COMMENTO ALLA SENTENZA DELLA CORTE DEI CONTI, SEZ. GIURISDIZIONALE EMILIA ROMAGNA, 11 MAGGIO 2017, N.100
Continua la collaborazione con l’Avv. Ernesto Macrì, che dal 2007 ha focalizzato il suo impegno professionale nel campo del diritto assicurativo, della responsabilità sanitaria e del risarcimento del danno. Consulente legale della Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia, del Sindacato degli Ortopedici e Traumatologi Italiani e dell’Ordine dei Medici di Roma, Macrì si è parimenti dedicato all’attività forense, alla formazione permanente e alla divulgazione come autore di libri e di articoli su riviste scientifiche e quotidiani nazionali, divenendo, nel tempo, una voce autorevole nel campo della responsabilità e dell’assicurazione in sanità.
Con la sentenza dell’11 Maggio 2017, n.100, la Corte dei Conti, sez. giurisdizionale dell’Emilia Romagna, si è occupata di alcuni profili attinenti alla responsabilità medica e, tra le altre, dell’assicurazione di colpa grave.
Nel caso di specie, un paziente si era presentato, accompagnato dalla moglie, al Pronto Soccorso di un ospedale, accusando forti dolori addominali. Il medico avrebbe disposto la somministrazione di un farmaco contenente ketoprofene, il quale avrebbe provocato uno shock anafilattico al paziente, fino al decesso intervenuto in pochi minuti.
Dalla ricostruzione operata dalla Procura contabile, si evince che nella consulenza richiesta dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Emilia nel corso delle indagini preliminari, era emersa l’allergia all’acido acetilsalicilico e ketoprofene, desumibile da una dichiarazione del medico curante, e che pertanto il decesso sarebbe stato causato dall’assunzione di tale sostanza.
Gli eredi del paziente deceduto raggiungevano, con l’azienda sanitaria, un accordo transattivo, in base al quale l’AUSL si impegnava a versare la somma di euro 300.000,00 oltre le spese legali, al fine di evitare un giudizio davanti al Giudice civile per il risarcimento del danno.
Sulla scorta di quanto esposto dalla Procura contabile, l’accordo transattivo avrebbe generato, al netto della franchigia contrattuale prevista con la compagnia di assicurazione dell’AUSL, un esborso effettivo di euro 237.500,00 (somma comprensiva delle spese legali liquidate al difensore delle parti private) che rappresentava l’ammontare del danno erariale contestato al medico.
A tal proposito, la Procura Regionale della sezione giurisdizionale della Corte dei Conti riteneva esistente la responsabilità amministrativa della convenuta a titolo di colpa grave.
Il sanitario, nella sua memoria difensiva, sul profilo specifico della garanzia assicurativa, poneva in luce di aver sottoscritto la clausola di estensione delle coperture denominata “Garanzia per la copertura della colpa grave”, il cui premio veniva regolarmente pagato dalla convenuta mediante una trattenuta stipendiale mensile. In ragione di ciò, continua il medico, non vi sarebbero stati i presupposti per l’avvio dell’azione erariale, atteso che l’azienda sanitaria non avrebbe dovuto rimborsare l’assicurazione per alcuna franchigia in relazione al sinistro occorso, tanto che si sarebbe addirittura potuto ipotizzare un danno erariale in capo all’AUSL per l’avvenuto rimborso di somme a titolo di franchigia alla compagnia di assicurazione aziendale, in realtà non dovute per la previsione contrattuale descritta.
In riferimento a tale ultimo aspetto e per quanto di nostro interesse, la Corte dei Conti, con la pronuncia in esame, è tornata a ribadire alcuni principi già noti nella giurisprudenza contabile.
In primo luogo, ha precisato che “nell’ambito della responsabilità medica per malpractice avanti alla Corte dei Conti, non trovano ingresso rapporti strettamente civilistici tra il presunto responsabile e la compagnia di assicurazione, la quale non potrebbe esser chiamata in causa a garanzia dell’assicurato, posto che detta chiamata comporterebbe la sottoposizione al giudizio contabile di profili inerenti il rapporto interno tra assicurazione e assicurato governato da regole civilistiche e sottoposto alla giurisdizione ordinaria, trattandosi di soggetto privato nei confronti del quale la Corte non può giudicare (Sez. Calabria n. 111/2015)”.
In secondo luogo, in merito alla copertura propria per colpa grave, la Sezione ha ritenuto che, nel caso di specie, “l’attivazione o meno della garanzia specifica per il medico ospedaliero, (…) potrà essere attivata avanti al Giudice ordinario civile successivamente all’eventuale condanna inferta dalla Corte dei Conti per colpa grave, sia perché l’eventuale condanna avanti al Giudice contabile ne costituisce il formale presupposto giuridico (essendo la Corte dei Conti l’unica autorità giudiziaria che può accertare detto elemento soggettivo), sia anche perché, come detto, le ricadute civilistiche nel rapporto trilaterale azienda sanitaria/assicurazione/medico vanno sottoposte alla giurisdizione ordinaria del Giudice civile”.
Altra teoria di deciso interesse affrontata nella sentenza in commento, è la questione relativa alla verifica se il decesso del paziente sia stato determinato da colpa grave del medico.
Sotto quest’angolo prospettico, il Collegio ha (condivisibilmente) rilevato come la mancata osservanza delle linee guida da parte del medico non è sufficiente a dimostrare la sussistenza dell’elemento soggettivo minimo per configurare una responsabilità erariale del medico (in senso conforme Sez. Emilia Romagna, n.49/2016 e 74/2016).
In particolare, secondo la Corte “(…) l’assioma secondo il quale qualsiasi condotta del medico difforme da linee guida di per sé dimostra l’esistenza dell’elemento soggettivo della colpa grave”, non convince affatto.
La riflessione dei giudici si focalizza, perciò, sul rilievo assunto, nel caso di specie, dalla verifica del rispetto, da parte del sanitario, di eventuali linee guida, partendo dalla ferma convinzione che “(…) la disciplina contenuta nelle norme in materia di esercizio delle professioni sanitarie non imponga l’osservanza assoluta e acritica delle linee guida riconosciute dalla comunità scientifica, a pena di incorrere in automatiche quanto pericolose responsabilità sul piano amministrativo, quanto piuttosto voglia offrire un modello comportamentale, a vantaggio del medico o dell’operatore sanitario, opponibile da quest’ultimo in caso d’imputazione per un reato colposo, al fine di confutare la contestazione di responsabilità penale”.
In questa prospettiva, ampio spazio è dedicato all’accurata ricostruzione del percorso normativo degli ultimi anni, prendendo l’abbrivio dal cd. Decreto Legge Balduzzi, cammino che culmina nella nuova considerazione da riservare oggi alla questione, a seguito della legge n.24 del 2017 e del nuovo art. 590-sexies c.p.
Approfondendo i contorni applicativi della fattispecie, i giudici contabili colgono che la marcata “(…) funzione delle linee guida, a oggi sottoposte alla nuova disciplina di riordino formulata dalla legge n. 24/2017, si manifestava sul piano meramente difensivo, nel senso che esse potevano costituire un valido argomento per far attivare, sempre nel caso di un procedimento penale, l’esimente di cui all’art.3, primo comma, legge n. 189/2012”.
È dunque opinione del Collegio che detta “(…) esimente poteva e possa tutt’oggi (nella nuova formulazione di cui all’art. 590-sexies, secondo comma, c.p.) operare solamente sul piano della responsabilità penale, invocabile unicamente dal sanitario cui sia imputato un reato colposo conseguente all’esercizio della professione medica onde contrastare la pretesa punitiva del Pubblico Ministero ordinario”.
Ancora, e soprattutto, “(…) spetta alla parte che le allega e che intende valersene in giudizio (nel nostro caso dalla Procura contabile attrice) dimostrare che le raccomandazioni diagnostiche di cui si chiede la valutazione e l’applicazione alla fattispecie concreta siano accreditate presso la comunità scientifica e che siano provenienti da fonti autorevoli, nonché conformi alle regole della migliore scienza medica e non ispirate ad esclusiva logica commerciale (Cass. Pen., Sez. IV, n. 35922/2012)”.
Pertanto, e concludendo, ne consegue che “(…) nel caso della responsabilità amministrativa per danno sanitario va dimostrata la colpa grave del convenuto nel caso specifico, e pertanto vanno indicati gli elementi di prova in base ai quali, sul caso concreto, l’accusa ritiene che vi sia stata violazione delle buone pratiche mediche. Non appare corretto, dunque, ritenere che l’esistenza di particolari linee guida che si pongono, in astratto, in contrasto con la condotta del medico nel fatto che ha determinato una lezione al paziente sia di per sé sufficiente a dimostrare che la condotta del sanitario sia sicuramente connotata da colpa grave”.
Si tratta certamente di un passaggio sistematico significativo, che torna a vagliare la colpa medica sul ‘contesto’, al quale va assegnato un ruolo, su un diverso piano, anche nell’interpretazione della nuova normativa.