SMARRIMENTO CARTELLA CLINICA: LA POSIZIONE DEL MEDICO SIMMETRICA A QUELLA DEL PAZIENTE

L’ordinanza n. 18567 della Terza Sezione civile della Corte di Cassazione fa il punto sulla distinzione tra compilazione e conservazione della cartella clinica. Il medico non può essere ritenuto responsabile una volta consegnata la cartella alla Direzione. Tuttavia, i medici che hanno compilato la cartella clinica hanno l’onere di richiederne copia alla struttura per acquisirne la disponibilità al fine di articolare le proprie difese e di produrla in giudizio.

All’esito di un procedimento per il decesso di un paziente a causa di un intervento chirurgico al cuore che ha visto coinvolti il chirurgo, l’anestesista e un assistente, la Terza Sezione civile della Corte di Cassazione, nell’ordinanza n. 18567 del 13 luglio 2018, ha affermato alcuni principi di un certo interesse in tema di smarrimento o di omessa conservazione della Cartella Clinica.

Secondo la Suprema Corte (pag. 17 e segg. dell’Ordinanza) l’obbligo di compilazione della cartella clinica, “certamente gravante anche sui medici” è altro rispetto all’obbligo di conservazione della cartella clinica stessa. Infatti, tale obbligo di conservazione “non può ridondare a carico del medico in termini assoluti”.

Per tutta la durata del ricovero” – specifica la Suprema Corte – “responsabile della tenuta e conservazione della cartella clinica è il medico. Questi – però – esaurisce il proprio obbligo […] alla conservazione nel momento in cui consegna la cartella all’archivio centrale, momento a partire dal quale la responsabilità per omessa conservazione della cartella si trasferisce in capo alla Struttura sanitaria”.

Ne consegue” – scrivono i Giudici – “che il principio di vicinanza della prova, fondato sull’obbligo di regolare e completa tenuta della cartella, le cui carenze od omissioni non possono andare a danno del paziente […] non può operare in pregiudizio del medico per la successiva fase di conservazione”.

Dopo aver correttamente compilato e consegnato la cartella clinica, perciò, il medico non può essere ritenuto responsabile del suo smarrimento; al contrario, potrebbe risultarne pregiudicata l’azione di difesa a causa dell’impossibilità di documentare le attività svolte e regolarmente annotate sulla cartella clinica.

Fatte queste doverose osservazioni, tuttavia, precisa il Supremo Collegio, il medico non è esonerato da qualunque dovere di carattere probatorio.

La Corte, infatti, ha sottolineato come “nelle cause di responsabilità sanitaria, il ruolo dei medici evocati in causa come convenuti insieme alla struttura sanitaria è – non meno che quello dei pazienti, o parenti dei pazienti che abbiano agito in giudizio – un ruolo attivo, nel senso che, ove convenuti, devono attivarsi per articolare nel modo migliore la propria difesa”. Quindi – prosegue l’Ordinanza – “sono gli stessi medici, che abbiano scrupolosamente compilato la cartella clinica, a poterne e doverne richiedere copia alla struttura per acquisirne disponibilità al fine di articolare le proprie difese e di produrla in giudizio. Se non possono ritenersi gravati dagli obblighi di conservazione nei termini sopra indicati, essi non sono esenti dall’ordinario onere probatorio”.

Una chiosa condivisibile, poiché l’esperienza quotidiana delle aule giudiziarie ci restituisce un livello medio di esaustività di difese legali a favore dei professionisti sanitari che non è certo esaltante, dove si corre dietro più alla ricerca dell’esagerazione linguistica, attraverso precisazioni pleonastiche ed espressioni stereotipate, che ad una efficace contestazione e allegazione delle prove per dimostrare la mancanza di responsabilità del medico.

In conclusione, l’ordinanza, pur mitigando il principio della vicinanza della prova – sollevando il medico dalla responsabilità della conservazione – non lo solleva, ovviamente, dall’onere di richiederla. Nel caso di specie, infatti, il decesso risaliva al 2005 e lo smarrimento della cartella, denunciato dalla struttura sanitaria, al 2013. La Corte, perciò, non ha accolto la richiesta da parte dei medici ricorrenti di imputare alla struttura sanitaria le lacune della cartella clinica che sarebbe stato loro dovere richiedere e presentare per tempo.

Ernesto Macrì

Avvocato del libero foro di Roma

avv.emacri@gmail.com