MEDICINA NARRATIVA E GESTIONE DEL RISCHIO
Come può la narrativa umanizzare i percorsi di cura e migliorare la gestione del rischio?
Nasce dalla recente lettera del libro di Oliver Sacks: “L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello”, l’interessante riflessione sul tema della medicina narrativa.
Il libro può a ben ragione considerarsi un esempio di medicina narrativa ante litteram, tenuto conto che è stato pubblicato nel 1985 e che il primo articolo apripista di questa corrente è apparso sul British Medical Journal nel 1999 con il titolo di: “Medicina basata sulla narrazione in un mondo basato sulle evidenze”.
Semplicemente, come descritto nel libro di Sacks, neurologo illuminato, la medicina narrativa è uno strumento che coinvolge direttamente professionisti sanitari, manager della sanità, risk manager e pazienti, ponendo questi ultimi al centro di ogni agire sanitario per migliorare la gestione del rischio clinico e la qualità delle cure.
La narrazione, come elemento fondamentale nei processi di cura, si aggiunge e si integra ai dati quantitativi raccolti dalle Evidence Based Medicine, al fine di garantire un approccio clinico-terapeutico-assistenziale olistico e realmente orientato all’umanizzazione delle cure.
Il paziente “si racconta” e/o “si scrive” nella sua complessità: non parla più di se riportando solo i sintomi, ma le sue emozioni, il suo stile di vita, il contesto sociale, i suoi valori.
Espone il suo punto di vista sul percorso di cura che lo ha coinvolto, sia esso positivo o negativo, offrendo ai professionisti sanitari e ai manager (direttori sanitari, risk manager, responsabili qualità, responsabili reclami e gestione sinistri) l’opportunità di modificare processi e procedure di presa in carico dei pazienti, migliorandoli, e di ottimizzare le risorse disponibili, sia umane che economiche.
Ma le stesse organizzazioni sanitarie possono ricorrere a questo potente strumento per migliorare la comunicazione interna tra professionisti, accompagnare cambiamenti organizzativi, ridurre lo stress lavoro – correlato.
Tutto ciò sarebbe di certo giovamento al fenomeno della medicina difensiva, ricostruendo quella alleanza terapeutica medico-paziente oggi in crisi. Potrebbe ridurre le richieste risarcitorie per presunta malpractice medica, come la non adesione da parte dei pazienti alle indicazioni, prescrizioni e ai consigli dei medici in genere, fenomeno noto come non-compliance, per non averle capite, o perché non sono per lui accettabili, in termini di cultura, di credenze, di ideologia, di etica.
Il limite da superare è considerare la narrazione soltanto parole e poesia. Le parole hanno connotazioni molto concrete e molto pratiche: le parole fanno succedere le cose.
Parole e farmaci hanno lo stesso meccanismo d’azione?
Secondo il neurofisiologo Fabrizio Benedetti, intervenuto al V Convegno Nazionale di Medicina Narrativa di Foligno, si: la parola può percorrere nel cervello le stesse vie biochimiche dei farmaci.
La narrazione biunivoca medico-paziente è pertanto elemento fondamentale per l’umanizzazione delle cure e la migliore applicazione delle EBM.
L’IRCSS Cà Granda di Milano ha attivato un interessante progetto intitolato : “Casi clinici in scena” in collaborazione con l’università di Milano, che permette al personale sanitario che Vi partecipa l’attribuzione di crediti ECM.
E quale migliore occasione per fare formazione e cultura del rischio?
L’ospedale di Alessandria ha attrezzato una stanza dedicata alla scrittura creativa, dove medici e malati posso lasciare i propri pensieri, perché a volte “scrivere aiuta a guarire”.
Il tema dell’umanizzazione delle cure è stato inserito per la prima volta nel Patto per la salute 2014-2016 , nell’articolo 4, dove si afferma che “nel rispetto della centralità della persona nella sua interezza fisica, psicologica e sociale, le Regioni e le Province Autonome si impegnano ad attuare interventi di umanizzazione in ambito sanitario che coinvolgano aspetti strutturali, organizzativi e relazionali dell’assistenza” e si predispone un programma annuale di umanizzazione delle cure che comprenda la definizione di un’attività progettuale in tema di formazione del personale e un’attività progettuale in tema di cambiamento organizzativo indirizzato soprattutto all’Area critica, Pediatria, Comunicazione, Oncologia, Assistenza domiciliare.
La medicina narrativa è uno strumento per realizzare questo progetto, ma purtroppo sono ancora scarse le iniziative intraprese in tal senso, salvo pochi mirabili esempi come quelli sopra descritti. Secondo l’indagine del 2014 di AGENAS sulla misura dell’umanizzazione delle cure in sanità, su una scala di punteggi da 0 a 10, la medicina narrativa ha un valore di solo 2,2.
La gestione del rischio clinico non è cosa a sé dall’umanizzazione delle cure e dal porre il paziente al centro di ogni agire clinico; tutt’altro! Né è parte costituente e la medicina narrativa è uno straordinario strumento di analisi e misura, in quanto le parole hanno un “peso specifico”.
La sfida è trovare criteri, metodi e strumenti per misurarle.
“Spesso i pazienti soffrono di cose ben diverse da quelle indicate sulla loro cartella clinica. Se si pensasse a questo, molte loro sofferenze potrebbero essere alleviate”. Florence Nightingale.
Risk Manager Sham Italia