RIPROGRAMMAZIONE CELLULARE: IL 5° PILASTRO NELLA LOTTA AL TUMORE
Prelevare i linfociti dal sangue, modificarli geneticamente e impiegarli come arma “viva” contro i tumori del sangue: questa è la rivoluzionaria tecnica che ha salvato il piccolo paziente all’Ospedale Bambino Gesù. Scopriamo come funziona e cosa cambia nell’orizzonte delle terapie.
È notizia di pochi giorni fa l’infusione, in un bambino affetto da leucemia linfoblastica acuta, di cellule T riprogrammate [1] . L’intervento, avvenuto con successo all’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma sotto la guida del dott. Franco Locatelli (direttore del dipartimento di Onco-Ematologia Pediatrica, Terapia Cellulare e Genica) è stato il primo in Italia ad essere effettuato con questo approccio terapeutico. La leucemia in questione è un tumore che colpisce i linfociti di tipo B scatenando la proliferazione di cellule immature – chiamate blasti – che invadono il midollo osseo e i tessuti degli organi. Se non curata è una malattia mortale. Il piccolo paziente, di quattro anni, aveva già avuto due ricadute della malattia: una successivamente a trattamento chemioterapico, l’altra dopo essere stato sottoposto a trapianto di midollo. A seguito di questi episodi non avrebbe potuto essere curato seguendo le terapie convenzionali. Quale è stata, allora, la strategia che l’ha salvato?
Il National Cancer Institute statunitense definisce le immunoterapie come il quinto pilastro nella lotta contro il cancro [2] . Un approccio immuno-terapico che sta emergendo con particolare forza è l’Adoptive Cell Transfer e consiste nell’impiegare e rafforzare le cellule immunitarie stesse del paziente per combattere il tumore. È a questa categoria che appartiene l’intervento svolto al Bambino Gesù. I linfociti C del bambino malato sono stati prelevati e modificati geneticamente con l’inserimento – attraverso una piattaforma virale – di una sequenza di DNA che codifica il Recettore Chimerico Antigenico o CAR. Questo recettore, che si esprime sulla superficie cellulare delle cellule T, aiuta i linfociti a riconoscere un antigene (cioè una molecola di superficie) espressa con particolare frequenza dalle cellule B tumorali. Le cellule T riprogrammate (CAR T cell) vengono, poi, moltiplicate in laboratorio e immesse nuovamente nel circolo sanguigno del paziente, dove il recettore aggiuntivo le guida a riconoscere e distruggere le cellule tumorali. Nel caso del Bambino Gesù, il piccolo paziente è stato dimesso ad un mese dall’infusione: nel midollo osseo non erano più presenti cellule leucemiche.
L’intera procedura, messa in pratica per la prima volta negli Stati Uniti nel 2012, presenta una straordinaria complessità: basti pensare che il recettore modificato è una molecola interamente sintetica; non esiste in natura [3] . Ciononostante la ricerca si sta sviluppando con grande velocità ed è diffusa l’aspettativa che si sia raggiunto un punto di svolta.
Per Bruno Dallapiccola, direttore scientifico dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, si è trattato di: “Una pietra miliare nel campo della medicina di precisione in ambito onco-ematologico. Le terapie cellulari con cellule geneticamente modificate ci portano nel merito della medicina personalizzata, capace di rispondere con le sue tecniche alle caratteristiche biologiche specifiche dei singoli pazienti e di correggere i difetti molecolari alla base di alcune malattie”.
Secondo Steven Rosenberg, nel cui laboratorio al Center for Cancer Research ha avuto luogo il primo trattamento riuscito con cellule Car T riprogrammate, “nei prossimi anni assisteremo a un progresso straordinario e vedremo dilatarsi i confini del possibile per questo genere di terapie”.
La speranza, infatti, è estendere l’approccio dell’Adoptive Cell Transfer alla cura di altri tumori, sia del sangue che (con un certo numero di “forse”) solidi. Diversi studi clinici sono già partiti in queste direzioni.
La ricerca, infatti, è ancora all’inizio e le terapie con cellule Car T non sono scevre da limiti. La stessa terapia del Bambino Gesù prevedeva l’inserimento di un gene aggiuntivo che mediasse la morte dei linfociti modificati qualora uno dei più frequenti tra gli effetti collaterali registrati finora – ovvero, uno stato generale di infiammazione – resistesse alla terapia farmacologia. Ma quello che si può dire con assoluta certezza è che una nuova strada è stata aperta: dove le terapie convenzionali per le leucemie linfoblastiche acute si rivelino inefficaci adesso esiste un’alternativa che prima non c’era.
[1] Terapia genica: cellule “riprogrammate” contro il tumore. Primo paziente trattato al Bambino Gesù
[2] CAR T Cells: Engineering Patients’ Immune Cells to Treat Their Cancers [gli altri pilastri sono la chirurgia, la chemioterapia, la radioterapia e le famiglia di farmaci disegnati per colpire specificamente alcune cellule tumorali].
[3] Carl June, M.D., of the University of Pennsylvania Abramson Cancer Center