IL PROCEDIMENTO CIVILE È LA STORIA DI UNA PERSONA

L’incontro organizzato l’8 novembre 2018 da Ravinale, e dedicato al contributo della giurisprudenza sui nodi focali della responsabilità civile in ambito sanitario, ha visto relatori d’eccezione dispiegare le implicazioni umane, filosofiche e l’origine degli orientamenti giurisprudenziali in materia di perdita di chance, nessi causali e danni non patrimoniali

 

Se trent’anni fa un ladro avesse scalato un’impalcatura per compiere un furto, un’ipotetica corte chiamata a giudicarlo avrebbe circoscritto la responsabilità dell’atto a chi l’aveva perpetrato. Oggi rifletterebbe anche sulla responsabilità di chi avesse eretto l’impalcatura usata dal ladro, chiedendosi se la costruzione avesse seguito le norme indicate e se fossero state prese le precauzioni necessarie ad evitarne l’uso improprio.

È questo l’esempio impiegato da Giacomo Travaglino, Presidente della III Sezione della Corte di Cassazione per descrivere una qualità del pensiero umano alla quale non sfugge la giurisprudenza in materia di responsabilità civile: la capacità di evolvere.

“La responsabilità civile riguarda la storia di una persona – ha detto Travaglino – e la storia della responsabilità civile italiana è, con particolare evidenza nell’ambito della responsabilità sanitaria, la storia di una traslazione progressiva dei danni: un sistema dove i principi cardine della responsabilità vengono resi flessibili per far sì che il danno non rimanga dove si è verificato”.

Quello del Giudice è stato uno tra i diversi interventi di altissimo profilo ospitati da Ravinale, attore di primo piano da vent’anni impegnato sul fronte della Gestione strategica della responsabilità sanitaria, nel convegno formativo dedicato al contributo della giurisprudenza sui nodi focali della responsabilità civile in ambito sanitario quali la perdita di chance, i nessi causali e i danni non patrimoniali. Tra gli altri sono intervenuti Claudio Viazzi, già presidente del Tribunale di Genova, Ombretta Salvetti e Stefania Tassone, rispettivamente Presidenti della Terza e Quarta Sezione Civile Corte d’Appello del Tribunale di Torino e Massimo Franzoni, Ordinario di Diritto Civile all’Università di Bologna.

Sul tema della responsabilità civile la discussione si è incentrata sulla difficoltà di inquadrare sia le regole per individuare i nessi causali che i confini del danno da risarcire.

Di fatto, ha spiegato Travaglino “la dimensione civilistica della casualità è ancillare, perché le regole e la costruzione teorica appartengono alla scienza penalistica. Continuiamo a leggere che le regole causali sono contenute negli articoli 40 e 41 del codice penale, ma siamo sicuri che sia così?”. La differenza fondamentale tra il diritto penale e quello civile, ha spiegato il Giudice, risiede nel fatto che il primo si concentra sui fatti che provano la responsabilità del danneggiante; il secondo si concentra sui cambiamenti subiti dal danneggiato. Il che può portare ad esiti molto diversi perché il protagonista del processo penale è l’imputato, quello del processo civile è il danneggiato. L’esempio classico riportato è quello di due cacciatori che sparano ad un terzo simultaneamente, scambiandolo per una animale. Nel processo penale può capitare che vengano assolti se non è possibile stabilire quale delle due armi abbiano esploso il colpo che ha raggiunto il terzo cacciatore. Ma il processo civile può rintracciare una correlazione tra il comportamento di entrambi e il danno subito dalla vittima.

È su questa linea di ragionamento che, negli anni, la giurisprudenza ha sviluppato un duplice piano probatorio: c’è una regola di struttura che consente un’indagine generale sul piano della causalità, e una regola probatoria che permette di scegliere tra le probabilità a seconda dei casi e dei singoli individui coinvolti. La probabilità di un’infezione a seguito di una trasfusione, per esempio, non è rigida, ma varia al variare dei comportamenti del danneggiato: maggiore in alcuni casi, minore nell’eventualità che la persona infettata adotti comportamenti in grado di veicolare l’infezione a prescindere dalla trasfusione.

Per questo la responsabilità civile non può prescindere dalla storia e dall’individualità della persona e il processo che ne deriva diventa un’indagine che affronta tutti gli aspetti dell’esistenza: dalla salute fisica al dolore interiore. “Persona è la parola latina che indica, originariamente, la maschera del teatro – ha spiegato Travaglino – Il processo civile è un’opera di smascheramento”. Dietro la maschera della persona giuridica c’è una persona viva e reale.

La probabilità nella giurisprudenza agisce, perciò, nella scelta di un nesso causale ma è centrale anche nel valutare i cambiamenti nella vita del danneggiato che sono scaturiti dall’evento dannoso. Danni non patrimoniali che – e qui l’orientamento giurisprudenziale non è sempre stato univoco – faticano ad essere ricondotti esclusivamente nell’alveo del danno biologico ma si circoscrivono più completamente nell’ambito della sofferenza e del cambiamento della vita. In alcuni casi, come la perdita di un figlio in seguito ad un errore medico “le categorie giuridiche e il mezzo disomogeneo del rimborso pecuniario – ha concluso Travaglino – non possono sostituirsi alle uniche due forme di risarcimento: la vendetta o il perdono”.

In altri casi, si può provare a stimarli, definendo ciò che, a causa del danno, è stato perso o non ha potuto materializzarsi. 

Come ha spiegato il Professor Massimo Franzoni, Ordinario di Diritto Civile all’Università di Bologna, il tema della perdita di chance è stato dibattuto profondamente negli anni passati perché la fondatezza stessa della categoria non trovava pieno consenso tra i giuristi.

“La perdita di chance pone, infatti, il problema sul tema della casualità ma non si risolve interamente sul piano della causalità”. L’esempio impiegato più spesso per spiegare il dilemma è il caso di un artigiano che subisce un danno alla mano vedendo ridotta, così, la sua capacità di lavoro. Può aspirare al risarcimento per tutte le opere che non riuscirà a realizzare?

“Alcuni giuristi – spiega Franzoni – rispondevano: ≪Assolutamente no, il nesso causale è troppo distante≫. Nessuno, in pratica, poteva stabilire con certezza cosa sarebbe accaduto o sarebbe potuto accadere nel futuro. Magari l’artigiano avrebbe smesso di lavorare comunque, magari sarebbe deceduto per cause imprevedibili. Come stabilire il risarcimento per gli anni a venire con una qualsiasi pretesa di precisione?”.

“Con il tempo – ha continuato il Professore – la risposta è arrivata cambiando la prospettiva dalla quale si guardava il problema. La domanda fondamentale era, infatti: ≪Qual è il bene giuridico protetto?≫. All’inizio si era indirizzati sulla risposta: il lucro cessante. Poi si è fatta strada una nuova visione: non erano i lavori futuri che il danneggiato perdeva; era qualcosa che possedeva già da prima del danno. Ciò che il danneggiato aveva fin da prima e perdeva con il danno era la libertà. La possibilità di scelta e di autodeterminazione”.

Questa pur rivoluzionaria svolta giurisprudenziale non risolse, però, l’altra intrinseca difficoltà connessa alla perdita di chance: la valutazione del risarcimento. Un problema che Claudio Viazzi, già Presidente del Tribunale di Genova e Giudice di lungo corso, si è trovato ad affrontare in un caso particolarmente difficile: quello di una donna, parrucchiera di professione, alla quale una forte recidiva tumorale, seguita ad una mancata diagnosi, aveva tolto l’uso del braccio. Come valutare la perdita di chance quando la signora aveva già superato, a quasi cinque anni dal fatto, qualsiasi aspettativa di vita prevista dalla letteratura scientifica? L’impiego di un istituto giuridico, a cui si fa poco ricorso, fu la risposta: la costituzione di una rendita vitalizia. La decisione venne condivisa e accolta favorevolmente dai commentatori e da tutte le parti in causa. La signora, pertanto, ha così avuto la possibilità di vivere, per altri due anni, a casa, grazie al sostegno economico della rendita che le era stata assegnata.

“È questo il livello della riflessione e della prassi giuridica sui temi che toccano la Responsabilità civile in Sanità – spiega l’organizzatore del convegno Roberto Ravinale – Un ambito della giurisprudenza che si pone al di sopra di ogni altro per la profondità delle implicazioni umane e filosofiche che solleva. Ascoltare dibattiti di questa caratura è stato un privilegio; creare le occasioni per ospitarli è un impegno che, come Ravinale, siamo felici di poter rinnovare anno dopo anno”.