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DISTURBI NEUROPSICHIATRICI INFANTILI: RICOSTRUIRE IL PUZZLE

Districandosi tra un ventaglio molto ampio di cause e di manifestazioni, il CTR di via Anemoni a Milano punta su progetti mirati che affrontano le difficoltà dei più piccoli partendo dai loro punti di forza

 

I disturbi neuropsichiatrici infantili possono originare da un ampio spettro di cause: fattori genetici; familiarità per disturbi psichiatrici; fattori ambientali e traumi derivanti da violenze fisiche e verbali subite dai bambini o anche dalla madre durante la gravidanza. Altrettanto ampio è lo spettro delle manifestazioni che i disturbi possono assumere: dall’aggressività, all’agitazione psicomotoria, all’inibizione, alle carenze comunicative e di relazione nell’ambito sociale.

“Ogni bambino in difficoltà è come un puzzle da ricomporre – spiega la dottoressa Margherita Valentini, coordinatrice del Centro Territoriale Riabilitativo. Ci sono bambini che fanno fatica a stare al passo con i compagni, non riescono ad eguagliarne il successo scolastico e sociale e reagiscono con rabbia o tristezza, ritirandosi ai margini del gruppo o, viceversa, cercando in tutti i modi di attirare l’attenzione. Anche il rapporto con i genitori nei primi 36 mesi di vita influenza la relazione del bambino con il mondo esterno negli anni successivi. Violenze subite, la mancanza di cure e rassicurazioni, la mancanza di risposte univoche da parte delle figure di riferimento (un genitore che reagisce diversamente nella stessa situazione) o, all’opposto, l’eccessiva attenzione e aspettativa possono dare luogo ad una relazione conflittuale con i genitori che si riflette in disturbi comportamentali e nelle difficoltà di accettare l’autorità e le regole della normale convivenza”.

Il primo passo è ricostruire la storia di ogni singolo minore in modo da progettare attività dedicate che siano tarate sui suoi bisogni. Le educatrici del Centro, che fa parte della ASST Santi Paolo e Carlo, con le Neuropsichiatre delle tre Unità Operativa Dipartimentali di Neuropsichiatria Infantile (UONPIA) si confrontano in merito alla complessità dei casi e ipotizzano una tipologia di intervento riabilitativo. “Le educatrici del CTR – riprende Valentini – individuano obiettivi ed azioni educative da mettere in atto solo dopo un periodo di osservazione e sviluppano un progetto educativo che verrà periodicamente verificato”.

“La centralità dell’approccio è lavorare sulle carenze facendo leva sui punti di forza con interventi psico-educativi mirati a potenziare le abilità cognitive, percettive e motorie; ad incrementare le competenze comunicative ed espressive; a sviluppare le abilità relazionali, e a favorire le autonomie personali in modo da migliorare l’integrazione sociale e scolastica”. Il progetto prevede un percorso individuale con attività che variano dalla visione di film alle uscite sul territorio, dai laboratori creativo-espressivi a quelli manipolativi, di gioco simbolico, di rinforzo del linguaggio e degli apprendimenti. Successivamente, il bambino potrà lavorare in coppia o in piccoli gruppi. “I laboratori di cucina, in passato, si sono rivelati particolarmente efficaci – spiega Valentini -. I bambini cercano le ricette, vengono accompagnati a scegliere gli ingredienti, li dosano, cucinano e condividono il prodotto finito con compagni e famiglia. Tutto ciò permette loro di progettare, cooperare, applicare calcoli matematici e ricevere la gratificazione di vedere il risultato del loro impegno”.

Margherita Valentini (in seconda fila al centro), coordinatrice del Centro Territoriale Riabilitativo, insieme alla sua équipe

Ogni anno il CTR segue un minimo di 30 bambini tra i quattro anni e i 14 anni, con una forte preminenza nella fascia delle scuole primarie. Per l’accompagnamento dei minori, durante il periodo scolastico, il CTR si avvale della collaborazione del servizio trasporto del Comune di Milano che si occupa di portare i bambini dalle scuole al centro e viceversa. Per il resto dell’anno, sono gli stessi genitori (o chi delegato) a farsi carico dell’accompagnamento.

Una quota crescente di minori è di origine straniera; spesso i bambini con cultura differente incontrano maggiori difficoltà nell’inserirsi nel contesto scolastico e nell’essere coinvolti in attività extrascolastiche che possono aumentare la loro sicurezza e capacità relazionale. Anche le dinamiche delle famiglie numerose, a volte, possono ridurre il livello di cura riversata su ogni singolo membro.

“Nonostante tutte le difficoltà – conclude Valentini – con interventi educativi mirati si può fare molto, sul piano sociale, familiare e scolastico perché nonostante la loro fragilità, i bambini, se stimolati, motivati e riconosciuti nella loro unicità, riescono sempre a sorprenderci”.