IL RISCHIO NELLA RESIDENZIALITÀ PSICHIATRICA

L’esperienza di Colle Cesarano, la più grande realtà riabilitativa per i pazienti psichiatrici del Centro-Sud Italia, mette in risalto la particolarità del Risk Management in un territorio in gran parte inesplorato: un ambito nel quale è la malattia stessa a tracciare un confine impalpabile tra quantificazione e stima del rischio. La condivisione delle pratiche è alla base di una letteratura ancora in gran parte da scrivere.

 

Intervista a Guido Lanzara, Risk Manager Colle Cesarano, tratta in esclusiva per Sanità 360° dalla monografia “C’è chi nasce due volte nel mondo dei matti” di prossima pubblicazione.

“L’introduzione della legge n.24/2017 ha contribuito in maniera significativa a rafforzare e definire il ruolo del Risk Management in Italia, stabilendo che gestire il rischio è un dovere in sanità e una parte integrante di qualsiasi attività clinica e gestionale. Sebbene questa sia una conquista e uno spartiacque di importanza storica, il lavoro è appena iniziato e lo è, in particolar modo, per quanto riguarda la condivisione di buone pratiche nell’ambito della residenzialità psichiatrica: un ambito che rimane ancora in gran parte inesplorato nella letteratura medica”.

Guido Lanzara è il Risk Manager di Colle Cesarano che, con i suoi 200 posti letto, 170 operatori e 700 ricoveri all’anno, è la struttura polivalente più grande del Centro-Sud dedicata alla residenzialità e riabilitazione psichiatrica. Oltre ad una piccola porzione di pazienti non autosufficienti con elevata necessità di tutela sanitaria – ospitati nella RSA – Colle Cesarano ricovera persone affette da gravi disturbi psichici e doppia diagnosi di disturbo psichico e dipendenza, dove la prima è prevalente sulla seconda. Colle Cesarano affronta, quindi, l’intero spettro dei sintomi correlati alle patologie psichiatriche gravi: delirio, decadimento fisico, completa esclusione o autoesclusione sociale, sindromi schizoaffettive, gravi disturbi bipolari, perduta autosufficienza nell’igiene, vestizione, alimentazione personale, cumulati, spesso, con dipendenza da stupefacenti e alcolismo, non di rado compresenti nei singoli pazienti.

“In questo contesto – riprende Lanzara – la gestione del rischio affronta molti dei rischi comuni alle strutture sanitarie quali il rischio caduta, le infezioni correlate all’assistenza, il percorso del farmaco o l’igiene delle mani. Ma, in aggiunta, fronteggia altri rischi che sono correlati alla natura particolare della malattia psichiatrica e alla sua fondamentale impalpabilità. La malattia psichiatrica, infatti, non può essere compresa fino in fondo e, di conseguenza, si presta meno ad un inquadramento rigidamente statistico. Le metodologie di gestione del rischio in questo contesto vengono testate a loro limite, perché il rischio stesso che può essere quantificato in un reparto di chirurgia è diverso da quello che, oltre un certo grado, in una struttura psichiatrica può essere solo stimato”.

“Come si fa, infatti, a valutare con precisione il rischio di suicidio quando sono numerosi gli ospiti a blandirlo? Come sviluppare un protocollo che vada a salvaguardare in maniera mirata solo coloro che ne hanno realmente bisogno senza venire ‘sommersi’ da falsi positivi? Come valutare il rischio di caduta quando gli ospiti di Colle Cesarano si muovono autonomamente tutto il giorno? Che scala usare per il rischio di allontanamento o il danno auto-inflitto e come affrontare il percorso del farmaco, quando il pericolo non si annida solo nell’erogazione del farmaco stesso – com’è per tutta la Sanità – ma si espande in un territorio peculiare solo alla psichiatria: il rapporto tra la persona e il farmaco che oscilla tra il rifiuto e l’assunzione incontrollata?”.

“Per tutti questi ambiti – dice Lanzara – la letteratura medica deve ancora essere scritta”. Per costruirla è necessario creare un canale di comunicazione tra strutture e istituzioni, condividendo metodi, analisi, successi e difficoltà. “Per questo i nostri risultati, i progressi e gli ostacoli vengono condivisi sia internamente che con le autorità preposte a sviluppare misure di prevenzione da applicare in tutte le realtà sanitarie del territorio, nel nostro caso il Centro Regionale Rischio Clinico della Regione Lazio”.

Secondo il Risk Manager, infatti, le dimensioni e la complessità di Colle Cesarano lo candidano a divenire “struttura pioniere, capace di aprire la via che altre strutture nel Paese seguiranno”.

Struttura polivalente di Colle Cesarano

Il primo fondamentale ingranaggio di questo meccanismo virtuoso è, perciò, la trasparenza: “Il vero volano della prevenzione”.

La trasparenza, spiega Lanzara, si riflette sia dentro le mura di una struttura che nella condivisione di dati e pratiche all’esterno ed “è una conquista culturale prima che di prassi perché richiede l’accettazione di una filosofia che la letteratura anglosassone ha definito “No Blame”: senza colpa. Il cuore del Risk Management, infatti, è un esame reattivo degli eventi dannosi o degli eventi che stavano per materializzarsi in un danno. Il fine di questa analisi è capire dove si annidino i rischi e correggere tutte le procedure organizzative o cliniche che si sono rivelate migliorabili. L’incident reporting a Colle Cesarano prevede l’analisi minuziosa, includendo le diverse prospettive professionali coinvolte (risk manager, psichiatri, psicologi, infermieri, educatori, esperti legali), di tutte le cartelle cliniche, le segnalazioni e i contenziosi pregressi. Per questo il Comitato di Gestione del Rischio Clinico a Colle Cesarano è chiamato “Integrato”: perché si basa sul confronto e sulla conoscenza di tutti gli attori che possono influire sul processo. È solo la conoscenza intima di quanto è avvenuto, infatti, che permette di capire come prevenirlo in futuro. Da tutto ciò emerge, perciò, che nessuna attività di gestione del rischio può avere successo senza il contributo – attivo e quotidiano – dell’intero personale sanitario. Sono coloro che operano a tutti i livelli nei reparti a dover segnalare cosa non funziona e, nel contempo, ad applicare i nuovi protocolli sviluppati in risposta. Solo tenendo conto di ciò si capisce perché la rivoluzione del Risk Management parte dalla cultura: l’evento avverso, l’incidente o il near miss non sono e non devono essere considerati una colpa. Sono eventi fisiologici in una qualsiasi struttura sanitaria e devono essere segnalati senza vergogna o pudori perché è solo attraverso la trasparenza interna che si conquista il miglioramento. Passo dopo passo. Il rischio non è un errore nelle cure. Il rischio c’è e ci sarà sempre. A fare la differenza è la capacità di accettare la sua presenza e costruire, di conseguenza, barriere che lo contengano e gli impediscano di diventare danno”.

Questa consapevolezza è la prima vittoria della prevenzione e il capitale umano di Colle Cesarano si è dimostrato inestimabile nel contribuire a sviluppare uno strumento di incident reporting calibrato sulle caratteristiche peculiari della Residenzialità Psichiatrica.  Il lavoro ha richiesto oltre un anno di studio e, come qualsiasi strumento di gestione del rischio, continua ad essere migliorato man mano che gli effetti della sua applicazione vengono a loro volta riportati e discussi. Da questa dinamica emerge chiaramente un altro elemento cruciale del Risk Management: la formazione continua. A Colle Cesarano, ed in ogni realtà sanitaria che investa nella prevenzione, gli incontri formativi sono periodici per tutte le categorie di professionisti e sono biunivoci: i professionisti vengono sensibilizzati sulle procedure da applicare per ridurre il rischio e, nello stesso tempo, contribuiscono a sviluppare quelle stesse procedure basandosi sulla loro conoscenza della realtà nelle quali operano tutti i giorni”.

È letteralmente un circuito virtuoso sul quale la trasparenza si inserisce una seconda volta: nella condivisione dei risultati all’esterno della struttura.

“Anche qui c’è una grande battaglia culturale da affrontare perché una struttura che sia trasparente sui propri rischi appare, paradossalmente, meno sicura rispetto ad altre realtà che tendono a non pubblicizzarli. È vero il contrario. Le strutture che parlano apertamente di rischio clinico sono quelle che dimostrano di prenderlo maggiormente sul serio e di investire di più nella sua prevenzione”.

“Sia con l’esempio che con il nostro lavoro Colle Cesarano sta aprendo la strada in un territorio in gran parte inesplorato e ci auguriamo che tante strutture omologhe potranno seguirne la traccia nel breve futuro”.