LA SICUREZZA DELLE CURE DIPENDE DALL’ORGANIZZAZIONE AZIENDALE

Dati, digitale e analisi dei processi: questa la chiave per rendere l’erogazione dei servizi ospedalieri armonica, economica ed efficace.

 

La legge Gelli ha avuto il grande merito di stabilire un principio di autorità che riduce il dubbio e l’incertezza sia per i pazienti che per i medici. Stabilire il valore legale delle linee guida è la garanzia che quelle erogate siano le cure giuste. Non sarà più compito di un tribunale pronunciarsi, caso per caso, sulla tesi che l’autismo sia legato alla vaccinazione o meno o sulla validità delle indicazioni terapeutiche decise dal medico. Né, d’altra parte, avranno più senso le procedure e le prescrizioni effettuate dai sanitari per mettersi al riparo dalla minaccia di un processo incerto in quella che, globalmente, passa sotto il nome di medicina difensiva”.

Questo per Massimo Casciello, Direttore Generale di lunga esperienza al Ministero della Salute e, oggi, a capo della Direzione generale della vigilanza sugli enti e della sicurezza delle cure, è il primo contributo della Legge Gelli.

La legge, però, si spinge oltre ponendosi come obiettivo la gestione e riduzione del rischio. Partendo dalla Sua esperienza, come si applica nel concreto questo obiettivo?

Capendo, in primo luogo, che la sicurezza delle cure va oltre il rapporto medico – paziente, ma coinvolge l’intera macchina dell’ospedale: è un sistema e ogni parte deve funzionare bene in quanto tale e in armonia con le altre. La sicurezza delle cure, di fatto, è in larga misura una sfida organizzativa e gli incidenti sono spesso il frutto di un problema di organizzazione o coordinamento tra attività.

Da dove si parte per ridurre il rischio?

Dall’unità più piccola alla più grande, in uno scenario di complessità crescente. Il fulcro del sistema è l’ospedale, all’interno del quale miriadi di operazioni vanno armonizzate. È fondamentale la circolarità delle informazioni ovvero la capacità di verificare prescrizioni e somministrazioni, l’identità e localizzazione dei pazienti, la risposta tempestiva alle richieste diagnostiche e la conseguente organizzazione dei reparti che segue il ritmo di prestazione/dimissione. Tutti devono contribuire: dagli infermieri ai tecnici di laboratorio, dai medici ai responsabili dei rifornimenti.

Qual è l’elemento che permette di unire tante sfaccettature diverse, ognuna con la sua complessità?

I dati. I dati e la digitalità. L’analisi di gestione è lo strumento principe a disposizione di un ospedale per monitorare il suo funzionamento e migliorare. Una diagnosi tempestiva da un reparto all’altro a volte fa la differenza tra la vita e la morte, ma non ha un ruolo solo nei frangenti drammatici. È importante anche nella gestione dei ricoveri, per esempio liberando la mattina un posto letto che può essere occupato nuovamente nel pomeriggio. Così facendo, si impiegano tutte le risorse disponibili al meglio ed è solo un esempio tra tanti.

Il digitale che ruolo ha in questo scenario?

Il digitale è lo strumento che aiuta l’analisi dei dati. Grazie al digitale si possono registrare, visionare e monitorare la maggior parte dei processi: dallo stato di funzionamento di un macchinario diagnostico all’assunzione di un farmaco da parte di un paziente verificando anche, e con sicurezza, che il paziente giusto abbia ricevuto il farmaco giusto. Con un codice a barre si possono risparmiare ingenti quantità di energie e investimenti garantendo al paziente il massimo della sicurezza che la tecnologia contemporanea offre. Alla fine, è l’analisi di tutte le operazioni che avvengono in contemporanea – o in concatenazione – all’interno dell’ospedale a permettere di armonizzarle, ottenendo la coesistenza di efficienza ed economia.

Dal livello del singolo ospedale come si porta la gestione del rischio a livello nazionale?

Ancora una volta con l’analisi dei dati che, in questo caso, prevede la segnalazione degli eventi avversi dal livello locale a quello centrale. Una pratica che è già in essere nell’Osservatorio nazionale sugli eventi sentinella e che vede, ora, affiancarsi l’istituzione dell’Osservatorio nazionale buone pratiche e della sicurezza delle cure presso Agenas. Da sottolineare il fatto che gli eventi segnalati non si riducono alle richieste di risarcimento, ma includono sia gli eventi sentinella  [1] come anche eventi di secondaria importanza. È l’analisi e la scrematura di questi dati a permettere di stilare un quadro oggettivo del rischio clinico e ridurlo fattore per fattore.

 

 

[1] Protocollo per il Monitoraggio degli Eventi Sentinella: “evento avverso di particolare gravità, potenzialmente evitabile, che può comportare morte o grave danno al paziente e che determina una perdita di fiducia dei cittadini nei confronti del servizio sanitario. Il verificarsi di un solo caso è sufficiente per dare luogo ad un’indagine conoscitiva diretta ad accertare se vi abbiano contribuito fattori eliminabili o riducibili e per attuare le adeguate misure correttive da parte dell’organizzazione”.

http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_1783_allegato.pdf

LEGGE 24/2017: AL FORUM SUL RISK MANAGEMENT INIZIA LA FASE 2

Tra il 28 novembre e il primo dicembre 2017 si terrà a Firenze – nel Padiglione Spadolini della Fortezza da Basso – la 12° edizione del Forum Risk Management in Sanità. L’appuntamento, intitolato “Sicurezza e qualità delle cure: la sfida per il cambiamento della sanità”, è il principale congresso in Italia dedicato alla gestione del rischio: il luogo dove centinaia di professionisti si incontrano per confrontarsi sulla trasformazione della sanità.  

 

Il 2017 è, infatti, un anno di cambiamento per la sanità italiana: la legge Gelli – Bianco rappresenta un ideale coronamento per il Forum, che vede riconosciuta per legge la centralità del Risk Management e della sicurezza delle cure, premiando gli sforzi di migliaia di operatori che si sono impegnati per dare risalto e valore a questa tematica. La 12° edizione sarà, perciò, nelle parole degli stessi organizzatori, l’inizio della Fase 2: ovvero della riflessione su come applicare la nuova legge.

Centrale a questo fine l’incontro di giovedì 30 novembre all’Auditorium (ore 14:30) “Responsabilità civile penale ed amministrativa degli esercenti le professioni sanitarie: cosa è cambiato dopo la legge 24/2017”.

Immediatamente collegati all’applicazione della Legge sono i nuovi ambiti dedicati al ruolo delle assicurazioni, che saranno oggetto, tra il 30 novembre e l’1 dicembre, di ben tre incontri: “Obbligo di assicurazione delle strutture sanitarie: modello MIX tra auto ritenzione del rischio ed assicurazione”; “Quali obblighi assicurativi per gli esercenti la professione sanitaria?”; “Obbligo di assicurazione delle strutture sanitarie e degli operatori sanitari: dal governo del rischio clinico alla giusta polizza assicurativa”.

Altri temi di rilievo, tra gli oltre 60 appuntamenti istituzionali saranno argomenti di grande attualità come i nuovi Lea e il ruolo dei vaccini e degli screening come strumenti di prevenzione e il Piano Nazionale della cronicità con i diversi sistemi di organizzazione delle reti cliniche e di presa in carico del paziente. Un terzo filone sarà l’innovazione farmaceutica – nelle apparecchiature mediche e nei programmi informatici – nonché il rapporto tra cittadino e istituzione sanitaria in termini di trasparenza e partecipazione.

Infine, la riflessione sulla sostenibilità economica sanitaria accompagnerà l’intero iter dei lavori, anticipando il dibattito sulla riforma del SSN che, diversi operatori ritengono ormai, sia giunto il momento di mettere in cantiere.

PREMIO SHAM – FEDERSANITÀ: IL 30 NOVEMBRE A FIRENZE LA PREMIAZIONE

La 12° edizione del Forum Risk Management a Firenze rappresenta l’occasione per presentare i vincitori 2017 del Premio Sham per la prevenzione dei rischi.

 

Un concorso unico in Italia che premia le azioni di prevenzione intraprese dalle strutture sanitarie pubbliche, destinando 6.000,00 euro in palio a ulteriori attività di riduzione del rischio sanitario.

L’obiettivo dell’iniziativa, concepita da Sham in partenariato con Federsanità ANCI, è quello di promuovere la cultura della prevenzione e del rischio, elemento considerato ormai prioritario sia a livello gestionale che normativo nel mondo sanitario.

Altro scopo è condividere le migliori pratiche locali a livello nazionale. Tra i criteri della candidatura, infatti, sono specificatamente indicate: la misurabilità, una metodologia definita e, quindi, la riproducibilità degli interventi volti a migliorare la sicurezza delle cure e/o a ridurre il rischio di potenziali danni.

I numeri registrati dall’edizione 2017 del Premio denotano un trend in crescita, che ha visto un incremento del 13% dei progetti presentati rispetto al 2016 (da 35 a 44), da parte di oltre trenta aziende sanitarie dislocate in 11 regioni italiane.

L’occasione per celebrare i progetti vincitori sarà l’evento “Diventare sicuri: il valore dei dati nel nuovo orizzonte del Risk Management. Dall’Osservatorio nazionale della legge Gelli-Bianco alle 44 buone pratiche del Premio Federsanità ANCI – Sham, fissato giovedì 30 novembre dalle 09:30 alle 13:30.

PRESENTE SHAM AL 12° FORUM SUL RISK MANAGEMENT IN SANITÁ

Sham parteciperà al 12° Forum sul Risk Management in Sanità (Firenze 28 novembre – 1 dicembre). In particolare, il 30 novembre, dalle 9:30 alle 13:30 si terrà l’evento “Diventare sicuri: il valore dei dati nel nuovo orizzonte del Risk Management. Dall’Osservatorio nazionale della legge Gelli – Bianco alle 44 buone pratiche del Premio Federsanità ANCI–Sham”.

 

Il tema è di assoluta attualità: una tavola rotonda sulla gestione del rischio clinico e sul ruolo dell’Osservatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza nella sanità istituito, quest’anno, dalla legge 24/2017.

Dopo la tavola rotonda si terrà la consegna del “Premio Sham – Federsanità ANCI per la prevenzione dei rischi”, concorso unico in Italia, giunto alla seconda edizione, che premia le buone pratiche già attivate in materia di prevenzione e Risk Management dalle aziende sanitarie pubbliche.

La cultura del Risk Management rappresenta il migliore investimento per il futuro della sanità: conoscere il rischio qualitativamente e quantitativamente permette di ridurlo. I dati oggettivi, come quelli che verranno inviati al neonato Osservatorio nazionale per le buone pratiche sulla sicurezza nella sanità, sono divenuti la pietra angolare di qualsiasi scelta sanitaria: ogni misura che incrementi la sicurezza delle cure deve passare attraverso la raccolta e l’analisi di informazioni quantificabili: dalle scelte organizzative e strutturali ai protocolli di reparto.

Questo grande sforzo verso una sanità più sicura e più ‘scientifica’ vede affermarsi un ruolo in prima linea delle assicurazioni nella prevenzione e nella gestione del rischio, ma anche dell’assunzione di rischi assicurativi. In particolare nel caso di Sham, la cui natura mutualistica consente di condividere il rischio con i propri soci/assicurati, impostando un legame fondato sulla fiducia e sulla condivisione di intenti: ridurre il rischio e i costi, permettendo un miglioramento delle cure erogate e un giusto equilibrio fra rischio e costo assicurativo.

In quest’ottica, siamo orgogliosi di rinnovare il nostro impegno nel fare cultura della prevenzione, con la seconda edizione del Premio Sham – Federsanità ANCI.

Appuntamento a Firenze dunque, per compiere insieme un altro passo verso la sanità che verrà: più sicura, più sostenibile, più moderna.

 

Christophe Julliard

Country Manager Sham Italia

PREVENZIONE DEL RISCHIO: 44 BUONE NOTIZIE AL PREMIO SHAM

Sono 44 i progetti presentati da 35 Aziende Sanitarie per la II edizione del “Premio Sham per la Prevenzione dei rischi”. Promosso dalla mutua assicuratrice francese in partenariato con Federsanità ANCI, il concorso vuole sostenere e promuovere la cultura del Risk Management e della sicurezza delle cure nella Sanità pubblica.

 

Si tratta di un obiettivo che si sposa sia con i principi affermati dalla Legge 24/2017 Gelli-Bianco sia con la missione di Sham di rafforzare la cultura della prevenzione del rischio.

“Risk Management significa portare i dati al centro della programmazione – spiega il Country Manager di Sham in Italia Christophe Julliard – perché gli errori in Sanità vanno studiati e capiti per poterli contrastare”. In questo sforzo il ruolo di Sham è duplice perché, in quanto mutua assicuratrice “punta a garantire la stabilità dei bilanci sul lungo periodo e a ridurre attraverso analisi dei dati e consulenza di gestione l’esposizione dei propri associati con i quali condivide il rischio alla pari”.

 

La formula mutualistica di Sham ha facilitato di molto l’incontro con Federsanità ANCI che “per il secondo anno ha scelto di affiancare Sham nell’individuazione delle migliori esperienze presenti nelle aziende sanitarie italiane per la gestione del rischio clinico – dichiara, infatti, Anna Paola Santaroni di Federsanità. Il successo ottenuto, in termini di candidature, riflette chiaramente l’aumentata consapevolezza da parte degli operatori: scegliere di implementare politiche di clinical Risk Management va nella direzione sia di una maggiore tutela del paziente che di benefici in termini qualitativi ed economici nella gestione aziendale. Far sì che si passi da buone pratiche a modelli diffusi deve essere l’obiettivo finale affinché si inneschi un circuito virtuoso che faccia della sicurezza dei pazienti la chiave di volta di un miglioramento complessivo e progressivo nella qualità delle prestazioni erogate».

INFEZIONI NOSOCOMIALI E RESPONSABILITÀ STRUTTURA SANITARIA: COME ASSOLVERE L’ONERE PROBATORIO

I contenuti di analisi giuridica di Sanità 360° sono a cura dell’Avv. Ernesto Macrì, che dal 2007 ha focalizzato il suo impegno professionale nel campo del diritto assicurativo, della responsabilità sanitaria e del risarcimento del danno. Consulente legale della Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia, del Sindacato degli Ortopedici e Traumatologi Italiani e dell’Ordine dei Medici di Roma, Macrì si è parimenti dedicato all’attività forense, alla formazione permanente e alla divulgazione come autore di libri e di articoli su riviste scientifiche e quotidiani nazionali, divenendo, nel tempo, una voce autorevole nel campo della responsabilità e dell’assicurazione in sanità.

 

Con la sentenza in commento, il Tribunale di Roma affronta la problematica attinente le infezioni nosocomiali. La pronuncia si rivela di particolare interesse sul punto relativo alla ripartizione del carico probatorio tra struttura sanitaria e paziente, e, in specie, dei conseguenti oneri incombenti in capo alla struttura sanitaria.

La fattispecie

Una paziente contrae una patologia infettiva da “enterococcus faecalis” durante il periodo di degenza presso una struttura sanitaria, alla quale si era rivolta per un intervento chirurgico di osteosintesi con placca e viti per il trattamento di una frattura di ulna.

Sulla scorta di quanto emerge dalla C.T.U., il giudice ha ritenuto la struttura esente da qualunque responsabilità, perché ha osservato tutti i protocolli riconosciuti come efficaci per la prevenzione delle infezioni ospedaliere, e conseguentemente la complicanza infettiva era da ricondursi alle percentuali di verificazione inevitabili riconosciute dalla scienza medica.

Come dicevamo, di pregnante interessante sono i passaggi della sentenza nei quali si articola, con estrema chiarezza, il percorso seguito dalla difesa della struttura sanitaria convenuta in giudizio, al fine di provare l’impossibilità di prevenire il verificarsi dell’evento.

Il Giudice, riconosciuta la natura contrattuale della responsabilità della struttura sanitaria, ha ritenuto che in conformità ad una simile ricostruzione il carico probatorio dovrà essere così ripartito: “… è a carico del danneggiato la prova dell’esistenza del contratto e dell’aggravamento della situazione patologica (o dell’insorgenza di nuove patologie), nonché del relativo nesso di causalità con l’azione o l’omissione dei sanitari, restando a carico di questi ultimi o dell’ente ospedaliero la prova che la prestazione professionale sia stata eseguita in modo diligente e che quegli esiti siano stati determinati da un evento imprevisto e imprevedibile”.

Premesso ciò, il giudicante passa a considerare, nel dettaglio, se i diversi incombenti probatori siano stati assolti dalle parti costituite in giudizio.

In primo luogo, ha rilevato che “… è incontestato tra le parti ed è documentalmente provato che la Sig.ra … venne ricoverata presso la Casa di Cura … il … ed ivi venne sottoposta in pari data ad intervento chirurgico di osteosintesi con placca e viti di frattura pluriframmentaria scomposta ulna sinistra. Sicché può ritenersi sia dimostrata la conclusione del contratto atipico di spedalità tra l’attrice e la struttura convenuta”.

Il Giudice, peraltro, ha ribadito che “ … per la sussistenza della responsabilità professionale medica è necessario preliminarmente, secondo i principi generali di cui all’art. 2697 cod. civ., che il paziente dimostri il nesso di causalità tra l’evento lesivo della sua salute e la condotta del medico, dovendosi dimostrare che il peggioramento delle condizioni di salute è connesso causalmente al comportamento del medico. Solo successivamente all’accertamento del nesso eziologico tra l’evento dannoso e la prestazione sanitaria, andrà valutato il profilo soggettivo della sussistenza di una condotta colposa o dolosa in capo al convenuto”.

Nello specifico riferimento alle ipotesi di una patologia infettiva in ambiente ospedaliero, in ragione del criterio di riparto dell’onere probatorio così come sopra tracciato, il Giudice ha sancito che alla struttura sanitaria convenuta, una volta accertato il nesso causale tra il lamentato pregiudizio e l’infezione de qua, si impone “… l’onere di dimostrare di avere diligentemente adempiuto la “prestazione” offerta al paziente, anche sotto il profilo dell’adozione, ai fini della salvaguardia delle condizioni igieniche dei locali e della profilassi della strumentazione chirurgica eventualmente adoperata, di tutte le cautele prescritte dalle vigenti normative e delle leges artis onde scongiurare l’insorgenza di patologie infettive a carattere batterico; nonché della prestazione, ad opera del proprio personale medico, del necessario e doveroso trattamento terapeutico successivo all’eventuale contrazione dell’infezione da parte del paziente”.

Nel caso di specie, la C.T.U. ha accertato che i microrganismi isolati erano due: lo staphylococcus capitis e l’enterococcus faecalis.

Il consulente tecnico, inoltre, ha posto in evidenza la corretta applicazione della profilassi antibiotica pre-intervento somministrata alla paziente.

Sotto il profilo della profilassi ambientale, il consulente, ancora, ha chiarito che «… la documentazione in atti (ed in particolare le prescrizioni della Direzione Sanitaria della casa di cura … del …; la dichiarazione del DS della struttura che certifica che le procedure sopra individuate erano applicate regolarmente sin dal …; il certificato della Moody int. CE del….) depone nel senso che la corretta profilassi fosse stata applicata».

Tuttavia, secondo il Tribunale di Roma, una simile «mera ‘presunzione’», di per sé sola non potrebbe considerarsi sufficiente a dimostrare «l’effettiva adozione nel caso concreto dei protocolli in tema di profilassi ambientale e sterilizzazione del materiale utilizzato».

Ecco, allora, che a colpi di prove testimoniali incrociate degli organi responsabili, tutti orientati a corroborare il pieno rispetto di protocolli e buone pratiche, si dimostra la diligenza dell’ente.

Passiamole, rapidamente, in rassegna.

Il Direttore Sanitario della casa di cura ha confermato che «il processo di sterilizzazione è stato effettuato con il metodo in autoclave con vapore saturo, verificato successivamente con prove biologiche e chimiche. Tanto ha affermato per aver eseguito personalmente i controlli periodici due volte a settimana».

Sempre il Direttore Sanitario ha confermato che uno dei documenti versati in atti dalla casa di cura riguarda «la descrizione delle modalità operative da utilizzare in camera operatoria per la sterilizzazione dello strumentario».

Inoltre, i testi citati dalla struttura sanitaria hanno confermato tanto «la circostanza degli effettuati controlli ed interventi descritti dal registro di manutenzione del …», quanto che «tutto il personale avente accesso in sala operatoria per l’intervento della … indossava guanti, mascherina, copricapo, sovrascarpe sterilizzati e si era lavato le mani prima di indossare i guanti sterili; che lo strumentario e la teleria era stato aperto solo in sala operatoria». Hanno, altresì, escluso che «in sala operatoria [fosse] entrato altro personale (il radiologo) per tutta la durata dell’intervento e sino all’uscita della Sig.ra … dalla sala operatoria». Infine, hanno tutti confermato che la sala operatoria fosse munita di filtri assoluti.

All’esito dell’istruzione probatoria, il Giudice, quindi, ha ritenuto assolto «l’onere probatorio gravante sulla struttura sanitaria convenuta in relazione alla prova dell’adempimento e della circostanza che l’insorgere della complicanza infettiva è stata determinata da un evento inevitabile nonostante tutti gli accorgimenti del caso, non prevenibile e dunque non imputabile», e, pertanto, ha rigettato la richiesta di risarcimento danni avanzata dalla paziente.

Alcune brevi considerazioni

L’argomento è di grande attualità, essendosi registrato, negli ultimi anni, un aumento esponenziale delle richieste di risarcimento danni subiti a causa di infezioni ospedaliere [1] che, da un lato, hanno comportato un rilevante aumento dei costi aggiuntivi; dall’altro lato, delle evidenti ricadute sul versante della responsabilità professionale.

Nonostante i persistenti sforzi economico-organizzativi e i numerosi studi epidemiologici, condotti a livello nazionale, lo sviluppo di protocolli per la sorveglianza e per l’effettivo controllo e la prevenzione di tali forme morbose, “le infezioni ospedaliere costituiscono, a tutt’oggi, un problema costante che si connota oramai di frequenti implicazioni medico-legali, con riferimento ai comportamenti antigiuridici perseguibili in ambito sanitario” [2].

È bene ricordare, a tal proposito, che le autorità sanitarie hanno adottato alcuni provvedimenti normativi tesi a fronteggiare il problema: significative, ad esempio, sono le circolari n. 52 del 1985 e n. 8 del 1988, che hanno previsto l’istituzione del Comitato di controllo, organismo intra ospedaliero deputato alla stesura, alla conduzione ed al controllo dei progetti finalizzati alla riduzione dell’incidenza delle infezioni ospedaliere. O ancora, tutta una serie di disposizioni, sia di carattere generale (come quelle tendenti alla creazione di un sistema di Clinical Risk Management), sia più specifiche e a livello locale (come, ad esempio, il piano regionale della Toscana del periodo 2008-2010 che all’allegato B prevede la prevenzione delle malattie infettive e delle infezioni ospedaliere [3]).

In buona sostanza, i processi di controllo delle infezioni ospedaliere sono uno degli strumenti centrali dei sistemi di salute pubblica, indispensabile sia per poter eseguire gli interventi più urgenti o essenziali, sia per programmare corrette strategie di prevenzione, che per valutare la qualità dell’assistenza fornita dal sistema sanitario nazionale.

Per tutto questo insieme di ragioni, nel sottosistema della responsabilità medica, la questione delle infezioni nosocomiali si «candidano a vero ‘buco nero’ dell’odierna sanità» [4], caratterizzata da gravosi oneri di accertamento della causa concreta delle stesse.

Venendo più di presso agli eventuali profili di responsabilità, la sentenza in questione [5] non si discosta dal granitico orientamento giurisprudenziale e dottrinale che riconduce la responsabilità della struttura sanitaria nell’alveo del sistema delineato dall’art. 1218 c.c., secondo cui sulla struttura sanitaria grava prioritariamente la responsabilità, non soltanto per le prestazioni di diagnosi e cura, ma anche di natura logistica in senso lato, oltre che per le prestazioni più strettamente riconducibili al contratto d’albergo, come da specifica puntualizzazione delle Sezioni Unite della Cassazione Civile n. 577 del 2008.

L’inquadramento della responsabilità della struttura sanitaria nell’ambito della responsabilità contrattuale ha come principale ricaduta, a livello processuale, che «l’attore (id est, il paziente danneggiato) deve provare l’esistenza del contratto (o il contatto sociale) ed allegare l’insorgenza (o l’aggravamento) della patologia e l’inadempimento qualificato del debitore, astrattamente idoneo a provocare (quale causa o concausa efficiente) il danno lamentato, rimanendo carico del medico convenuto e/o della struttura sanitaria dimostrare che tale inadempimento non vi sia stato, ovvero che, pur essendovi stato, lo stesso non abbia avuto alcuna incidenza causale sulla produzione del danno» [6].

Quindi, sulla struttura sanitaria grava l’onere di fornire la prova liberatoria circa la non imputabilità del fatto lesivo.

Ebbene, nel quadro delle infezioni nosocomiali l’indagine della prova di diligenza ovvero assenza di negligenza deve essere ricondotta nella cornice degli oneri di tipo organizzativo connessi, principalmente, alla sicurezza delle attrezzature e dei macchinari, alla vigilanza dei pazienti e all’obbligo di sterilizzazione dell’ambiente clinico, dei luoghi della degenza e delle infrastrutture.

È di tutta evidenza, che si tratta di un contesto estremamente complesso, in quanto è pressoché impossibile controllare chi e quanti entrino in sala operatoria, se tutti si siano lavati le mani, se l’ambiente ogni giorno è stato correttamente sanificato, etc.

Nella pratica quotidiana all’interno delle strutture sanitarie, pubbliche e private, l’attenzione dedicata a questi profili ben si evidenzia con riferimento alla centralità assunta dai soggetti con funzioni apicali/dirigenziali (Direttore generale, Direttore amministrativo, Direttore sanitario), sui quali incombe l’obbligo di individuare le norme cautelari che devono adottarsi al fine di predisporre tutte le condizioni più idonee per la struttura e gli operatori sanitari ivi operanti, di fronteggiare prontamente, con tutte le misure diagnostico-terapeutiche applicabili, secondo lo stato dell’arte del momento, le emergenze cliniche giunte alla loro attenzione, secondo il principio di precauzione.

Dunque, in tema di obblighi organizzativi, soltanto attraverso l’attestazione e certificazione delle sopra richiamate procedure documentate, la struttura sanitaria potrà difendersi dagli eventuali addebiti di negligenza e di imprudenza.

Se gli orientamenti giurisprudenziali stanno emblematicamente a dimostrare, di quanto appaia assai complesso e difficile, il compito del singolo operatore e della struttura di provare sia l’effettiva prevenzione, sia il contenimento dei costi nell’ambito del risarcimento danni, a maggior ragione, secondo alcuni, in tale ambito, più che in altri della responsabilità professionale sanitaria, si manifesta di fondamentale importanza l’operato del consulente tecnico di ufficio: infatti, da un punto di vista medico-legale, in alcune fattispecie, sarebbe necessario adottare criteri ricostruttivi del nesso causale, scientificamente adeguati, per sottrarre alle censure giudiziarie, almeno quei casi caratterizzati da infezioni circostanzialmente riconosciute come non prevenibili [7].

A conclusione di queste brevi note, si ritiene necessario ribadire che, alla luce dello stato dell’arte, si palesa di fondamentale importanza, nel contesto delle infezioni ospedaliere, che via sia, tanto da parte dell’esercente la professione sanitaria quanto da parte della struttura, una accurata tenuta della documentazione (cartella clinica, procedure interne aziendali, ecc.) che possa essere, del caso, facilmente prodotta in giudizio, così come, si dimostra altrettanto scriminante ai fini di un eventuale addebito di responsabilità, poter provare che al paziente è stata fornita un’adeguata informazione sugli eventuali rischi di contrarre un’infezione.

 

 

[1] Secondo l’Ecdc (European Centre for Disease Prevention and Control), in Europa sono circa 4,1 milioni i pazienti che contraggono ogni anno un’infezione correlata all’assistenza (Ica), circa il 7% dei ricoveri ospedalieri. Il numero di decessi, come conseguenza diretta di queste infezioni, è di almeno 37 mila l’anno. Il nuovo documento “Economic evaluations of interventions to prevent healthcare-associated infections – literature review”, è stato pubblicato ad aprile 2017 ed è consultabile sul sito di Quotidiano sanità, 6 maggio 2017.   

[2] Cfr. A. Mariano et altri, Levels of evidence in the prevention and control of nosocomial infection, in  Enferm. Ifec. Microbiol. Clin., 1997, 17 suppl. 2: 59-66.

[3] Per un’ampia rassegna dei provvedimenti adottati in Toscana in materia di prevenzione delle infezioni ospedaliere si veda M. Martelloni-D. Bonucelli-S. D’Errico, Buone pratiche regionali toscane in materia di prevenzioni delle infezioni ospedaliere e andamento del contenzioso risarcitorio in Toscana con rassegna di giurisprudenza, in F. M. Donelli-M. Gabrielli (a cura di) responsabilità medica nelle infezioni Ospedaliere, Maggioli, 2014, p. 211 ss..

[4] Cfr. R. Pardolesi, Chi (vince e chi) perde nella riforma della responsabilità sanitaria, in Danno e responsabilità, fasc. 3/2017, p. 264.

[5] Per un commento alla sentenza del Tribunale di Roma si veda A. Davola, Infezioni nosocomiali e responsabilità della struttura sanitaria, in Danno e responsabilità, fasc. 3/2017, p. 357 ss.

[6] Cass. civ., Sez. III, sent. 6 ottobre 2014, n. 21025, in Ragiusan, 2016, fasc. 390-391-392, p. 144.

[7] F.M. Donelli-M. Gabrielli (a cura di), Responsabilità medica nelle infezioni ospedaliere, Maggioli, 2014, 164.

LEGGE GELLI: APPROVATO L’OSSERVATORIO DELLE BUONE PRATICHE

Come previsto dall’articolo 3 della legge Gelli-Bianco n.24/2017 il Ministro della Salute Beatrice Lorenzin ha istituito [1] l’Osservatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza nella sanità.

 

L’Osservatorio delle buone pratiche nasce presso l’Agenzia Nazionale per i servizi sanitari regionali (AGENAS). La sua funzione sarà raccogliere dai Centri per la gestione del rischio sanitario [2] “i dati regionali relativi ai rischi ed eventi avversi nonché alle cause, all’entità, alla frequenza e all’onere finanziario del contenzioso”.

Scopo dell’Osservatorio sarà, anche, quello di indicare alle Regioni le modalità per monitorare il rischio sanitario e quello di proporre idonee misure per la prevenzione e la gestione dello stesso, per il monitoraggio delle buone pratiche e per la formazione e l’aggiornamento del personale, anche attraverso la predisposizione di linee di indirizzo.

 

 

In questo vasto campo di azione l’Osservatorio potrà avvalersi sia dei dati presenti nel Sistema informativo per il monitoraggio degli errori in sanità (SIMES) sia delle società scientifiche e delle associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie individuate ai sensi dell’articolo 5 della stessa Legge Gelli.

L’organico dell’Osservatorio è fissato in 22 membri, che partecipano a titolo gratuito. Il decreto è il primo passaggio dell’iter legislativo. Le prossime fasi porteranno a definire le attività specifiche dell’Osservatorio e renderlo pienamente operativo. Sanità 360° seguirà i successivi passaggi nei prossimi numeri.

 

 

[1] Decreto 29 settembre 2017.

[2] Art 2, comma 4, legge 24/2017 “In ogni regione è istituito, con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, il Centro per la gestione del rischio sanitario e la sicurezza del paziente, che raccoglie dalle strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private i dati regionali sui rischi ed eventi avversi e sul contenzioso e li trasmette annualmente, mediante procedura telematica unificata a livello nazionale, all’Osservatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza nella sanità, di cui all’articolo 3”.

I DATI DEL 2017 DALLA FRANCIA SONO UNO STIMOLO PER L’ITALIA

Sham è una realtà importante nel settore della responsabilità civile in sanità. Di gran lunga il primo attore in Francia, sta diventando leader in Europa dove soddisfa già l’11 per cento della domanda complessiva.

 

Grazie al vasto bacino di clienti – ben oltre 30mila – e all’approccio mutualistico che la porta a studiare e analizzare il rischio che condivide assieme ai suoi associati, Sham ha accesso a un grande volume di dati. E ha le competenze per ricavarne le tendenze statistiche e le implicazioni per il futuro.

In Francia – dove Sham assicura il 70 per cento delle strutture sanitarie e socio-assistenziali pubbliche, il 30 per cento di quelle private e la maggior parte delle prestazioni sanitarie ad alto rischio – la nostra mutua pubblica uno studio annuale per capire l’esposizione al rischio delle strutture sanitarie e socio-sanitarie: si tratta del “Panorama sul rischio”. Dal Panorama 2017 – che analizza i dati dell’anno precedente – emergono due trend di fondo: il primo è l’aumento delle richieste di risarcimento – 15.300 richieste di risarcimento con un incremento del 2,9%; il secondo è l’aumento dei costi, che salgono del 6,7% con ostetricia e ortopedia ai vertici delle discipline più interessate.

Dominique Godet, Direttore generale di Sham, ha giustamente sottolineato che «l’esposizione al rischio dei fornitori di servizi sanitari si conferma di anno in anno a fronte sia dell’aumento dei sinistri sia della maggiore severità del giudice».

In Francia, non a caso, il tasso di accertamento di responsabilità delle strutture da parte dei tribunali amministrativi e giudiziari è aumentato del 12% nel 2016. L’ammontare medio dei risarcimenti ottenuti presso i tribunali amministrativi competenti per le strutture pubbliche si mantiene a un livello molto alto (267.478,00 €).

Questo trend è un segnale per l’Italia, ma non è necessariamente un dato allarmante o negativo.  È uno stimolo in più che si affianca alla crescente consapevolezza – ribadita in maniera inequivocabile in Italia dalla Legge 24/2017 Gelli-Bianco – che gli errori in sanità vanno capiti, quantificati e affrontati attraverso l’applicazione del Risk Management per poterli prevenire.

Nello stesso tempo, la prospettiva di una crescita dei costi nei risarcimenti e, soprattutto, la loro imprevedibilità nel corso degli anni testimoniano che l’assicurazione, per le strutture sanitarie, non è uno spreco né un lusso. È lo strumento per garantire la sostenibilità sul lungo periodo, perché è sul lungo periodo che i sinistri e le richieste di risarcimento si accumulano. Per questo è importante promuovere una cultura del Risk Management nella quale la raccolta dei dati sia funzionale a un miglioramento della sanità, mentre la copertura assicurativa protegge i bilanci dagli squilibri.

 

Christophe Julliard

Country Manager di Sham in Italia

ART. 13 LEGGE GELLI: LIMITE DI 60 GIORNI PER INFORMARE I PROFESSIONISTI SANITARI

La Commissione Affari Sociali, nella sede del comitato dei nove incaricato di esaminare il disegno di legge Lorenzin, ha approvato un emendamento all’articolo 13 della Legge Gelli – Bianco.

 

L’articolo – intitolato Obbligo di comunicazione all’esercente la professione sanitaria del giudizio basato sulla sua responsabilità – concedeva 10 giorni di tempo alle strutture sanitarie e sociosanitarie e alle compagnie di assicurazione per comunicare ai professionisti sanitari l’instaurazione di un giudizio promosso nei loro confronti dal danneggiato. In pratica, significava che i soggetti sopra citati avevano 10 giorni di tempo per comunicare all’esercente la professione sanitaria la ricezione di un reclamo da parte di un paziente.

Scaduto questo termine, veniva meno la possibilità di rivalersi sui professionisti stessi da parte delle strutture o delle assicurazioni [1]. La scarsità di tempo, però, poneva di fronte ad un bivio: o rinunciare alla rivalsa; o mandare segnalazione a tutti i professionisti potenzialmente coinvolti – in pratica interi reparti – in attesa di poter capire i confini dell’evento e gli esercenti effettivamente coinvolti.

L’emendamento approvato [2] , con la Benedizione dello stesso Gelli [3] , allunga di sei volte i termini prescritti portandoli a 60 giorni.

È bene ricordare, comunque, che questo emendamento non modifica la possibile compresenza di comunicazioni inviate al professionista sanitario da parte sia della struttura che dell’assicurazione. Dato che rimane invariata, nell’articolo 13, la distinzione tra responsabilità amministrativa e rivalsa entrambe – assicurazione e struttura – potrebbero essere interessate ad avviare la segnalazione per tutelare la viabilità delle azioni future nelle aree di rispettiva competenza.

 

 

[1] Art 13 :[…] L’omissione, la tardività o l’incompletezza delle comunicazioni di cui al presente comma preclude l’ammissibilità delle azioni di rivalsa o di responsabilità amministrativa di cui all’articolo 9.

[2] b-bis) all’articolo 13, comma 1, primo periodo, le parole: « entro dieci giorni » sono sostituite dalle seguenti: «entro sessanta giorni».

[3] Quotidiano Sanità “In questi primi mesi di applicazione della legge abbiamo capito che questo lasso di tempo è troppo ridotto”.