SUPER BUGS: IL COSTO E IL RISCHIO DEI BATTERI RESISTENTI
“C’è un pericolo nell’uso degli antibiotici: esporre i microbi a dosi non letali della medicina che li rendano resistenti”. Era l’11 dicembre 1945, e queste sono le parole di Alexander Fleming, conosciuto come lo scopritore della penicillina.
Individuato già all’alba degli antibiotici, il pericolo di batteri che sviluppino resistenza è cresciuto. Attualmente si stimano in 600mila [1] i casi di Tubercolosi antibiotico-resistente ogni anno, in particolare in Africa, Russia e, successivamente, Europa. Già nel 2011, 150mila di queste infezioni si rivelavano fatali, mentre uno studio effettuato al Cook County Hospital individuava, su 1400 pazienti, 188 casi di infezioni resistenti agli antibiotici convenzionali. Dodici di queste portarono alla morte dei pazienti per mancanza di cure efficaci. Nel 2016 l’Assemblea Generale dell’ONU ha riconosciuto le infezioni antibiotico resistenti come una delle più gravi minacce per la salute dell’umanità. Un anno dopo 700mila persone erano morte in seguito ad una di quelle infezioni [2] . Nello stesso 2016, negli Stati Uniti, una donna di 70 anni morì di infezione in seguito ad una frattura. Il ceppo batterico si rivelò resistente a 26 antibiotici diversi. In 50 Paesi su 77 si riscontrano casi di Gonorrea antibiotico resistente. In Gran Bretagna, uno dei sistemi sanitari più avanzati al mondo, tutti gli antibiotici di prima linea e un numero crescente di trattamenti di secondo e terzo livello si dimostrano inefficaci nei confronti di un batterio che muta a velocità inquietante al punto da spingere Claudia Estcourt, membro della British Association for Sexual Health and HIV, ad ammettere: “stiamo finendo le munizioni, in un periodo di tempo veramente breve abbiamo visto il batterio mutare ad una velocità mai registrata prima” [3] .
Questo è lo scenario che porta a previsioni piuttosto tetre sul futuro: milioni di morti; trilioni di costi.
Ciononostante, tuttora i benefici degli antibiotici superano di gran lunga il rischio della resistenza. Ma, nello stesso tempo, è l’impiego stesso delle medicine a creare lo spazio alle mutazioni del genoma batterico di affermarsi e colpire. Lo spettro di trattare ogni ferita come il possibile punto di inizio di un’infezione non curabile riporta indietro al tempo in cui gli antibiotici non esistevano.
Il pericolo è particolarmente grave in Asia e Africa, dove si concentrano le proiezioni per l’incidenza di infezioni resistenti e dove, non casualmente, si registra il maggior uso non necessario di antibiotici o l’uso massiccio degli antibiotici più generici ed economici.
Ma lo scenario di rischio investe anche le Sanità dei paesi più ricchi nei quali la moderna chirurgia si basa sull’assunzione che il rischio di infezioni si aggiri intorno allo zero. La possibilità di vederla salire al 5 o 10 per cento, ridurrebbe drasticamente la possibilità di compiere gli interventi considerati, attualmente, di routine, come la cataratta e gli interventi sulle fratture ossee. L’incidenza di infezioni resistenti è anche un problema di costi: curarle comporta trattamenti molto più onerosi, nonché molti più giorni di ospedalizzazione. In Italia, ancora nel 2011, la percentuale di Streptococcus Pneumoniae resistente alla penicillina sfiorava il 20 per cento dei casi di polmonite. Nei Paesi poveri, dove il costo delle medicine pesa in maniera sproporzionata sui bilanci sanitari, curare un paziente con infezione resistente costa come curare 200 pazienti infetti da batteri ‘convenzionali’ [4] .
Né il problema è confinato agli ospedali. In uno studio pubblicato ancora nel 2007 su Lancet da Herman Goossens, microbiologo all’Università di Antwerp [5] , risultava che la capacità di batteri di sviluppare una resistenza non era contenuta temporalmente al periodo di trattamento. All’epoca, infatti, si ipotizzava che la capacità dei batteri di resistere agli antibiotici richiedesse troppe energie per permettere loro di competere con i batteri ‘normali’ appartenenti alla stessa specie, una volta sospesa la somministrazione. Goossens provò il contrario. Alcuni batteri resistenti trasmettevano i propri caratteri ereditari abbastanza bene: batteri resistenti erano rintracciabili un anno dopo la fine della somministrazione nelle gole dei pazienti che si erano sottoposti al suo studio.
La situazione, che è aggravata dall’abuso nell’impiego di antibiotici in ambito sanitario e nella somministrazione sistematica degli stessi al bestiame da allevamento (ovvero i 4/5 di tutti gli antibiotici impiegati negli Stati Uniti) non è resa più semplice dallo stato della ricerca: è dal 1987 che non si sviluppa una nuova classe di antibiotici [6] e il numero delle nuove varianti sviluppate è crollato da 16, nei quattro anni dal 1983 al 1987, a 7 nei quasi 8 anni tra il 2003 e inizio 2011 [7] .
Le ragioni di questo crollo sono diverse ma due sono gli elementi che emergono con particolare forza: il primo è che, nonostante anni di ricerca, sono stati scoperti relativamente pochi composti promettenti (la maggior parte degli antibiotici nasce da sostanze scoperte nei microorganismi del suolo); la seconda è che la ricerca sugli antibiotici non conviene. Gli antibiotici esistenti funzionano ancora nella maggior parte dei casi, mentre il costo ridotto e l’assunzione contenuta nel tempo li rendono poco profittevoli.
Questo non vuol dire che non si ricerchi. Significa, però, che una parte significativa di questa ricerca è stata abbandonata o, comunque, ridotta dalle grandi case farmaceutiche e lasciata ad aziende più piccole. Significa altresì che non si prevedono, nell’immediato futuro, delle nuove medicine pronte all’uso.
Tra le tante vie alternative proposte, quella di seguire metodi di diagnosi più veloci ed economici per capire se sia necessario prescrivere gli antibiotici esistenti viene spesso citata come un’ottima soluzione, quantomeno per non aggravare il problema.
[1] The Lancet, January 8, 2018 “A cluster of multidrug-resistant Mycobacterium tuberculosis […]” pag 1
[2] The Guardian, 8 ottobre 2017, “Act now to tame the superbugs […]”
[3] The Guardian, 7 Luglio 2017, “Untreatable gonorrhoea ‘superbug’ spreading around world, WHO warns”
[4] The Economist, 31 marzo 2011, “The spread of superbugs”
[5] The Economist, art.cit.
[6] The Guardian, 19 luglio 2017, “Resistance isn’t futile – How to tackle drug-resistant superbugs”
[7] The Econmist, art. cit.