LEGGE GELLI: VERSO UNA SANITÀ “NORMALE”

La norma ha due obiettivi fondamentali: tutelare gli operatori sanitari e garantire i risarcimenti in caso di errore. Una gestione del rischio sistematica, linee guida affidabili e tabelle certe sono gli ingredienti di una svolta culturale, prima ancora che giuridica, in ambito sanitario.

 

La legge Gelli (L. 8 Marzo n.24), si propone come una legge quadro in grado di modificare la relazione tra pazienti, operatori e strutture sanitarie. Il principio fondamentale della legge – spiega il relatore e padre della legge, l’On. Federico Gelli – è che “le cure sanitarie possono creare danni, sia per errore, sia per variabilità biologica. Succede ed è previsto anche nelle Sanità migliori al mondo. Riconoscerlo non è un’ammissione di fallimento né una colpa. Al contrario, accettare il rischio clinico è il primo passo per ridurlo”. Una Sanità moderna invece di perdersi in una miriade di processi, recriminazioni e strategie difensive, risponde al problema mettendo in atto tre strategie fondamentali. Primo, affronta il rischio clinico – raccogliendo dati in ogni ospedale e struttura sanitaria su quello che è andato storto, sugli eventi sentinella e il semi-errore e su come far sì che non accada più. Secondo, questi dati vengono trasmessi all’Osservatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza nella sanità che verrà istituito presso l’Agenas. L’Osservatorio, anche mediante la predisposizione di linee di indirizzo elaborate con l’ausilio delle società scientifiche e delle associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie individuate con un apposito decreto del Ministero della Salute, individua idonee misure per la prevenzione e la gestione del rischio sanitario e il monitoraggio delle buone pratiche, nonché per la formazione e l’aggiornamento del personale. Terzo, invece che concentrarsi sulla colpa del sanitario, dobbiamo concentrarci sul danno del paziente. Se il paziente ha subito un danno, questo va riconosciuto e risarcito velocemente, a prescindere dalla colpa. Qui entrano in gioco le assicurazioni, alle quali si potrà adire direttamente – ovvero senza processo. Sono le assicurazioni che rendono il sistema sostenibile, liberando professionisti e strutture dall’incertezza e permettendo loro di concentrarsi sui pazienti. Questa, in sintesi, è la legge che scioglie, finalmente, l’intreccio nebuloso di danno, colpa e indennizzo affrontando ogni singolo aspetto in maniera positiva. È una legge di iniziativa parlamentare, alla quale hanno contribuito in molti, restituendo al Parlamento il ruolo per il quale è stato creato”.

Partiamo dall’origine: la situazione corrente

“Non è buona. Prima di questa legge, non esisteva un quadro normativo che regolamentasse la materia in maniera coerente ed esaustiva in tutte le sue parti. Di conseguenza, in assenza di una normativa unica e in presenza di una cultura di sfiducia tra pazienti e sanitari, abbiamo accumulato 300mila cause legali pendenti, i sanitari si sono ritirati verso quella che viene chiamata medicina difensiva – esami e ricoveri prudenziali che pesano per 10 miliardi di Euro sul Sistema Sanitario Nazionale – e le assicurazioni private hanno progressivamente abbandonato il campo, ritenendolo troppo incerto. Questo è stato il prezzo della rottura di un’alleanza terapeutica tra operatori sanitari e malati che si è infranta negli ultimi 15 anni e che dobbiamo assolutamente far rinascere.

Come vengono affrontati dalla nuova legge questi problemi singolarmente?

La legge prima di tutto stabilisce che la sicurezza delle cure è parte integrante del diritto alla salute. È, di conseguenza, un diritto costituzionale non solo essere curati, ma veder messo in atto ogni sforzo possibile per assicurarsi che le cure siano efficaci. Perciò, tutte le strutture dovranno attivare un’adeguata funzione di monitoraggio, prevenzione e gestione del rischio (risk management), che analizzi le potenziali criticità sanitarie ancor prima che si materializzino, inviando al Centro regionale i dati che, da qui, confluiscono nell’Osservatorio nazionale. L’obiettivo è ridurre progressivamente il rischio clinico, ovvero, i danni al paziente.

Nei casi in cui i danni si verificheranno, come cambierà la responsabilità dei sanitari?

La legge stabilisce che il professionista sanitario non risponda penalmente per imperizia qualora abbia seguito le linee guida e le buone pratiche stabilite dalla letteratura scientifica. Questa formulazione elimina – solo per l’imperizia, sia chiaro – il problema della colpa, sia grave che lieve, liberando i sanitari dalla paura di dover rispondere penalmente anche quando hanno fatto del loro meglio secondo la letteratura e la conoscenza medica.

Ci sono delle eccezioni?

Solo nell’eventualità le informazioni reperibili sul paziente specifico espressamente sconsiglino l’applicazione delle linee guida. Se il paziente è allergico al farmaco X, per esempio, il fatto che il farmaco X sia consigliato dalla letteratura non solleva il medico dalla responsabilità di trovare un farmaco equivalente adatto al paziente in questione. Ma, in generale, questa impostazione, che si adatta con cura al codice penale e alla maggior parte della giurisprudenza finora accumulata, solleva i sanitari dalla spada di Damocle della colpa e, nello stesso tempo, permette di risarcire più velocemente i pazienti.

Come avviene il risarcimento?

La novità introdotta è che tutte le strutture sanitarie, sia pubbliche che private, e gli operatori sanitari in libera professione dovranno assicurarsi. Di conseguenza il paziente si rifarà direttamente alle strutture o alla compagnia assicurativa per un risarcimento. Risarcito il paziente, la struttura potrà rivalersi sul sanitario in caso abbia commesso un errore grave (colpa grave), ma solo civilmente e con un tetto massimo pari al valore maggiore della retribuzione lorda conseguita nell’anno di inizio della condotta causa dell’evento, non superiore al triplo. Il tetto al risarcimento farà sì che il premio assicurativo rimanga contenuto [1]. Dal punto di vista del paziente, invece, il risarcimento sarà più rapido, perché abbiamo introdotto due nuovi canali: la possibilità di agire direttamente sull’assicurazione e l’istituzione della conciliazione obbligatoria. In quest’ultimo caso, l’avvocato del paziente scrive al giudice, il giudice nomina un perito per valutare il danno e, successivamente, convoca le parti, compresa l’assicurazione. In questo modo cerchiamo di dirottare la procedura del risarcimento da un lungo processo ad un veloce iter non dissimile da quello che segue i sinistri automobilistici.

In questo quadro, le assicurazioni private svolgono un ruolo importante nel mantenere in equilibrio il sistema. Cosa garantisce che se ne faranno carico e che i premi rimarranno sostenibili?

Principalmente il fatto che le tabelle di risarcimento saranno nazionali [2]. Avere la certezza dei costi permette alle assicurazioni di pianificare senza dover alzare i premi per coprirsi dai rischi dell’incertezza. Una gestione del rischi affidabile, infine, premia le strutture più efficienti, riducendo ulteriormente i costi a fronte dei rischi in calo e stimola ogni ospedale a investire nella raccolta dei dati e nella riduzione del rischio.

Rimane un punto focale: le linee guida che, in Italia, non sono mai state particolarmente valorizzate.

Puntare su delle linee guida forti ci riporta al centro delle migliori pratiche sanitarie internazionali. Sono molto più che una semplice discriminante nel valutare la responsabilità penale del sanitario. Si tratta, infatti, di un elaborato scientifico in continuo aggiornamento. In pratica, il portato della migliore esperienza medica sul campo. Abbiamo trovato una soluzione italiana al problema di chi le scriverà: saranno società scientifiche accreditate presso il Ministero della Salute. Di queste società ne esistono circa 500, ma solo quelle che rispondono a determinati criteri potranno accreditarsi: tra questi ricordo la democraticità interna, un’ampia rappresentanza dei professionisti sanitari dediti ad un specifico campo, i collegamenti con società scientifiche internazionali e l’assenza di legami privati che potrebbero orientare le loro scelte a favore di interessi distinti dalla salute pubblica. A queste società si aggiungono gli Ordini Professionali e alcuni enti di ricerca – sia pubblici che privati. Tutti questi soggetti verranno coordinati dall’Istituto superiore di Sanità che pubblicherà le linee guida e le manterrà aggiornate, offrendo un punto di riferimento stabile e rispondendo in maniera scientificamente fondata alla domanda fondamentale: cosa è meglio fare per curare meglio”.

 

[1] È bene sottolineare che l’articolo 10, comma 3, ribadisce l’obbligo di un’assicurazione comprensiva per colpa grave n.d.r. ”Al fine di garantire efficacia alle azioni di cui all’articolo 9 e all’articolo 12, comma 3, ciascun esercente la professione sanitaria operante a qualunque titolo in struttura sanitarie o sociosanitarie pubbliche o private provvede alla stipula, con oneri a proprio carico, di un’adeguata polizza di assicurazione per colpa grave”.

[2] Articolo7, comma 4 della legge 24 tabelle Codice delle Assicurazione Private art. 138 e 139, Dlgs 7 settembre 2005 n.209