I DECRETI ATTUATIVI: IL PASSO FOCALE DELLA LEGGE GELLI

Dai minimi di esposizione ai massimali per sinistro: il futuro della legge si gioca sulla definizione inequivocabile del linguaggio, delle regole e dei dettagli che decideranno il successo del nuovo sistema o il suo arenarsi a metà strada. 

 

La legge n.24 8 marzo 2017 viene universalmente riconosciuta come epocale per la visione di insieme che ha saputo delineare. Per questo l’attesa dei decreti attuativi è febbrile: saranno gli ultimi tasselli a determinare la tenuta stagna, l’equilibrio e la sostenibilità dell’intero costrutto.

Il testo della legge Gelli – Bianco, per la tecnicità di alcune disposizioni, prevede ben sei rimandi a Decreti attuativi complessi che coinvolgono molteplici ministeri, enti e associazioni; l’emanazione di tali decreti – è opinione comune – sarà fondamentale per completare la norma primaria in modo tale da garantirle autentica efficacia e sostenibilità.

Uno dei punti essenziali riguarda il riferimento a tabelle uniche previste dal codice delle assicurazioni che potranno garantire l’universalità dell’accertamento sul territorio nazionale. Le tabelle risarcitorie dell’art. 138 non sono però mai state emanate. Rappresentando un presidio essenziale dell’impianto riformato della nuova legge, la loro approvazione immediata è considerata vitale per il successo di quest’ultima.

L’art. 10 – Obbligo di assicurazione – prevede ben tre decreti attuativi. Il primo, da promulgare entro novanta giorni dall’approvazione della legge, dovrà definire le modalità di controllo dell’Istituto per la Vigilanza sulle assicurazioni. Il secondo decreto, da emanare entro 120 giorni, assolverà un ruolo centrale nella declinazione dell’obbligo assicurativo, stabilendo i requisiti minimi delle polizze per le strutture – pubbliche e private – per i professionisti, nonché i requisiti minimi di garanzia delle altre “analoghe misure” (ovvero quelle della cosiddetta autoassicurazione).

Tra questi requisiti minimi desta particolare attenzione la massima esposizione per sinistro. L’equilibrio su questo ambito oscilla tra l’esigenza di tutelare il danneggiato e quella di evitare una spirale inflattiva dei risarcimenti. Ma anche quella di costi assicurativi sostenibili e massimali non troppo bassi, garantendo la sottoscrizione da parte di assicuratori con patrimoni adeguati a maggior tutela degli assicurati. Per le strutture sanitarie – sia pubbliche che private – la definizione della massima esposizione minima per sinistro non sembra rivestire molto senso.

Infatti, occorre ricordare che le suddette strutture sono esse stesse in grado di fissare quale sia la massima esposizione per la quale debbano assicurarsi; a comprova di ciò, la possibilità prevista dalla Legge di ricorrere ad altre analoghe misure come alternativa alla copertura assicurativa, le quali non prevedono la fissazione della massima esposizione per sinistro. Per i liberi professionisti, pare opportuno puntare a un “minimo standardizzabile” ricavato comparando il rischio di specializzazione e la tendenza giurisprudenziale, in questo caso con minimi non troppo bassi a tutela dei danneggiati per evitare polizze carenti dal punto di vista delle garanzie offerte.

Se la massima esposizione per sinistro prescinde da una valutazione qualitativa dell’assicurato, la massima esposizione annuale della singola struttura, gruppo di strutture o del singolo professionista non può permettersi di farlo. È pertanto difficile prevedere come, nel caso delle strutture, si possa raggiungere una pre-determinazione dei requisiti minimi che possa rispondere in maniera soddisfacente alla variabilità di attività e dimensioni di ogni singola struttura sanitaria.

A prescindere da come verranno determinati i requisiti minimi di esposizione, è molto forte il dibattito se sia opportuno farli dipendere, come stabilito dall’art. 14, comma 8, dall’andamento del fondo di Garanzia.

“Il Fondo di Garanzia per i danni derivanti dalla responsabilità sanitaria” è un’altra importante parte della legge che attende regolamentazione entro 120 giorni dalla promulgazione. L’essenza del Fondo – finanziato dalle compagnie di assicurazione e affidato alla Concessionaria servizi assicurativi pubblici – è, in ogni caso, quella di garantire i risarcimenti ove, per diverse ragioni, venga a mancare la copertura assicurativa o la stessa sia inferiore al risarcimento dovuto. Qui si pone una differenza importante. Se è ragionevole ipotizzare per i professionisti requisiti minimi che non copriranno i rischi catastrofali – il Fondo sarà, così, un elemento di garanzia per il danneggiato e permetterà di mantenere l’equilibrio tra costo, garanzia e massimale per il professionista – lo stesso discorso non vale per le strutture sanitarie.

Nel caso di queste ultime, il Fondo, così concepito, rischia di essere un incentivo ad abbassare il più possibile il massimale indipendentemente dal rischio reale, facendo così affidamento sull’intervento del Fondo stesso e pesando in maniera non equa su quelle strutture che, con massimali adeguati e valutazione del rischio obiettivi, finirebbero per finanziare il Fondo per le strutture con massimali bassi e non correlati ai propri rischi.

Quello dei massimali e dei minimi di esposizione non è del resto l’unico argomento in via di definizione. Ancora più profonda, nell’ottica sistematica della legge Gelli è la sfida a unificare in maniera definitiva il linguaggio assicurativo. Raggiungere una definizione inequivocabile della polizza “Claims made” ovvero di “Sinistro”, “Richiesta di risarcimento” e “Responsabilità civile terzi” – nelle sue varie declinazioni – rappresenterebbe l’approdo a un mercato assicurativo evoluto dove tutti gli attori si adeguino a elevati standard comuni partendo da efficaci definizioni condivise. Questo obiettivo risulterebbe particolarmente importante in correlazione con l’art. 11 della legge Gelli che norma l’estensione temporale della copertura assicurativa generando, però, molti dubbi interpretativi. Solo con definizioni assicurative certe e condivise si può pensare di costruire un settore stabile che abbia una prospettiva pluriennale a garanzia dei danneggiati.

È questa la sfida che sottende alla trasformazione delle Legge Gelli attraverso i decreti attuativi.

RISARCIMENTI E ASSICURAZIONI SANITARIE: COSA CAMBIA CON LA NUOVA LEGGE

Le imprese di assicurazioni operanti nel ramo della responsabilità civile considerano il settore sanitario troppo incerto per investirvi. La legge Gelli-Bianco ha affrontato alcuni nodi: il profilo giuridico della responsabilità civile di strutture e professionisti sanitari, le procedure accelerate per la risoluzione del contenzioso, la qualificazione dei periti e dei consulenti tecnici d’ufficio. Infine, la possibilità di prevedere l’impegno finanziario sul lungo periodo. L’obiettivo è riportare un equilibrio nel sistema mantenendolo “giusto e solvibile”.

Ci sono Paesi nel Nord Europa nei quali il risarcimento del danno prescinde dall’individuazione della colpa. Non a caso sono chiamati sistemi no-fault. In Italia non è così. Il risarcimento, salvo transazioni stragiudiziali, richiede il riconoscimento di una responsabilità per colpa. Questo – spiega il Senatore Amedeo Bianco, cofirmatario della legge 24/2017 sulla responsabilità sanitaria – è uno dei motivi che, nel corso degli anni, hanno spinto le assicurazioni a considerare l’ambito sanitario incerto e ad allontanarsene progressivamente.

QUAL È LA FOTOGRAFIA DELLA SITUAZIONE?

Per quanto riguarda la responsabilità civile le assicurazioni sanitarie hanno ridotto la loro presenza in ambito sanitario o, per tutelarsi, hanno previsto delle franchigie molto alte – nell’ordine di 500-750mila Euro rispetto alle strutture sanitarie. Franchigie che, così configurate, di fatto vanno a coprire una grandissima parte delle richieste di risarcimento. Ciò ha creato grossi problemi a strutture e professionisti, sollecitando le prime a forme di autogestione della sinistrosità (cioè le analoghe misure) e lasciando in grande difficoltà i secondi.

COSA HA ALLONTANATO LE ASSICURAZIONI DAL RAMO DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE IN AMBITO SANITARIO?

Prima della nuova legge il sistema era strutturato in modo tale che sia i tempi lunghi dei procedimenti giudiziari, sia l’incertezza nella quantificazione del danno, obbligavano le imprese di assicurazione ad accumulare altissimi fondi rischio e a coprire per competenza ingenti somme a fronte di ciascun risarcimento presunto.

COSA CAMBIA CON LA LEGGE 24/2017?

Interviene sui suddetti ambiti di incertezza. Primo, definisce i profili di responsabilità civile: ogni struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica e privata e ogni libero professionista sanitario sono responsabili per inadempimento, ovvero per contratto. Responsabilità che, secondo il codice civile, ha 10 anni di prescrizione e l’inversione dell’onere della prova. Gli esercenti la professione sanitaria operanti a qualsiasi titolo in conto e per conto delle strutture sanitarie o sociosanitarie pubbliche e private ripristinano, invece, un profilo di responsabilità extracontrattuale (art. 2043 c.c.) con 5 anni di prescrizione e l’onere della prova a carico del ricorrente. Inoltre, viene introdotta una norma (696 bis codice di procedure civile) che velocizza i risarcimenti introducendo la cosiddetta conciliazione in sede di consulenza tecnica preventiva e, addirittura, la possibilità di ricorrere direttamente alle assicurazioni secondo il modello RC auto. Vengono altresì rinviate alla costituzione di tabelle uniche nazionali le modalità per il punteggio da attribuire alle lesioni macro–permanenti (10-100 per cento di invalidità) e al valore economico da attribuire del punto stesso, consentendo così una più ragionevole certezza nella previsione dell’ammontare del risarcimento su tutto il territorio nazionale.

COSA CAMBIA, PERCIÒ, NELL’ITER DEI RISARCIMENTI?

L’idea di fondo è che la persona che ha subito un danno all’interno di una struttura sanitaria possa rivolgere la sua richiesta di risarcimento o alla struttura stessa, all’esercente la professione sanitaria o, direttamente, all’assicurazione stessa. Quindi siamo di fronte non ad una riduzione delle capacità di agire del soggetto leso, ma ad un aumento delle sue possibilità di azione.

COSA CAMBIA PER I PROFESSIONISTI SANITARI?

Se lavora in conto e per conto di una struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata l’esercente la professione sanitaria ha una responsabilità extra contrattuale. Il professionista deve assicurarsi esclusivamente per l’azione di rivalsa delle stesse in caso di colpa grave. Il fatto che la rivalsa sia fissata a tre annualità fa sì che il premio assicurativo sia, a sua volta, contenuto in quanto prevedibile. Questo non solo migliora la qualità del clima lavorativo, ma attenua molti di quei comportamenti opportunistici di tipo difensivo che hanno un costo sul quale intervenire. In ultimo, l’introduzione per legge di un collegio di periti ed esperti in giudizio – non solo il medico legale, ma anche uno specialista nella disciplina in esame – tutela ulteriormente il professionista sanitario.

QUAL È IL BILANCIO COMPLESSIVO?

Dal punto di vista legislativo non possiamo risolvere la complessità del contenzioso in sanità. Possiamo, però, governarla riducendo le fonti di instabilità. La nuova legge persegue questo obiettivo, rafforzando la fiducia tra operatori, strutture e assicurazioni.