IL RISCHIO E L’ELEFANTE: TASSONOMIA RIVOLUZIONARIA AL RIZZOLI DI BOLOGNA

La Gestione del Rischio ha bisogno di un sistema di classificazione internazionale al quale tutti possano fare riferimento per confrontare le fonti e quantificare classi di rischio. L’OMS ne ha sviluppato uno e l’Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna lo ha applicato analizzando 900 casi in quasi 10 anni di lavoro. Il risultato è una visione globale che racchiude tutte le sfaccettature del rischio e riesce a dare un significato ad ognuna. È un metodo scientifico che permette di confrontare i risultati con altre strutture e che conferma l’incident reporting come il pilastro del Risk Management.

 

Intervista a Luca Bianciardi, Direttore Sanitario, e Patrizio Di Denia, Risk Manager, Istituto Ortopedico Rizzoli, Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS).

“Nella gestione del rischio il problema non sono le fonti. Anzi: ne siamo addirittura circondati – annuncia Luca Bianciardi, Direttore Sanitario dell’Istituto IRCCS Istituto Ortopedico Rizzoli. Near-miss, incident reporting, richieste di risarcimento, segnalazioni all’URP, questionari, analisi interne ed eventi sentinella rappresentano una quantità impressionate di informazioni. La vera sfida è riuscire a leggerle insieme, per capire globalmente quale sia il quadro della situazione e dove si debba intervenire. Se non abbiamo la capacità di classificare in maniera precisa categoria, probabilità e gravità del rischio, se non utilizziamo un metodo che sia applicabile in contesti diversi permettendo di confrontarli, allora le fonti non saranno mai certe, ma interpretabili. Una visione globale non è possibile laddove ognuno può dare una lettura diversa del rischio a seconda del proprio punto di vista, delle proprie convinzioni o pregiudizi. Abbiamo bisogno di integrare le diverse fonti e di farlo scientificamente, ovvero, con un sistema di classificazione che permetta di ripetere la valutazione ottenendo lo stesso risultato”.

Patrizio Di Denia, Risk Manager del Rizzoli lo spiega con una parabola buddista: “Se diversi uomini privi della vista cercano di figurarsi un elefante attraverso il tatto, ognuno lo immaginerà a partire dalla porzione che ha raggiunto con le mani. Per chi tocca le gambe, l’elefante è come una colonna; per chi tocca le orecchie è come una vela; per chi tocca le zanne è una lancia, una corda per la coda, un muro per i fianchi. L’elefante non è nessuna di queste cose, ma tutte queste assieme. Così è il rischio”.

Questo filo di pensiero ha dato origine, nel 2008, ad un progetto che non si è mai interrotto: la mappatura dei rischi mediante l’integrazione delle fonti informative, impiegando la tassonomia ‘International Classification of Patient Safety’ (ICPS) sviluppata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.

“Questo metodo” spiega Di Denia “permette di dare un valore alle fonti. In pratica qualsiasi near-miss o evento avverso viene classificato in funzione di due variabili: la gravità del danno e la probabilità dell’evento. Il prodotto di queste due variabili permette di definire cinque classi di rischio che identificano le priorità di intervento [1]”.

Finora sono state classificate con ICPS oltre 900 segnalazioni: il 4 per cento erano richieste di risarcimento, il 30 per cento reclami all’URP, il 61 per cento venivano dall’incident reporting. “Nessuna di queste fonti, da sola, può essere esaustiva – riprende Banciardi – ma, tutte insieme, rappresentano un quadro ragionevolmente completo”. La stessa conclusione è stata raggiunta sull’altra sponda dell’Atlantico, pochi anni fa, e pubblicata su The Joint Commission Journal on Quality and Patient Safety [2].

“Questo sistema – prosegue il Direttore – permette anche di capire quale sia l’oggetto delle diverse fonti informative e chiarire la loro importanza per la prevenzione. Stante che la maggior parte dei reclami all’URP riguarda la sensibilità emotiva nel rapporto con il personale, è indiscutibile che l’incident-reporting volontario si confermi come pilastro della Gestione del Rischio, una cultura che dobbiamo continuare a sostenere e incoraggiare poiché è lo strumento principe per prevedere e prevenire gli eventi avversi [3]”.

“Le classi di rischio, infatti, sono la base per individuare le priorità di intervento. Per un Istituto mono specialistico come il Rizzoli questi ultimi si concentrano necessariamente sulla chirurgia ortopedica. È sempre difficile quantificare l’effetto diretto delle politiche di Risk Management, perché buona parte dei risultati si racchiudono in ciò che non succede: un evento avverso, un’infezione post operatoria, etc. Quello che possiamo dire, però, è che alcune categorie di eventi avversi si sono notevolmente ridotte. E questo è classificabile come un risultato veramente incoraggiante”.

 

 

[1] Evidence, Integrare le informazioni sugli eventi avversi secondo la classificazione ICPS dell’OMS: uno studio pilota. Maggio 2014. Autori Patrizio Di Denia, Maurizia Rolli, Elisa Porcu, Stefano Liverani.

[2] Integrating Incident Data from Five Reporting Systems to Assess Patient Safety: Making Sense of the Elephant.

[3] L’IRCCS Istituto Ortopedico Rizzoli, su 16 mila interventi annuali riceve circa 90 richieste di risarcimento all’anno e produce 250-300 incident-reporting.