimostrarsi essenziali nelle emergenze se – e solo se – applicati con la tempestività nata dalla dimestichezza.

In questo scenario gli uffici Qualità e Risk Management hanno troppi pochi addetti in relazione al lavoro che già svolgono, sia dal punto di vista della raccolta dati che dello sviluppo di procedure innovative. E questa non è un’affermazione opinabile. È, invece, dimostrabile quantitativamente, rapportando la quantità dei lavori a quella del personale. Ma è dimostrabile anche indirettamente, notando quanto scarso sia il numero di pubblicazioni da parte di strutture e servizi che lavorano tantissimo, ma scrivono, purtroppo, pochissimo, lasciando circoscritte a livello locale tante ottime pratiche che potrebbero venire estese in tutta Italia. Eppure, e ci teniamo a sottolinearlo esplicitamente, il lavoro nella gestione del rischio diventa sempre più importante anche in relazione alla diminuzione del personale. E questo perché è proprio quando le energie sono poche che le procedure permettono di non sprecarle ma di garantire l’uso più appropriato delle forze a disposizione.

Per questo vogliamo riportare e diffondere quanto ci è stato detto tante volte e con crescente frequenza: che la carenza di personale sta diventando un fattore di rischio in sé stesso e che il Risk Management è, ancora una volta, il primo strumento da potenziare per arginarlo.

Roberto Ravinale

Direttore esecutivo di Sham in Italia

[1] Il dottore è fuori stanza. Lo studio Anaao sulla carenza degli specialisti su PANORAMA.