I VINCITORI DEL PREMIO SHAM 2017: ISTITUTO NAZIONALE MALATTIE INFETTIVE “L. SPALLANZANI”
Uno studio clinico su 760 cateteri venosi periferici vincitore del Premio Sham 2017 evidenzia la riduzione del 30 per cento delle occlusioni impiegando le siringhe di lavaggio pre-riempite.
La ricerca è stata condotta presso l’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive “L. Spallanzani” IRCCS di Roma dalla Dr.ssa Gabriella De Carli del reparto di Epidemiologia delle Infezioni Emergenti e Riemergenti e Centro di Riferimento AIDS; Dipartimento di Epidemiologia, Ricerca Preclinica e Diagnostica Avanzata, in collaborazione con tutti i servizi e i reparti dell’Istituto.
Il catetere venoso periferico (CVP) è uno tra i dispositivi più frequentemente utilizzati in ospedale e serve a somministrare liquidi e trattamenti ai pazienti per via endovenosa. Per la sua diffusione e il suo impiego, nonché per la diretta interfaccia con il lume delle vene, la sua pulizia è essenziale per evitare il rischio di trombosi e occlusioni che, in caso di sostituzione del dispositivo, possono rappresentare sia un rischio per il paziente sia un costo aggiuntivo per la struttura sanitaria.
Lo studio realizzato dalle dottoresse Gabriella De Carli e Alessandra Marani ha individuato nell’impiego delle siringhe di lavaggio pre-riempite una soluzione che ha condotto ad una revisione del protocollo di gestione, con un risparmio di tempo per gli infermieri, una riduzione del rischio per gli operatori sanitari e una concreta diminuzione di eventi avversi (-18%), occlusioni (-30%) e flebiti, e di rischi e disagi per i pazienti.
“Il punto della questione” spiega la dottoressa De Carli, specialista in Malattie Infettive, “è la necessità di pulire il catetere ogni volta che vi è transitato un farmaco o un fluido che può lasciare residui, per evitare che tali residui possano accumularsi e compromettere la funzionalità o la sicurezza del catetere stesso. Per farlo, il personale infermieristico deve effettuare il lavaggio del catetere con soluzione fisiologica. La tecnica impiegata precedentemente al nostro studio prevedeva che l’infermiere si allontanasse dal letto del paziente, raggiungesse un piano di lavoro e preparasse una siringa sterile riempita di soluzione fisiologica”.
“Questo processo presentava due problemi: il primo consisteva nel rischio di interruzioni nella tecnica asettica e potenziale contaminazione attraverso il processo di preparazione manuale. Il secondo concerneva la quantità di tempo necessaria a svolgere ogni singola operazione, che potenzialmente riduceva la frequenza di lavaggio. Nel nostro studio abbiamo adottato un sistema diverso: le siringhe di lavaggio pre-riempite, sterili e senz’ago, reperibili sul mercato”.
Queste siringhe, oltre a risolvere problematiche legate alla preparazione manuale, permettono agli infermieri di portarle direttamente con sé, avvolte nella confezione, mentre si spostano di letto in letto. “In più, il fatto che si avvitino nel rubinetto del catetere, invece che essere inserite a pressione, riduce il rischio di contaminazione per gli operatori sanitari”.
La tecnica preferibile di lavaggio dei cateteri, infatti, prevede di inoculare nel rubinetto la soluzione fisiologica con delle brevi, decise, pressioni dello stantuffo, in modo da creare un vortice meccanico che pulisca a fondo la superficie interna. “In questo processo, però, quando la siringa non è avvitata ma semplicemente inserita, la pressione stessa dell’operazione può comprometterne la tenuta, producendo degli schizzi di soluzione fisiologica mista a gocce di sangue. Questi schizzi, se raggiungono gli occhi dell’operatore, possono contaminarlo.
Per provare la correttezza della teoria, lo studio su pazienti adulti, che acconsentivano al coinvolgimento, è stato articolato in un periodo di osservazione di tre mesi per raccogliere i dati di base, seguito dall’introduzione delle siringhe pre-riempite e da un secondo periodo di raccolta dati di quattro mesi.
Un passaggio fondamentale è stata la formazione del personale infermieristico che ha risposto in maniera entusiasta alla richiesta di partecipazione volontaria: oltre l’80 per cento degli infermieri è stato coinvolto.
“Il confronto con gli infermieri si è rivelato fondamentale, sia per accogliere la loro opinione professionale, sia per rivedere l’intero protocollo relativo all’inserimento, gestione e rimozione del catetere”.
“Due grandi risultati sono stati ottenuti: il superamento delle pratiche improprie, quali ad esempio l’uso dell’eparina per la “chiusura” del catetere, e una revisione del protocollo di gestione che, adesso, ha incorporato le evidenze scientifiche più recenti, permettendo di ridurre ulteriormente il rischio di complicanze correlate al catetere”.
“Il prossimo passo dello studio sarà estendere, anche grazie al finanziamento del Premio Sham, la formazione degli infermieri fino ad includere in essa i cateteri venosi centrali, coinvolgendo in più il personale medico”.
“La prospettiva, infine, è quantificare anche amministrativamente i benefici della nuova prassi. Acquistare siringhe pre-riempite, infatti, ha un costo e tali costi saranno immediatamente visibili nel bilancio. Più difficile, invece, è calcolare i risparmi che le buone pratiche permettono. In questo caso: un grande guadagno di tempo per gli infermieri, la riduzione dei dispositivi sostituiti e l’eliminazione delle contaminazioni degli operatori sanitari correlate a questa procedura, con i costi correlati per la gestione dell’esposizione professionale”.
“Anche questa traduzione amministrativa dei risulti clinici è importante perché aiuta a dimostrare che la prevenzione permette di avere cure più sicure sul breve periodo e di risparmiare sul lungo”.