ALLA SCOPERTA DEI PROGETTI DEL PREMIO SHAM 2017 (IV PARTE)
In questa quarta parte presentiamo due progetti: il primo riguarda la Direzione Sanitaria dell’Azienda Ospedaliera Sanitaria Sant’Andrea di Roma, mentre il secondo riguarda l’Unità Operativa Complessa di Farmacologia Clinica – “San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona”, Scuola Medica Salernitana di Salerno.
A – IL RADAR DELLA QUALITÀ: IL PERCORSO DEL FARMACO ONCOLOGICO
Un’analisi trasversale su 9 macro aree e oltre 100 parametri ha mappato, dal 2014, l’ intero percorso del farmaco oncologico, dal trasporto alla somministrazione. Una visione globale che fotografa l ’aderenza alla Raccomandazione Ministeriale n.14 presso l’Azienda Ospedaliero Universitaria Sant’Andrea di Roma.
Intervista alla dottoressa Assunta De Luca , responsabile della Unità Operativa Semplice UOS “Clinical Governance e Gestione dei Percorsi Assistenziali”.
Progetto Premio Sham 2017: “Prevenire gli errori nella gestione della terapia farmacologica in Oncologia ed Ematologia in un ospedale universitario romano”. Azienda Ospedaliero Universitaria Sant’Andrea – Roma.
“L’autovalutazione è uno strumento di qualità e si costruisce attraverso una checklist di parametri quantificabili. Nel caso del farmaco oncologico – spiega la dottoressa Assunta De Luca – i parametri variano dalla temperatura ai sistemi antivibrazioni dei mezzi dedicati al trasporto, dallo stoccaggio dei farmaci fino agli alert informatici inseriti nella cartella clinica digitale”.
“È un quadro complessivo di grande portata che, però, può essere sintetizzato graficamente con un diagramma a radar, uno strumento statistico nel quale ogni vertice rappresenta una macro area e nel quale la percentuale è data dall’aderenza ai parametri stessi previsti dalla Raccomandazione Ministeriale n.14”.
Nota alla figura: l’Area approvvigionamento non rientra nella valutazione perché le modalità previste dalla Raccomandazione n.14 prevedono un centro di acquisto unico regionale. Nel Lazio, questa funzione è delegata alle singole Aziende.
Il progetto di valutazione è partito nel 2014 e ha coinvolto 9 macro-aree: Organizzazione, Stoccaggio e Conservazione, Prescrizione, Preparazione, Richiesta, Distribuzione, Somministrazione, Smaltimento, Risorse.
Per ogni area esistono un numero di parametri con i quali il singolo responsabile di settore deve confrontarsi, rispondendo alla checklist in senso positivo qualora i parametri vengano rispettati o siano in via di implementazione.
“Si tratta, perciò, di un’analisi trasversale che unisce reparti clinici, servizi informatici, servizi logistici e la Farmacia, ognuno dei quali coordinato dalla direzione Sanitaria”.
Presso l’azienda universitaria romana l’Audit è stato doppio: sia interno che affidato a una società esterna di valutazione. “Una metodologia che permette di confrontare i risultati sottoponendo lo strumento di valutazione stesso non solo internamente, ma anche a valutatori esterni per comprovare quanto svolto dall’auditor interno (ruolo rivestito dalla dott.ssa De Luca).
Il diagramma a radar 2014. il confronto con i risultati 2017 riportati in alto evidenzia la crescente aderenza agli standard di sicurezza della Raccomandazione Min. n.14
“Il fine della valutazione è triplice: valutare il livello della qualità di ogni singola area; individuare con sicurezza i parametri dove migliorare; confrontare, ad intervalli di tempo, i risultati per certificare il miglioramento intercorso”.
“È importante, perciò, sottolineare due principi di base – conclude la dottoressa De Luca – che si possono trarre dalla nostra esperienza . Il primo è che la valutazione della qualità è, prima di tutto, un metodo di lavoro ed è, perciò, facilmente applicabile in realtà sanitarie diverse dalla nostra. Il secondo è che la valutazione della qualità è un processo di miglioramento e che, proprio per questo, è pensato per continuare nel tempo:il prossimo Audit è previsto per giugno 2018 e, come i precedenti, sarà basato su dati quantificabili e verificabilità: due pilastri sui quali edificare, anno dopo anno cure più sicure”.
B – METABOLISMO E CONTAMINAZIONE DEL FARMACO ONCOLOGICO: DUE AMBITI DI MONITORAGGIO PER UNA RICERCA INNOVATIVA
L’efficacia dei chemioterapici racchiude il rischio intrinseco di tossicità . Un progetto a cavallo tra Ospedale e Università coniuga farmacocinetica e farmacogenetica aprendo due nuove strade: un brevetto per il metodo di rilevazione della contaminazione laboratoriale e un approccio “dal genotipo al fenotipo” per una terapia antitumorale personalizzata.
Intervista alla dottoressa Viviana Izzo , Responsabile del programma assistenziale di “Farmacocinetica” afferente alla UOC di Farmacologia Clinica – San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona” Scuola Medica Salernitana.
Progetto Premio Sham 2017 : “Monitoraggio Biologico, Ambientale e Terapeutico di Chemioterapici Antiblastici in Ambiente Ospedaliero (MACAO): dalla preparazione alla somministrazione, le tecniche di spettrometria di massa e di screening farmacogenetico al servizio della salvaguardia del paziente e del personale sanitario ”.
Per “chemioterapico antiblastico” (CA) si intende una vasta gamma di farmaci eterogenei in grado di inibire la proliferazione e la replicazione cellulare, utilizzati per tali proprietà nel trattamento dei pazienti con neoplasia. La natura stessa di questi farmaci, però, determina due distinti rischi: la contaminazione nei laboratori dove sono allestiti, che comporta un pericolo per gli operatori sanitari, e il metabolismo dei pazienti ai quali vengono somministrati, dal quale dipende la possibilità che il livello di farmaco presente nel corpo sia o troppo basso – risultando così inefficace – o troppo alto – divenendo di conseguenza tossico .
Sul primo fronte, il progetto presentato al Premio Sham 2017 ha ottenuto, nei primi mesi del 2018, un risultato determinante. Grazie allo sviluppo di una metodologia a breve sottoposta a brevetto per l’impiego di nuovi materiali e nuove tecniche di prelievo dei campioni, la dottoressa Viviana Izzo e i suoi colleghi, in particolare il Dr. Fabrizio Dal Piaz e il Dr. Francesco De Caro, hanno rilevato la prova della contaminazione di farmaci chemioterapici nei laboratori dove questi ultimi venivano manipolati.
Maniglie di frigoriferi, superfici di appoggio e tavoli presentavano significative tracce dei farmaci adoperati per la preparazione delle sacche di infusione. Grazie al rilevamento di questi composti, dannosi per la salute degli operatori sanitari, di concerto con la Medicina Preventiva, con gli infermieri preposti e i Responsabili della Unità di Manipolazione dei Chemioterapici Antiblastici (U.Ma.C.A.), le procedure operative sono state modificate e i successivi rilevamenti hanno confermato un sostanziale miglioramento del grado di contaminazione ambientale reperibile presso i locali in cui questi farmaci vengono generalmente manipolati.
L’azione di monitoraggio ambientale, unitamente a quella di monitoraggio biologico effettuata periodicamente dalla U.O.C. di Farmacologia Clinica su campioni di sangue ed urina degli operatori sanitari della U.Ma.C.A. – sotto la direzione della Prof.ssa Filippelli – per valutare la dose interna di chemioterapico eventualmente assorbita dal soggetto, rappresentano uno strumento unico e indispensabile per valutare il rischio associato alla manipolazione in ospedale dei farmaci antiblastici e per verificare che tutte le procedure metodologiche e i dispositivi di protezione individuale preposti dall’azienda siano utilizzati correttamente.
In più lo sviluppo della nuova metodologia, creata grazie alla stretta collaborazione tra ospedale e Università, si propone come una soluzione alla carenza sul mercato commerciale di kit pronti e di facile utilizzo per il monitoraggio ambientale dei laboratori.
I risultati di questo studio sono stati presentati al 49° Congresso Nazionale della Società Italiana di Biochimica Clinica e Biologia Molecolare Clinica (SIBIOC), dove i partecipanti al progetto sono stati insigniti di uno dei premi Poster, e sono stati recentemente sottoposti al board di Biochimica Clinica, la rivista ufficiale della SIBIOC.
Sul secondo fronte, il monitoraggio terapeutico dei pazienti oncologici,il primo livello di intervento del progetto è la ricerca delle varianti polimorfiche presenti nei geni codificanti per gli enzimi preposti al metabolismo dei chemioterapici quali irinotecano e 5-fluorouracile. Questi sono solo alcuni degli enzimi coinvolti nel metabolismo dei farmaci chemioterapici dall’azione dei quali dipende una parte significativa dell’efficacia dei farmaci stessi.
“Il cuore della questione è il livello del farmaco nel sangue – spiega la dottoressa Izzo – che deve rientrare entro un certo intervallo di concentrazione, soprattutto nel caso di alcuni chemioterapici che hanno una finestra terapeutica ristretta. In questi casi, infatti, se il metabolismo enzimatico risulta in qualche modo inefficace, il farmaco rischia di divenire tossico perché la sua concentrazione nel sangue, o quella dei suoi metaboliti principali, risulta troppo elevata. Viceversa, se il metabolismo è troppo veloce, l’efficacia del farmaco può risultare ridotta. Il monitoraggio terapeutico di molti pazienti oncologici viene perciò effettuato presso l’U.O.C. di Farmacologia Clinica della nostra A.O.U. con un approccio combinato che prevede sia un’opportuna analisi genetica effettuata dal Laboratorio di Farmacogenetica di cui è Responsabile la Dr.ssa Valeria Conti, sia un effettivo controllo della concentrazione del farmaco nel sangue che avviene successivamente alla somministrazione del chemioterapico a opera del Laboratorio di Farmacocinetica. Abbiamo, ormai, la tecnologia e le competenze per valutare in anticipo la predisposizione genetica al corretto metabolismo dei farmaci antiblastici. L’identificazione di un eventuale deficit enzimatico tramite un’analisi del DNA mirata, infatti, può aiutare a predire se il farmaco potrà essere metabolizzato o se il suo metabolismo sarà più lento, permettendoci di somministrare -in modo personalizzato – il farmaco e la dose giusti per il singolo paziente. L’analisi della concentrazione dopo l’assunzione ci dice come il corpo del paziente sta rispondendo al trattamento e se esistano delle condizioni patologiche che, anche a prescindere dai geni, influenzino la velocità del metabolismo”.
“Il monitoraggio terapeutico dei pazienti – conclude la dottoressa Izzo – abbraccia entrambi gli stadi. Per il momento è stato svolto su un numero limitato di casi. La nostra convinzione e speranza è che questo tipo di monitoraggio si estenda a un numero crescente di pazienti oncologici destinati al trattamento chemioterapico in modo da essere utilizzato nella pratica clinica come step propedeutico per adattare la terapia farmacologica all’unicità di ogni singolo malato”.